Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15117 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15117 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALEa Repubblica presso il Tribunale di Udine nel procedimento a carico di COGNOME NOME, nato a Colorno il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Gemona del Friuli il DATA_NASCITA RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 06/07/2023 del Tribunale di Udine visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria redatta ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO del foro di Udine, che insiste per il rigetto ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Udine, all’esito del giudizio abbreviato, ha assolto NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di cui agli artt. 110, 81 cpv., 515 e 517-bis cod. pen., nella forma sia consumata (capo A), che tentata (capo B), perché il fatto non sussiste e, conseguentemente, ha escluso la responsabilità amministrativa di RAGIONE_SOCIALE in relazione all’illecito di cu all’art. 25-bisl, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 2:31 del 2001, contestato al capo C).
Agli imputati, nella rispettiva qualità di legale rappresentante pro-tempore e di direttore pro-tempore del RAGIONE_SOCIALE, si contesta di aver messo in commercio – ovvero tentato di mettere in commercio – diversi prosciutti RAGIONE_SOCIALE, ottenuti da cosce di suini conservate in saloni di stagionatura in cui erano stati eseguiti trattamenti di disinfestazione con l’impiego di insetticidi nebulizzati negli ambienti e/o spruzzati su parti pavimenti, trattamenti non ammessi dal disciplinare di produzione RAGIONE_SOCIALEa D.o.p. “RAGIONE_SOCIALE” e, in ogni caso vietati, non essendo in AVV_NOTAIO consentito l’uso di insetticidi sugli alimenti.
2. Avverso l’indicata sentenza, il pubblic:o ministero ha proposto ricorso per cassazione, che deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 515 e 517-bis cod. pen. Assume il ricorrente che la conclusione assunta dal Tribunale, ossia che il fatto integra gli estremi RAGIONE_SOCIALE‘illecito amministrativo di cui all’art. 6, comm d.lgs. n. 193 del 2007, sarebbe smentita dalll’inserimento nel codice penale RAGIONE_SOCIALEa circostanza aggravante di cui all’art. 517-bis cod. pen., la quale persegue lo scopo di consolidare la tutela RAGIONE_SOCIALEa Denominazione di origine protetta. Sostiene il ricorrente che la previsione di tale aggravante avrebbe risolto in radice il problema del rapporto tra le norme incriminatrici racchiuse negli artt. 516, 516 e 517 cod. pen. e le norme di carattere amministrativo che :sanzionano le frodi alimentari concernenti prodotti a denominazione protetta, assegnando prevalenza alle prime; diversamente opinando, sarebbe svilito il significato degli artt. 515 e 517-bis cod. pen., posto che, in particolare, l’aggravante non potrebbe trovare applicazione.
Ad avviso del ricorrente, il Legislatore ha inteso predisporre una tutela rafforzata per chi produca alimenti D.o.p. senza attenersi alle prescrizioni dei relativi disciplinari, condotta che concretizza l’induzione in errore de consumatore circa l’effettiva qualità degli alimenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La materialità del fatto non è messa in discussione dal ricorrente.
Come accertato dal Tribunale, nello stabilimento RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE furono effettuati, all’interno dei saloni di stagionatura, trattamenti disinfestazione senza sufficienti protezioni, così esponendo agli insetticidi anche i prosciutti; tuttavia, non è vi è prova di una contaminazione effettiva poiché le analisi non sono stato in grado di accertarla. Allo stesso modo, il Tribunale ha appurato che non vi è stata alcuna violazione disciplinare di produzione del RAGIONE_SOCIALE D.o.p., né una modifica RAGIONE_SOCIALEe qualità del prodotto.
Su queste basi fattuali, il Tribunale ha rilevato che i trattamenti in questione violano le disposizioni di cui del Regolamento sull’igiene dei prodotti alimentari 29 aprile 2004, n. 852/2004/CE, laddove stabilisce che “In tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione gli alimenti devono essere protetti da qualsiasi forma di contaminazione atta a renderli inadatti al consumo umano, nocivi per la salute o contaminati in modo tale da non poter essere ragionevolmente consumati in tali condizioni”.
Il Tribunale ha perciò ravvisato l’illecito amministrativo di cui all’art. comma 5, d.lgs. n. 193 del 2007, il quale, “salvo che il fatto costituisca reato”, punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria “l’operatore del settore RAGIONE_SOCIALE operante ai sensi dei regolamenti (CE) n. 852/2004 e n. 853/2004 a livello diverso da quello RAGIONE_SOCIALEa produzione primaria che non rispetta i requisiti generali in materia di igiene di cui all’allegato II al regolamento (CE) n 852/2004 e gli altri requisiti specifici previsti dal regolamento (CE) n. 853/2004.”
Si tratta di una conclusione giuridicamente corretta, che resiste alle censure mosse dal ricorrente.
L’art. 515 cod. pen., che incrimina il delitto di “fronde nell’esercizio de commercio”, punisce con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065, qualora il fatto non costituisca più grave delitto, “chiunque, nell’esercizi di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita”.
Il bene tutelato dalla norma incriminatrice in esame risiede nella lealtà e nella correttezza negli scambi commerciali (Sez. 3, n. 14017 del 04/12/2018, dep. 2019, p.m. in c. Origlia, Rv. 275357; Sez. 3, n. 2291 del 07/07/1994, p.m.
in c. Timperi, Rv. 198851); in particolare, la norma è posta a presidio non soltanto del compratore, ma anche RAGIONE_SOCIALE‘interesse del produttore che, per il contegno ingannevole del commerciante, veda ridotta la richiesta dei beni e parallelamente la spinta alla loro produzione.
La condotta punita consiste nella consegna all’acquirente di aliud pro alio ovvero di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, laddove la diversità può riguardare, alternativamente, l’origine, la provenienza, la qualità o la quantità.
Nel caso in cui oggetto RAGIONE_SOCIALEa condotta sia un alimento o una bevanda la cui denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigente, l’art. 517-bis cod. pen. prevede non già una fattispecie incriminatrice autonoma, bensì una specifica circostanza aggravante che, per espressa previsione del comma 1, può accedere ai delitti di cui agli artt. 515, 516 e 517 cod. pen.
Orbene, è del tutto evidente che, anche in relazione agli alimenti D.o.p., il reato di frode in commercio in tanto può configurasi, in quanto sia riscontrabile una divergenza tra quelle espressamente indicate dall’art. 515 cod. pen., cui accede, ricorrendone gli estremi, la circostanza aggravanti ex art. 517-bis cod. pen.
In questo senso è orientata la giurisprudenza di questa Sezione, la quale, proprio in relazione al RAGIONE_SOCIALE D.o.p., ha affermato che, anche dopo la trasformazione in illecito amministrativo RAGIONE_SOCIALEe sanzioni previste dalla legge 13 febbraio 1990 n. 26 sulla tutela RAGIONE_SOCIALEa denominazione d’origine “RAGIONE_SOCIALE“, la consegna di un diverso tipo di RAGIONE_SOCIALE integra il delitto previsto dagli artt. 515 e 517-bis cod. pen., in quanto la disposizione codicistica ha come oggetto la tutela del leale esercizio del commercio e conseguentemente l’interesse del consumatore a non ricevere una cosa diversa da quella richiesta, così come quello del produttore a non vedere i propri prodotti scambiati surrettiziamente con prodotti diversi (Sez. 3, n. 4351 del 04/12/2003, dep. 2004, Colasanti, Rv. 227560).
Si è precisato, inoltre, che la consegna di un tipo di RAGIONE_SOCIALE diverso da quello indicato nell’etichetta e protetto da denominazione di origine integra il reato previsto dall’art. 515 e 517-bis cod. pen, che, avendo per oggetto la tutela del leale esercizio del commercio, protegge sia l’interesse del consumatore a non ricevere una cosa differente da quella richiesta, sia quello del produttore a non vedere i propri articoli scambiati surrettiziamente con prodotti diversi (Sez. 3, n. 2617 del 06/11/2013, dep. 2014, Rv. 2.58585, la quale ha ritenuto la
configurabilità del reato nell’ipotesi di confezioni riportanti sull’etichett denominazioni “RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE“, sebbene le attività di affettamento del prodotto fossero avvenute con modalità diverse da quelle previste nel Disciplinare D.O.P.).
Orbene, può astrattamente configurarsi il delitto di cui all’art. 515 cod. pen. nel caso di violazioni del Disciplinare di produzione RAGIONE_SOCIALEa denominazione di origine protetta «RAGIONE_SOCIALE», come recentemente modificato con provvedimento del RAGIONE_SOCIALE del 27 aprile 2023, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 106 del 8 maggio 2023, ossia quando non siano rispettate o l’origine geografica ovvero le modalità di produzione RAGIONE_SOCIALE‘alimento.
Ove, invece, sono osservate le indicazioni prescritte dal disciplinare – e quindi il prodotto consegnato all’acquirente è conforme per origine, provenienza, qualità e quantità a quanto pattuito o dichiarato – e, nondimeno, il prodotto è in qualche modo “alterato” non è configurabile il delitto ex ar . 515 cod. pen., ma possono eventualmente trovare applicazione altre e diverse fattispecie incriminatrici, come, ad esempio, quelle poste a tutela – non RAGIONE_SOCIALEa buona fede negli scambi commerciali bensì – RAGIONE_SOCIALEa salute pubblica, come l’art. 440 cod. pen. nel caso di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari in modo concretamente pericoloso, appunto, per la salute pubblica, ovvero RAGIONE_SOCIALE‘igiene dei prodotti, quali le figure contravvenzionali previste dalla I. 30 ottobre 1962, n 283, che puniscono fatti prodromici al verificarsi di un pericolo effettivo per l salute, come, ad esempio, il reato di cui al comma 5, lett. c), se nei prosciutti sono riscontrate “cariche microbiche” superiori ai limiti di legge, ovvero lett. d) se i prosciutti si trovano “in stato di alterazione” o sono comunque “nocivi”.
Nella vicenda in esame, in cui viene in rilevo l’esposizione dei prosciutti a trattamenti di disinfestazione utilizzati, senza sufficienti protezioni, per disinfestazione RAGIONE_SOCIALEe sale di stagionatura, è pacifico, come ritenuto dal Tribunale, che i prosciutti sono stati prodotti nel rispetto del disciplinare produzione RAGIONE_SOCIALEa denominazione di origine protetta «RAGIONE_SOCIALE», il che esclude alla radice la sussistenza del delitto di cui all’art. 515 cod. pen posto che il prodotto aveva tutte le caratteristiche che, appunto, connotato quel peculiare tipo di RAGIONE_SOCIALE e che l’eventuale contaminazione, come si è accertato, non ha inciso sulla qualità del prodotto.
Allo stesso modo, il fatto non è sussumibile in alcuna RAGIONE_SOCIALEe previsioni di cui all’art. 5 I. n. 283 del 1962 – né, tantomenò, nel più grave delitto ex art. 440
cod. pen. – perché le analisi effettuate sui prosciutti non hanno rilevato alcuna effettiva contaminazione.
Di conseguenza, il fatto rientra nell’illecito amministrativo di cui di cui all’a 6, comma 5, d.lgs. n. 193 del 2007, il quale, “salvo che il fatto costituisca reato”, punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria “l’operatore del settore RAGIONE_SOCIALE operante ai sensi dei regolamenti (CE) n. 852/2004 e n. 853/2004 a livello diverso da quello RAGIONE_SOCIALEa produzione primaria che non rispetta i requisiti generali in materia di igiene di cui all’allegato II al regolamento (CE) n. 852/2004 e gli altri requisiti specifici previsti dal regolamento (CE) n. 853/2004″. Risulta infatti violata una peculiare disposizione cautelare prevista dall’Allegato II del Regolamento sull’igiene dei prodotti alimentari 29 aprile 2004, n. 852/2004/CE, in particolare, quella contemplata dal punto 3 del capitolo IX, la quale stabilisce che “In tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione gli alimenti devono essere protetti da qualsiasi forma di contaminazione atta a renderli inadatti al consumo umano, nocivi per la salute o contaminati in modo tale da non poter essere ragionevolmente consumati in tali condizioni”.
Alla luce di tali considerazioni, è perciò evidente l’errore prospettico del ricorrente, il quale si sofferma unicamente sulla previsione RAGIONE_SOCIALE‘art. 517-bis cod. pen. – che, come detto, delinea una mera circostanza aggravante – senza considerare i presupposti integranti il delitto di frode in commercio, cui quell’aggravante può accedere.
Per i motivi indicati, il ricorso deve perciò essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 28/03/2024.