Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13824 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13824 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato a Erice il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 17/05/2023 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del
2020, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 maggio 2023, la Corte di appello di Palermo ha parzialmente riformato la sentenza del 3 marzo 2022 del Gup del Tribunale di Trapani – resa all’esito di giudizio abbreviato – con la quale l’imputato era stato condannato a 2 mesi e 20 giorni di arresto ed euro 1.344,00 di ammenda, essendo stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, per avere affettuato attività di raccolta e commercio di materiale ferroso e altro
materiale, costituito da rifiuti pericolosi e non pericolosi, in mancanza della prescritta autorizzazione.
La Corte di appello di Palermo ha rilevato l’errore nel calcolo della riduzione della pena per il rito ed ha rideterminato la pena inflitta all’imputato in mesi 2 arresto ed euro 1.000,00 di ammenda, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza di appello l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denunciano la violazione dell’art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, il travisamento del fatto e l’erronea ricostruzione dello stesso, risultante dagli atti processuali. Nel caso in esame, difetterebbero gli elementi costitutivi della fattispecie, che sarebbero stati erroneamente valutati come sussistenti dai giudici di merito. In particolare, non sarebbe stata riscontrata alcuna attività di compravendita, dal momento che gli accertatori non avrebbero rinvenuto una organizzazione in tal senso, né potenziali acquirenti o mezzi di trasporto idonei. Anche l’attività di raccolta non potrebbe dirsi provata, in ragione del quantitativo irrisorio dei materiali rinvenuti e dell’assenza di un organizzazione nella gestione; situazione che avrebbe dovuto far propendere per il riconoscimento del carattere occasionale della condotta. Infine, la qualificazione dei rifiuti come pericolosi sarebbe sprovvista di qualsiasi accertamento specifico.
2.2. Con una seconda censura, si denunciano la violazione dell’art. 131-bis, cod. pen. e la carenza della motivazione in ordine al mancato riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Dagli atti di indagine, desumerebbe il carattere occasionale della condotta contestata all’imputato; mentre la presenza di precedenti penali non sarebbe preclusiva del riconoscimento della causa di non punibilità.
2.3. La difesa ha depositato conclusioni scritte, con le quali insiste in quanto già dedotto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile
1.1. Il primo motivo – con il quale si denunciano la violazione dell’art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, il travisamento del fatto e l’erronea ricostruzione dello stesso risultante dagli atti processuali – è inammissibile. Il ricorrente non offr elementi puntuali e di valenza immediatamente esplicativa idonei a incidere sulla logicità delle argomentazioni fatte proprie dalla Corte territoriale. L’attività vendita e di raccolta è stata provata sulla base di molteplici elementi evidenziati
dai giudici di merito quali il ritrovamento dell’imputato nell’atto di selezionare materiali, attraverso l’utilizzo di un flessibile, per poi organizzarli suddividendo per categorie; si è inoltre sottolineata la grande quantità e la diversa natura dei rifiuti, come motori elettrici di pompaggio acqua, latte in alluminio, parti d rubinetteria di sanitari e diversi altri materiali; tutti questi elementi escludon dunque, che l’imputato svolgesse una semplice attività di deposito. Quanto invece alla qualificazione di parte dei rifiuti come pericolosi, deve rilevarsi che la Corte d appello che ha correttamente ritenuto non necessario lo svolgimento di ulteriori accertamenti, posto che tale pericolosità era già stata provata a seguito degli accertamenti eseguiti dall’ARPA che ha fatto emergere la presenza di rifiuti di tipo pericoloso. Trattasi di una valutazione di elementi fattuali esclusi dal sindacato di questa Suprema Corte, infatti resta esclusa la possibilità di sindacare le scelte compiute dal giudice in ordine alla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non siano il frutto di affermazioni apodittiche ed illogiche (ex plurimis, Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747).
1.2. La seconda doglianza – riferita alla mancata applicazione dell’art. 131bis, cod. pen. – è inammissibile. La Corte di appello ha adeguatamente motivato in merito al diniego del riconoscimento dell’ipotesi di particolare tenuità ex art. 131-bis cod. pen., direttamente smentendo l’argomentazione difensiva secondo cui la condotta contestata al ricorrente rivestirebbe il carattere della occasionalità. Il carattere occasionale della condotta è stato infatti escluso dai giudici di merito per valide ragioni, come il quantitativo del materiale rinvenuto e la abitualità della condotta posta in essere dall’imputato, confermata sia dalla circostanza – dedotta dallo stesso ricorrente – che, in seguito ai fatti in contestazione, lo stesso veniva formalmente assunto quale dipendente della ditta individuale intestata alla madre, che risulta iscritta dell’albo dei gestori ambientali alla sottocategoria 4-bis, sia dal fatto che l’imputato risulta gravato da un precedente specifico e ciò, sebbene ex se non ostativo al riconoscimento dell’art. 131-bis, cod. pen., valutato alla stregua degli ulteriori elementi emersi nel corso della istruttoria ha condotto il collegio d appello a considerare correttamente in termini negativi la personalità del ricorrente. Comunque, il ricorrente non ha offerto elementi concretamente idonei a suffragare la richiesta non punibilità per particolare tenuità del fatto, risultand il ricorso carente di specificità e, come tale, inammissibile. E va ricordato che, in tema di impugnazione, il requisito della specificità dei motivi implica, a carico della parte impugnante, non soltanto l’onere di dedurre le censure che intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi fondanti le censure medesime, al
fine di consentire al giudice di individuare i rilievi mossi ed esercitare il propr sindacato (ex plurimis, Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, Rv. 281112).
Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/01/2024