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Esigenze cautelari: la Cassazione e la presunzione

La Suprema Corte ha confermato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un individuo accusato di usura ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Nonostante i reati risalissero a diversi anni prima, la Corte ha stabilito che la presunzione legale sulle esigenze cautelari non viene meno con il solo trascorrere del tempo, specialmente in presenza di successive condanne e carichi pendenti che dimostrano una pericolosità sociale ancora attuale e il persistere di legami con ambienti criminali. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Il Tempo Non Cancella il Pericolo di Recidiva

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: la valutazione delle esigenze cautelari e la loro persistenza nel tempo. La decisione chiarisce che, per reati di particolare gravità come quelli aggravati dal metodo mafioso, il semplice trascorrere degli anni non è sufficiente a escludere la pericolosità sociale dell’indagato, soprattutto se la sua condotta successiva dimostra il contrario.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un’indagine per gravi reati di usura ed estorsione, commessi tra il 2014 e il 2016 ai danni di un imprenditore. I reati erano aggravati dal metodo mafioso, data l’appartenenza degli indagati a un noto clan criminale.
Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva respinto la richiesta di custodia in carcere per uno degli indagati, ritenendo che il notevole lasso di tempo trascorso dai fatti avesse fatto venir meno l’attualità e la concretezza del pericolo di recidiva.
Il Pubblico Ministero ha impugnato questa decisione e il Tribunale del Riesame ha ribaltato il verdetto, applicando la misura della custodia cautelare in carcere. Contro questa ordinanza, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione delle esigenze cautelari.

La Questione delle Esigenze Cautelari e la Presunzione di Legge

Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della sola custodia in carcere per una serie di delitti di particolare allarme sociale, tra cui quelli di stampo mafioso.
La difesa sosteneva che tale presunzione dovesse considerarsi superata dal tempo trascorso (quasi otto anni), un periodo che avrebbe dovuto attenuare il giudizio di pericolosità.
Il Tribunale del Riesame, invece, aveva ritenuto la presunzione ancora operante, basando la sua valutazione non solo sulla gravità dei reati contestati, ma anche sulla storia criminale complessiva dell’indagato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la validità del ragionamento del Tribunale del Riesame. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale: il decorso del tempo, di per sé, è un elemento neutro. Non può, da solo, vincere la presunzione di pericolosità prevista dalla legge.
Per superare tale presunzione, occorre una prova contraria, basata su elementi concreti che dimostrino un’effettiva diminuzione della pericolosità sociale dell’individuo. Nel caso specifico, questi elementi mancavano. Anzi, la Corte ha sottolineato come il Tribunale avesse correttamente valorizzato una serie di circostanze opposte:

* La commissione di altri reati da parte dell’indagato anche in epoca successiva ai fatti contestati.
* La presenza di numerosi carichi pendenti per reati gravissimi, tra cui associazione mafiosa, estorsione aggravata e traffico di stupefacenti.
* Una recente condanna definitiva a sedici anni di reclusione per reati associativi.

Questi elementi, secondo la Corte, dimostrano in modo inequivocabile la “piena ed ancora attuale intraneità” dell’indagato nelle dinamiche delinquenziali, rendendo il pericolo di reiterazione di reati concreto e attuale, nonostante i fatti specifici del procedimento risalissero al 2016.

Conclusioni

La sentenza riafferma la specialità e la prevalenza della presunzione di pericolosità per i reati di mafia rispetto alle norme generali. Per la Suprema Corte, la valutazione sulla persistenza delle esigenze cautelari non può limitarsi a un mero calcolo cronologico, ma deve essere un’analisi complessiva della personalità e della storia criminale dell’indagato. Il legame ancora attivo con un’organizzazione criminale e la commissione di ulteriori reati sono la prova che la pericolosità sociale non è venuta meno. Questa decisione conferma un orientamento rigoroso, che privilegia la tutela della collettività di fronte a soggetti che dimostrano una persistente e radicata inclinazione al crimine.

Il semplice passare del tempo è sufficiente a escludere le esigenze cautelari per reati di mafia?
No. Secondo la Corte, il decorso del tempo è un fattore neutro e non basta da solo a superare la presunzione di pericolosità, se non è accompagnato da altri elementi che dimostrino un’effettiva attenuazione della pericolosità sociale dell’indagato.

Quali elementi ha considerato la Corte per confermare la pericolosità attuale dell’indagato?
La Corte ha dato rilievo alla motivazione del Tribunale, che ha considerato i reati commessi successivamente, i carichi pendenti per gravi delitti (inclusa l’associazione mafiosa con carattere di permanenza) e una recente condanna definitiva, tutti elementi che dimostrano la sua attuale e piena appartenenza a dinamiche delinquenziali.

Qual è il principio giuridico applicato riguardo la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p.?
Il principio è che la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari per i reati gravi elencati in tale articolo è una norma speciale che prevale su quella generale. Tale presunzione fa ritenere esistenti l’attualità e la concretezza del pericolo, salvo una prova contraria che non può fondarsi unicamente sul tempo trascorso dai fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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