Furto in spogliatoio: la Cassazione lo qualifica come furto in abitazione
Il furto in spogliatoio di un centro sportivo o di una palestra è un evento purtroppo comune, ma la sua qualificazione giuridica può riservare delle sorprese. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: sottrarre beni da uno spogliatoio non è un furto semplice, ma integra la più grave fattispecie di furto in abitazione ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale. Analizziamo insieme questa importante decisione.
Il caso: un furto in un centro sportivo
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per un furto commesso nel 2018 all’interno dello spogliatoio di un centro sportivo. La condanna era stata emessa per il reato di furto in abitazione, aggravato dalla recidiva specifica. L’imputato, non soddisfatto della decisione della Corte d’Appello, proponeva ricorso per cassazione, cercando di contestare la configurabilità del reato contestatogli.
L’inammissibilità del ricorso e il furto in spogliatoio
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su due pilastri argomentativi: uno di natura procedurale e uno di merito.
Motivi procedurali: i limiti del ricorso in Cassazione
Il primo motivo di inammissibilità era di carattere prettamente processuale. I giudici hanno rilevato che la questione specifica sulla non configurabilità del furto in abitazione non era mai stata sollevata dall’imputato durante il processo di appello. Secondo un principio consolidato, non è possibile presentare in Cassazione motivi di ricorso ‘nuovi’, ovvero non sottoposti al vaglio del giudice precedente. Questo limite serve a garantire la gradualità e la coerenza del processo giudiziario.
La qualificazione del furto in spogliatoio nel merito
Nonostante l’inammissibilità per ragioni procedurali fosse già sufficiente, la Corte ha voluto comunque affrontare la questione nel merito, a ulteriore conferma della correttezza della decisione impugnata. I giudici hanno richiamato un precedente orientamento giurisprudenziale secondo cui lo spogliatoio di un circolo sportivo è considerato un luogo di ‘privata dimora’. Questo perché, sebbene inserito in un contesto aperto al pubblico, è un’area destinata a consentire lo svolgimento di atti della vita privata (come cambiarsi d’abito) che sono al riparo da interferenze esterne. Pertanto, la violazione di questo spazio per commettere un furto rientra a pieno titolo nella tutela rafforzata prevista dall’art. 624-bis c.p.
Le motivazioni della Corte
La Corte ha motivato la propria decisione evidenziando la duplice ragione dell’inammissibilità. Da un lato, il mancato rispetto delle regole processuali che impongono di sollevare tutte le contestazioni nei gradi di merito. Dall’altro, ha sottolineato come la tesi difensiva fosse comunque infondata alla luce della giurisprudenza costante. La sentenza impugnata, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, aveva fornito una motivazione congrua e logica sul perché il fatto dovesse essere qualificato come furto in abitazione. La Corte ha quindi concluso che non vi erano ragioni per discostarsi da un’interpretazione ormai consolidata.
Le conclusioni: implicazioni pratiche
Questa ordinanza conferma un punto cruciale: la nozione di ‘privata dimora’ è più ampia di quella di ‘abitazione’ in senso stretto. Essa include tutti quei luoghi, anche se non destinati a viverci stabilmente, in cui una persona compie atti della propria vita privata, godendo di un diritto di escludere gli altri. Gli spogliatoi, le stanze d’albergo o gli studi professionali rientrano in questa categoria. La conseguenza pratica è che il furto in spogliatoio è punito più severamente del furto semplice, con pene che vanno da quattro a sette anni di reclusione. La decisione serve anche come monito sull’importanza di strutturare una strategia difensiva completa fin dai primi gradi di giudizio, poiché le omissioni non possono essere sanate davanti alla Corte di Cassazione.
Un furto commesso nello spogliatoio di una palestra è considerato furto in abitazione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, lo spogliatoio di un circolo sportivo è un luogo destinato allo svolgimento di atti della vita privata e, pertanto, il furto commesso al suo interno integra il più grave reato di furto in abitazione previsto dall’art. 624-bis del codice penale.
È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in appello?
No. La Corte ha ribadito che un motivo di ricorso non sottoposto al vaglio del giudice di appello non può essere presentato per la prima volta in sede di legittimità, e ciò ne determina l’inammissibilità.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13850 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13850 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze, indicata in epigrafe, che ha confermato la pronuncia resa il 28 gennaio 2022 dal Tribunale di Firenze di condanna per il reato di cui all’art.624 bis cod. pen. commesso in Pontassieve il 5 gennaio 2018 con recidiva specifica e infraquinquennale;
considerato che il ricorso concerne questione (non configurabilità del furto in abitazione) non sottoposta al vaglio del giudice di appello (Sez. 5, n.28514 del 23/04/2013, COGNOME NOME, Rv. 255577; Sez.2, n.40240 del 22/11/2006, COGNOME, Rv.235504; Sez.1, n.2176 del 20/12/1993, clep. 1994, Etzi, Rv.196414), in quanto tale inammissibile;
considerato, in ogni caso, che è stato già affermato che integra il delitto contestato il furto commesso nello spogliatoio di un circolo sportivo (Sez. 5, n. 12180 del 10/11/2014, dep. 2015, COGNOME Buono, Rv. 262815 – 01) e che, contrariamente a quanto allegato dal ricorrente, a pag.:3 della sentenza impugnata si rinviene congrua motivazione sul punto;
considerato che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 20 marzo 2024