Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30249 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30249 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Catania in data 24 ottobre 2023, che ha confermato la sentenza di condanna nei suoi confronti pronunciata per il delitto di furto tentato e consumato pluriaggravato di ve pedane metalliche sottratte ad un cantiere, limitatamente all’asportazione delle seconde dieci pedane, rideterminando, riqualificato il fatto alla stregua di furto consumato ed esclu l’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen., la pena inflittagli (fatto commess Catania il 12 giugno 2022);
– che l’impugnativa sottoscritta dal difensore consta di due motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il primo motivo, con il quale si contesta la validità della querela sporta dalla pers offesa, è manifestamente infondato, posto che, per la giurisprudenza di legittimità, «Il lega rappresentante di una società di capitali è legittimato, in mancanza di uno specifico divie statutario o assembleare, a sporgere la querela senza necessità di specifico e apposito mandato, in quanto titolare dei poteri di gestione e di rappresentanza per tutti gli atti rientranti nell’ sociale e per le attività funzionali al raggiungimento degli scopi della società, rilevando, fine, non già la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, ma la verif concreto dei poteri e della facoltà conferite» (Sez. 2, n. 45402 del 25/09/2019, Rv. 277767) e che «In materia di querela presentata per conto di una società di capitali, l’onere di indicare fonte specifica dei poteri di rappresentanza è adempiuto con la mera indicazione della qualifica di amministratore, senza necessità di ulteriori allegazioni, poiché tale indicazione comport l’implicito riferimento all’articolo 2384 cod. civ. che costituisce la fonte della legittimaz (Sez. 2, n. 35192 del 02/07/2013, Rv. 257223), di modo che è giuridicamente ineccepibile la motivazione sul punto rassegnata nella sentenza impugnata, laddove si è dato atto di come la legittimazione della persona offesa a sporgere querela risultasse univocamente dal contenuto della stessa, ossia dalla parte in cui il querelante si era qualificato come titolare dell RAGIONE_SOCIALE responsabilità limitata (vedasi pag. 5 della sentenza impugnata);
– che il secondo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 56 cod. pen., è manifestamente infondato, posto che la Corte territoriale ha correttamente ritenuto la fattispecie per la quale pronunciato condanna come consumata piuttosto che come tentata, atteso che, con il considerare integrato il requisito dell’impossessamento, in quanto la res (ossia, le dieci pedane), sia pure per breve tempo, era transitata sotto il dominio esclusivo dell’imputato e dei suo complici in assenza di qualsivoglia forma di controllo da parte del proprietario (vedasi pag. della sentenza impugnata), si è attenuta alla pacifica ermeneusi di questa Corte, secondo cui « Ai fini della distinzione tra il reato di furto consumato e quello tentato non hanno rilevanza n criterio spaziale ne’ il criterio temporale, sicché è sufficiente, ai fini della consumazio sottrazione della cosa alla disponibilità del detentore e il correlativo impossessamento di essa d parte dell’agente anche per breve lasso di tempo: si realizza pertanto l’ipotesi di furto consumat anche se l’agente sia stato costretto ad abbandonare la refurtiva subito dopo la sottrazione a causa del pronto intervento dell’avente diritto o della forza pubblica. Solo se l’intervent costoro, all’insaputa dell’agente, sia intervenuto, sotto forma di vigilanza, nel corso dell’az delittuosa per modo che vi sarebbe stata la possibilità di intervenire in qualsiasi momento pe bloccarne l’attività, il furto non potrebbe considerarsi consumato; ciò anche se l’agente si fos impossessato della cosa giacché non si sarebbe mai potuto realizzare in tali circostanze un
autonomo effettivo impossessamento della refurtiva, rimasta sempre nella sfera diretta di controllo e vigilanza dell’offeso» (Sez. 5, n. 837 del 03/11/1992, dep. 1993, Rv. 193486);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 luglio 2024