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Frode in commercio: non è reato se la qualità non cambia

Un’azienda produttrice di prosciutti DOP è stata assolta dall’accusa di frode in commercio nonostante l’uso di insetticidi nei locali di stagionatura. La Corte di Cassazione ha confermato che se le qualità essenziali del prodotto (origine, provenienza, qualità e quantità) non sono alterate e non vi è prova di contaminazione, la condotta costituisce un illecito amministrativo per violazione delle norme igieniche, ma non il reato penale.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Frode in Commercio e Prodotti DOP: Quando la Violazione delle Norme Igieniche non è Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 15117 del 2024, offre un importante chiarimento sui confini del reato di frode in commercio, specialmente quando si tratta di prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP). La Corte ha stabilito che la violazione delle norme igieniche durante il processo produttivo non integra automaticamente questo reato, se le caratteristiche essenziali del prodotto rimangono inalterate. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso: Prosciutti DOP e Trattamenti di Disinfestazione

Il caso ha origine dal procedimento a carico dei responsabili di un prosciuttificio, accusati di aver messo in commercio prosciutti DOP trattati in saloni di stagionatura dove erano stati effettuati trattamenti di disinfestazione con insetticidi. Tali trattamenti, eseguiti senza adeguate protezioni per i prodotti, non erano ammessi dal disciplinare di produzione e, in generale, sono vietati sugli alimenti.

Gli imputati erano stati accusati del reato di frode in commercio (art. 515 c.p.), sia in forma consumata che tentata, con l’aggravante prevista per i prodotti con denominazione di origine (art. 517-bis c.p.). Tuttavia, il Tribunale di primo grado li aveva assolti, ritenendo che il fatto non costituisse reato. Secondo il giudice, sebbene i trattamenti violassero le norme sull’igiene alimentare, non era stata provata una contaminazione effettiva né una modifica delle qualità intrinseche del prosciutto. La condotta, quindi, integrava un illecito amministrativo, ma non penale. Il Procuratore della Repubblica ha impugnato questa decisione, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla Frode in Commercio

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando l’assoluzione degli imputati. La decisione si basa su una distinzione fondamentale tra la violazione delle norme sulla produzione e la natura stessa del reato di frode in commercio.

La Differenza tra Illecito Penale e Illecito Amministrativo

Il cuore del reato di frode in commercio (art. 515 c.p.) consiste nel consegnare all’acquirente un prodotto (aliud pro alio) diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quello dichiarato o pattuito. La norma tutela la lealtà e la correttezza negli scambi commerciali.

Nel caso specifico, i prosciutti erano stati prodotti nel pieno rispetto del disciplinare per quanto riguarda l’origine delle carni, il luogo di produzione e le caratteristiche qualitative che definiscono il prodotto DOP. L’irregolarità contestata riguardava esclusivamente una fase del processo produttivo (la disinfestazione dei locali) che, pur essendo una violazione delle norme igieniche, non aveva alterato le suddette caratteristiche essenziali. Le analisi, infatti, non avevano rilevato alcuna contaminazione.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che la condotta rientra nell’ambito dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 193 del 2007, che sanziona gli operatori del settore alimentare che non rispettano i requisiti generali in materia di igiene. Non si è trattato di consegnare un prodotto diverso, ma di un prodotto conforme ottenuto con procedure igienicamente non corrette.

Il Ruolo dell’Aggravante per i Prodotti DOP (art. 517-bis c.p.)

Il Pubblico Ministero sosteneva che l’introduzione dell’aggravante specifica per i prodotti DOP (art. 517-bis c.p.) avrebbe dovuto rafforzare la tutela penale, rendendo penalmente rilevante qualsiasi violazione del disciplinare. La Cassazione ha respinto questa interpretazione, chiarendo che una circostanza aggravante può applicarsi solo se sussiste il reato base a cui accede. Poiché nel caso di specie mancavano i presupposti del delitto di frode in commercio, l’aggravante non poteva trovare applicazione.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che il delitto di frode in commercio si configura solo quando vi è una divergenza sostanziale tra il bene promesso e quello consegnato, con riferimento ai parametri specifici indicati dalla norma (origine, provenienza, qualità, quantità). Una violazione procedurale o igienica, se non incide su tali parametri e non altera il prodotto finale, non è sufficiente a integrare la fattispecie penale. I giudici hanno ribadito che, in assenza di una comprovata alterazione o contaminazione del prodotto, la tutela del consumatore è affidata a sanzioni di natura amministrativa, specificamente previste per garantire il rispetto delle norme sull’igiene alimentare.

le conclusioni

Questa sentenza traccia una linea netta tra responsabilità penale e amministrativa nella produzione alimentare. Per i produttori, ciò significa che, pur essendo fondamentale rispettare ogni norma igienico-sanitaria (pena sanzioni amministrative anche pesanti), un’accusa di frode in commercio scatta solo se si inganna il consumatore sulle caratteristiche essenziali e identificative del prodotto venduto. Per i consumatori, la decisione conferma che la tutela penale è riservata alle frodi sostanziali sulla natura del bene, mentre le irregolarità procedurali sono gestite attraverso altri strumenti sanzionatori.

Quando si configura il reato di frode in commercio (art. 515 c.p.)?
Il reato si configura quando un venditore, nell’esercizio di un’attività commerciale, consegna a un acquirente una cosa mobile per un’altra, oppure una cosa mobile diversa per origine, provenienza, qualità o quantità da quella dichiarata o pattuita.

La violazione delle norme igieniche nella produzione di un alimento DOP integra automaticamente il reato di frode in commercio?
No. Secondo la sentenza, se la violazione delle norme igieniche non altera le caratteristiche essenziali del prodotto (origine, provenienza, qualità, quantità) e non viene provata una contaminazione effettiva, il fatto non costituisce il reato di frode in commercio, ma rientra nell’ambito di un illecito amministrativo specifico per le norme sanitarie.

A cosa serve la circostanza aggravante dell’art. 517-bis c.p. se non si applica in questo caso?
La circostanza aggravante prevista dall’art. 517-bis c.p. si applica per aumentare la pena quando viene commesso uno dei reati base (come la frode in commercio ex art. 515 c.p.) e l’oggetto della condotta è un prodotto con denominazione di origine o geografica protetta. Essa può essere applicata solo se i presupposti del reato base sono pienamente integrati, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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