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Espulsione straniero: legami familiari e diritto difesa

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di espulsione straniero, rigettando il ricorso di un cittadino extracomunitario. La Corte ha stabilito che la mera presenza di una sorella sul territorio e la pendenza di un procedimento penale non costituiscono ostacoli all’espulsione, soprattutto in assenza di un effettivo radicamento sociale e familiare, come una fissa dimora o fonti di sostentamento. La decisione sottolinea la prevalenza della sicurezza pubblica sui deboli legami individuali.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Straniero: Quando i Legami Familiari Non Bastano

L’espulsione straniero è un tema complesso che bilancia la sicurezza nazionale con i diritti fondamentali dell’individuo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui criteri che giustificano tale misura, anche in presenza di legami familiari e procedimenti penali in corso. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i principi applicati.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Annullamento

Un cittadino straniero, privo di permesso di soggiorno, si opponeva a un decreto di espulsione emesso dal Magistrato di Sorveglianza. La sua difesa si basava su due punti principali: la presenza di una sorella in Italia, disponibile a ospitarlo, e il suo status di imputato in un procedimento penale pendente, che richiedeva la sua presenza per esercitare il diritto di difesa.

Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, aveva respinto l’opposizione. I giudici avevano notato una contraddizione fondamentale: nella richiesta di gratuito patrocinio, lo stesso individuo aveva dichiarato di essere senza fissa dimora e di costituire un nucleo familiare a sé stante. Inoltre, il Tribunale aveva ritenuto la presenza della sorella non significativa, dato che il resto della famiglia risiedeva all’estero e l’uomo non aveva né lavoro né stabilità economica in Italia.

L’Espulsione Straniero e le Argomentazioni della Difesa

Contro la decisione del Tribunale, il difensore ha presentato ricorso in Cassazione. Le argomentazioni principali erano:

1. Errata valutazione dei legami familiari: Il ricorrente sosteneva di aver lasciato il suo paese d’origine da ragazzo e di non avervi più alcun legame, a differenza dell’Italia dove vive sua sorella, che lo ha sempre sostenuto, anche durante la detenzione.
2. Compromissione del diritto di difesa: L’espulsione avrebbe gravemente pregiudicato la sua capacità di difendersi nel processo per rapina a suo carico. Secondo la difesa, ottenere l’autorizzazione al rientro, sebbene prevista dalla legge, sarebbe stato materialmente impossibile per mancanza di tempo e di risorse economiche.

La difesa ha quindi richiesto l’annullamento del provvedimento, sostenendo un’errata applicazione del Testo unico sull’immigrazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Le motivazioni dei giudici supremi sono state chiare e articolate.

In primo luogo, la Corte ha affrontato la questione dei legami familiari e del concetto di “vita privata”. Sebbene i legami sociali facciano parte della vita privata di un individuo, nel caso specifico non si poteva parlare di un reale radicamento. Il ricorrente era senza fissa dimora, senza lavoro e con una comprovata tendenza a delinquere. La sua stessa dichiarazione di essere senza fissa dimora, presentata per ottenere il gratuito patrocinio, è stata vista come una conferma della sua mancanza di stabilità e integrazione nel tessuto sociale italiano.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la causa ostativa all’espulsione legata alla convivenza con un parente richiede un rapporto di coabitazione effettivo e verificabile, non la semplice presenza di un familiare nel Paese. Le esigenze di tutela delle relazioni familiari del ricorrente sono state giudicate “assai ridotte” e soccombenti rispetto alla sua pericolosità sociale.

In secondo luogo, riguardo al diritto di difesa, la Cassazione ha confermato la corretta applicazione dell’art. 17 del D.Lgs. 286/1998. Questa norma prevede specificamente la possibilità per lo straniero espulso di ottenere un’autorizzazione al rientro per il tempo necessario a partecipare al processo. I problemi pratici sollevati dalla difesa (mancanza di tempo e denaro) sono stati considerati irrilevanti e non sufficienti a impedire l’esecuzione dell’espulsione. La legge, infatti, bilancia il diritto di difesa con l’interesse pubblico alla sicurezza, e tale bilanciamento è stato ritenuto corretto.

Conclusioni: La Prevalenza della Sicurezza Pubblica

La sentenza in esame rafforza un orientamento giurisprudenziale chiaro: per opporsi a un’espulsione straniero, non è sufficiente invocare genericamente la presenza di familiari o la pendenza di un processo. È necessario dimostrare un effettivo e concreto radicamento sul territorio nazionale, basato su elementi oggettivi come una stabile coabitazione, un lavoro e un’assenza di pericolosità sociale. In mancanza di tali elementi, l’interesse dello Stato a garantire l’ordine e la sicurezza pubblica prevale sui legami individuali deboli e sulla potenziale difficoltà, non impossibilità, di esercitare il diritto di difesa dall’estero.

La sola presenza di un parente in Italia è sufficiente a bloccare un’espulsione straniero?
No. Secondo la sentenza, la mera presenza di un familiare (in questo caso una sorella) non è sufficiente. È necessario dimostrare un rapporto di convivenza effettivo e stabile che dimostri un reale radicamento sul territorio. In assenza di coabitazione e di altri legami, il provvedimento di espulsione è legittimo.

Un procedimento penale in corso contro lo straniero impedisce la sua espulsione?
No. La legge (art. 17 d.lgs. n. 286/1998) prevede che lo straniero espulso possa ottenere un’autorizzazione speciale per rientrare in Italia al solo fine di partecipare al proprio processo. La pendenza di un giudizio, quindi, non costituisce di per sé un ostacolo all’esecuzione dell’espulsione.

Cosa intende la Corte per “radicamento” effettivo sul territorio nazionale?
Per radicamento si intende un insieme di legami stabili e concreti con il territorio italiano. La sentenza chiarisce che questo non si limita alla sola presenza di familiari, ma include elementi oggettivi come avere una fissa dimora, disporre di fonti di sostentamento lecite (un lavoro) e condurre una vita integrata nel rispetto delle leggi, in contrapposizione a una condizione di senza fissa dimora e abitualità a delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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