Espulsione Straniero: La Cassazione Sancisce che i Legami Familiari non Bastano
L’espulsione dello straniero condannato è un tema complesso che bilancia sicurezza pubblica e diritti fondamentali, come quello alla vita familiare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14987/2024) offre un chiarimento cruciale sull’impatto della nuova normativa, sottolineando come la semplice presenza di parenti in Italia non sia più sufficiente a bloccare il provvedimento. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Un cittadino straniero, titolare di un regolare permesso di soggiorno, si opponeva a un decreto di espulsione emesso nei suoi confronti. Il ricorso si fondava principalmente sulla presunta violazione del suo diritto alla vita privata e familiare, garantito dall’articolo 19 del Testo Unico sull’Immigrazione. L’interessato sosteneva di avere contatti costanti con il fratello residente in Italia, legame che, a suo dire, avrebbe dovuto impedire l’allontanamento dal territorio nazionale.
Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, rigettava l’opposizione, confermando l’espulsione. Contro questa decisione, lo straniero proponeva ricorso per cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su due pilastri fondamentali: la natura delle censure mosse dal ricorrente e, soprattutto, le modifiche legislative intervenute nel 2023 che hanno ridefinito i presupposti per l’espulsione dello straniero.
Le Motivazioni: L’impatto della Riforma sull’Espulsione Straniero
La Corte ha ritenuto le argomentazioni del ricorrente delle semplici “doglianze di fatto”, ovvero contestazioni sul merito della vicenda non ammissibili in sede di legittimità, dove si può discutere solo di violazioni di legge. Il ricorso, infatti, non conteneva una critica specifica e puntuale delle motivazioni giuridiche dell’ordinanza impugnata.
Il punto centrale della decisione, però, risiede nell’analisi del quadro normativo aggiornato. La Cassazione ha evidenziato come il Decreto Legge n. 20/2023 (convertito nella Legge n. 50/2023) abbia riformulato l’articolo 19 del Testo Unico sull’Immigrazione. A seguito di questa modifica, la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare non è più, di per sé, una causa ostativa assoluta all’espulsione disposta come misura alternativa alla detenzione.
La legge continua a proteggere lo straniero convivente con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, ma il requisito della “convivenza” è diventato dirimente. Nel caso di specie, i giudici hanno constatato non solo l’assenza di convivenza tra il ricorrente e il fratello, ma anche la mancanza di una qualsiasi prospettiva futura in tal senso. A riprova di ciò, è emerso che durante la detenzione l’interessato aveva chiesto di usufruire di un permesso premio presso una parrocchia, proprio per la mancanza di familiari disposti ad ospitarlo. Questo elemento ha dimostrato l’assenza di un legame familiare concreto e radicato, tale da giustificare la permanenza sul territorio nazionale a dispetto della condanna.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un orientamento più restrittivo in materia di espulsione dello straniero. La lezione pratica è chiara: per opporsi validamente a un provvedimento di espulsione basato su legami familiari, non è più sufficiente dimostrare la mera esistenza di parenti in Italia. È necessario provare un rapporto di convivenza effettivo e stabile. La riforma del 2023 ha spostato l’equilibrio a favore delle esigenze di sicurezza pubblica, richiedendo che il radicamento familiare dello straniero sia concreto e tangibile, e non solo affettivo o sporadico. Di conseguenza, le difese legali dovranno concentrarsi sulla dimostrazione fattuale e documentale di una reale vita in comune con i familiari protetti dalla norma.
Avere un fratello in Italia impedisce l’espulsione di uno straniero condannato?
No. Secondo la nuova normativa e l’interpretazione della Cassazione, la sola esistenza di un legame di parentela non è sufficiente. È necessario dimostrare un rapporto di convivenza effettivo e stabile con il parente (entro il secondo grado) per poter bloccare l’espulsione.
Cosa ha cambiato la legge del 2023 in materia di espulsione dello straniero?
La legge del 2023 (L. 50/2023) ha modificato l’art. 19 del Testo Unico Immigrazione, eliminando la violazione del diritto alla vita privata e familiare come causa ostativa automatica all’espulsione. Ora, il divieto di espulsione si applica principalmente nei casi di convivenza con parenti stretti o con un coniuge italiano.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per due motivi: in primo luogo, le censure sollevate erano considerate “mere doglianze di fatto”, non adatte al giudizio di legittimità della Cassazione; in secondo luogo, il ricorso non teneva conto della nuova normativa, che richiede la convivenza, requisito palesemente assente nel caso specifico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14987 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14987 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato l’opposizione presentata da NOME, avverso il decreto di espulsione adottato in data 11/07/2023 dal Magistrato di sorveglianza di Varese.
Ricorre per cassazione l’interessato, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 19 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e, in particolare, denunciando la , violazione del diritto alla vita privata e familiare. Il ricorso rileva che l’interessato è munito di rego permesso di soggiorno e ha costanti contatti con il fratello; tali contatti n possono essere esclusi o svalutati, per il mero fatto che le misure alternative alla detenzione – precedentemente richieste dall’istante – abbiano trovato esecuzione, allorquando concesse, in luogo diverso rispetto a quello di residenza di quest’ultimo.
Trattasi di censure non consentite in sede di legittimità, in quanto costituite da mere doglianze versate in fatto e non scandite da specifica critica delle argomentazioni poste a base dell’ordinanza, la quale ha motivato il rigetto compiutamente, in via non manifestamente illogica o contraddittoria, nonché in conformità al quadro normativo vigente, il quale, a seguito della riformulazione dell’art. 19, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ad opera del d.l. 10 marzo 2023, n. 20 convertito con modificazioni dalla legge 5 maggio 2023, n. 50, non prevede più quale causa ostativa all’espulsione ex art. 16, comma 5. d.lgs. n. 286 del 1998 la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare del condanna L’espulsione continua a non essere consentita nei confronti degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, ma il ricorso non deduce la mancata valutazione della causa ostativa e l’ordinanza ne ha escluso adeguatamente i presupposti, evidenziando anche l’assenza di una prospettiva di instaurazione della convivenza del condannato con il fratello, tanto che – nel corso della detenzione – il primo chiedeva di fruire di permesso premio presso una parrocchia per la mancanza di familiari disposti ad ospitarlo.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 7 marzo 2024
Il Consigliere estenso e
Il Presidente