Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32504 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32504 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Data Udienza: 27/06/2025
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Milano del 24/9/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 24.9.2024, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha provveduto su una opposizione avverso l’espulsione disposta dal Magistrato di Sorveglianza di Milano nei confronti di NOME COGNOME, cittadino straniero privo di permesso di soggiorno.
Nell’opposizione, la difesa del condannato aveva fatto presente che lo straniero Ł attualmente imputato in un procedimento pendente dinanzi al Tribunale di Monza e che ha un domicilio presso la sorella dettasi disponibile ad ospitarlo.
Il Tribunale ha rilevato preliminarmente che nell’istanza di gratuito patrocinio l’opponente ha invece dichiarato di essere senza fissa dimora e di comporre lui stesso da solo il suo nucleo familiare. Ha osservato, altresì, che la circostanza che NOME sia imputato in un procedimento penale Ł totalmente ininfluente, in quanto l’art. 17 d.lgs. n. 286 del 1998 prevede la possibilità di ottenere l’autorizzazione al rientro in Italia per il tempo necessario alla partecipazione al giudizio e alla difesa. Inoltre, la mera presenza di una sorella sul territorio italiano costituisce un dato non significativo, tenuto conto che il resto della famiglia vive in Spagna, che lo straniero non ha fonti di sostentamento sul territorio italiano e che Ł senza fissa dimora.
Di conseguenza, il Tribunale ha rigettato l’opposizione.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore del condannato, articolando un unico motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., erronea applicazione del Testo unico dell’immigrazione.
Il Tribunale – lamenta il ricorso – non ha considerato che il ricorrente ha lasciato il Marocco quand’era ragazzo e che con il suo paese di origine non ha alcune legame; viceversa, in Italia si trova una sua sorella, che Ł sempre andata a visitarlo in carcere. Formalmente NOME Ł senza dimora, anche perchØ privo di documento per chiedere la residenza, e comunque in carcere ha sempre lavorato provvedendo personalmente al suo
sostentamento. Dunque, egli, dal punto di vista sostanziale, ha legami sul territorio dello Stato.
Inoltre, quanto al procedimento penale nel quale Ł imputato di rapina, il ricorrente ha presentato una lista dei testimoni e ha chiesto di essere sottoposto a esame. La conferma del decreto di espulsione comporterebbe una grave compromissione del suo diritto di difesa; pur potendo fare rientro in Italia, egli non avrebbe il tempo materiale, in relazione al calendario del processo, per presentare richiesta e ottenere l’autorizzazione, nØ avrebbe le risorse economiche per farlo.
Con requisitoria scritta trasmessa il 28.5.2025, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, in quanto la difesa ha proposto questioni in punto di mero fatto, che erano state ampiamente analizzate dal Tribunale di Sorveglianza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che denuncia l’erronea applicazione del Testo Unico sull’immigrazione, Ł infondato.
L’ordinanza impugnata, al contrario, fa innanzitutto corretta applicazione degli artt. 16 e 19 d.lgs. n. 286 del 1998 nella parte in cui disattende la doglianza difensiva relativa alla convivenza quale causa ostativa all’espulsione.
Anche a ritenere che i legami sociali tra gli immigrati e la comunità in cui essi vivono costituiscano parte del concetto di vita privata e che pertanto l’espulsione di uno straniero radicato costituisca un’ingerenza nell’esercizio di tale diritto, nel caso di specie il Tribunale di Sorveglianza ha considerato adeguatamente il fatto che, in realtà, la famiglia del ricorrente vive in gran parte in altro Paese e che in ogni caso di nessun radicamento si può seriamente parlare con riferimento a un soggetto che non dispone di una fissa dimora, non ha lavoro e delinque abitualmente nel nostro Stato.
Peraltro, la giustificazione offerta nel ricorso circa l’indicazione nell’istanza di gratuito patrocinio della mancanza di fissa dimora – ovvero, che lo straniero fosse privo dei documenti per chiedere la residenza in Italia – Ł, al contrario, la conferma dell’assenza di radicamento del condannato.
L’ordinanza impugnata, pertanto, ha fatto buon governo del principio secondo cui, in tema di espulsione dello straniero quale misura alternativa alla detenzione, ricorre la causa ostativa della convivenza con un parente entro il secondo grado di nazionalità italiana solo qualora sussista un rapporto di coabitazione che tragga titolo dal suddetto vincolo di parentela, di cui sia accertata l’effettività secondo indici di apprezzabilità esterna (Sez. 1, n. 15114 del 26/2/2021, Kinani, Rv. 280904 – 01)
Dunque, le assai ridotte esigenze di salvaguardia delle ‘effettive’ relazioni familiari e private (la presenza in Italia di una sorella) sono state ragionevolmente ritenute soccombenti nel giudizio di contemperamento con la sua capacità a delinquere.
In secondo luogo, il Tribunale di Sorveglianza ha operato una corretta applicazione anche dell’art. 17 d.lgs. n. 286 del 1998, in quanto, a fronte della circostanza opposta dal condannato della pendenza di un altro procedimento penale nei suoi confronti, ha adeguatamente fatto riferimento alla possibilità, contemplata dalla predetta disposizione di legge, di ottenere l’autorizzazione al rientro in Italia al fine di parte di partecipare al giudizio per il tempo strettamente necessario all’esercizio del diritto di difesa.
Il ricorso reitera nei medesimi termini la doglianza, adducendo la mancanza di ‘tempo materiale’ e di ‘sostanze’ per presentare la richiesta, con conseguente compromissione del suo diritto di difesa.
Si tratta, tuttavia, di circostanze inidonee a fondare un diritto dello straniero a che il
decreto di espulsione non venga eseguito, oltre che di circostanze inconferenti, giacchØ non si confrontano con il dato normativo secondo cui la richiesta di autorizzazione comporta la sola dimostrazione documentata della pendenza del procedimento ed Ł rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare, previo un esame essenzialmente formale degli atti; e non risulta, nØ Ł stato concretamente rappresentato, che la sola presentazione della richiesta comporti un difficilmente sostenibile impiego di risorse economiche.
Del resto, quella dell’art. 17 d.lgs. n. 286 del 1998 Ł una previsione legittimamente collegata alla posizione dello straniero, in relazione al quale la regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno nel territorio nazionale si rapporta alla ponderazione di svariati interessi pubblici, con cui l’esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto espulso per motivi di sicurezza e ordine pubblico (di cui, dunque, sia stata concretamente apprezzata la pericolosità sociale) deve essere necessariamente contemperato.
Alla luce di quanto fin qui osservato, dunque, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 27/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME