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Espulsione straniero: legame familiare non basta

La Corte di Cassazione conferma l’espulsione di un cittadino straniero, dichiarando inammissibile il suo ricorso. La Corte chiarisce che, a seguito di una recente riforma legislativa, la semplice esistenza di legami familiari nel territorio, senza una effettiva convivenza, non costituisce più un ostacolo automatico al provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Straniero: La Cassazione Sancisce che i Legami Familiari non Bastano

L’espulsione dello straniero condannato è un tema complesso che bilancia sicurezza pubblica e diritti fondamentali, come quello alla vita familiare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14987/2024) offre un chiarimento cruciale sull’impatto della nuova normativa, sottolineando come la semplice presenza di parenti in Italia non sia più sufficiente a bloccare il provvedimento. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero, titolare di un regolare permesso di soggiorno, si opponeva a un decreto di espulsione emesso nei suoi confronti. Il ricorso si fondava principalmente sulla presunta violazione del suo diritto alla vita privata e familiare, garantito dall’articolo 19 del Testo Unico sull’Immigrazione. L’interessato sosteneva di avere contatti costanti con il fratello residente in Italia, legame che, a suo dire, avrebbe dovuto impedire l’allontanamento dal territorio nazionale.

Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, rigettava l’opposizione, confermando l’espulsione. Contro questa decisione, lo straniero proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su due pilastri fondamentali: la natura delle censure mosse dal ricorrente e, soprattutto, le modifiche legislative intervenute nel 2023 che hanno ridefinito i presupposti per l’espulsione dello straniero.

Le Motivazioni: L’impatto della Riforma sull’Espulsione Straniero

La Corte ha ritenuto le argomentazioni del ricorrente delle semplici “doglianze di fatto”, ovvero contestazioni sul merito della vicenda non ammissibili in sede di legittimità, dove si può discutere solo di violazioni di legge. Il ricorso, infatti, non conteneva una critica specifica e puntuale delle motivazioni giuridiche dell’ordinanza impugnata.

Il punto centrale della decisione, però, risiede nell’analisi del quadro normativo aggiornato. La Cassazione ha evidenziato come il Decreto Legge n. 20/2023 (convertito nella Legge n. 50/2023) abbia riformulato l’articolo 19 del Testo Unico sull’Immigrazione. A seguito di questa modifica, la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare non è più, di per sé, una causa ostativa assoluta all’espulsione disposta come misura alternativa alla detenzione.

La legge continua a proteggere lo straniero convivente con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, ma il requisito della “convivenza” è diventato dirimente. Nel caso di specie, i giudici hanno constatato non solo l’assenza di convivenza tra il ricorrente e il fratello, ma anche la mancanza di una qualsiasi prospettiva futura in tal senso. A riprova di ciò, è emerso che durante la detenzione l’interessato aveva chiesto di usufruire di un permesso premio presso una parrocchia, proprio per la mancanza di familiari disposti ad ospitarlo. Questo elemento ha dimostrato l’assenza di un legame familiare concreto e radicato, tale da giustificare la permanenza sul territorio nazionale a dispetto della condanna.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento più restrittivo in materia di espulsione dello straniero. La lezione pratica è chiara: per opporsi validamente a un provvedimento di espulsione basato su legami familiari, non è più sufficiente dimostrare la mera esistenza di parenti in Italia. È necessario provare un rapporto di convivenza effettivo e stabile. La riforma del 2023 ha spostato l’equilibrio a favore delle esigenze di sicurezza pubblica, richiedendo che il radicamento familiare dello straniero sia concreto e tangibile, e non solo affettivo o sporadico. Di conseguenza, le difese legali dovranno concentrarsi sulla dimostrazione fattuale e documentale di una reale vita in comune con i familiari protetti dalla norma.

Avere un fratello in Italia impedisce l’espulsione di uno straniero condannato?
No. Secondo la nuova normativa e l’interpretazione della Cassazione, la sola esistenza di un legame di parentela non è sufficiente. È necessario dimostrare un rapporto di convivenza effettivo e stabile con il parente (entro il secondo grado) per poter bloccare l’espulsione.

Cosa ha cambiato la legge del 2023 in materia di espulsione dello straniero?
La legge del 2023 (L. 50/2023) ha modificato l’art. 19 del Testo Unico Immigrazione, eliminando la violazione del diritto alla vita privata e familiare come causa ostativa automatica all’espulsione. Ora, il divieto di espulsione si applica principalmente nei casi di convivenza con parenti stretti o con un coniuge italiano.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per due motivi: in primo luogo, le censure sollevate erano considerate “mere doglianze di fatto”, non adatte al giudizio di legittimità della Cassazione; in secondo luogo, il ricorso non teneva conto della nuova normativa, che richiede la convivenza, requisito palesemente assente nel caso specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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