Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19632 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza emessa il 27/02/2023 dal Tribunale di Napoli e su concorde richiesta delle parti – ai sensi dell’art.599bis cod.proc.pen. – ha applicato nei confronti di NOME COGNOME (imputato dei reati previsti dagli artt. 416, 56 e 640 cpv., n.2 e 2bis cod.pen., 110, 81, comma 2, cod.pen. e 73, commi 4 e 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309), la pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed C 8.750,00 di multa, così determinata previa concessione delle circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti rispetto alle contestate aggravanti.
La Corte ha dato atto della mancanza delle condizioni per un proscioglimento nel merito nonché delle ragioni idonee a giustificare la concessione delle circostanze attenuanti generiche e della loro prevalenza sulle contestate aggravanti, in considerazione del parziale ristoro delle vittime delle truffe contestate in sede di capo di imputazione, avvenuto mediante il versamento di assegni circolari in favore delle stesse, ritenendo quindi congrua la pena concordata.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, articolando un unitario motivo impugnazione; con il quale ha dedotto, in relazione all’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen., la violazione dell’art.587 cod.proc.pen..
Ha premesso che, in relazione all’altro imputato NOME COGNOME e all’odierno ricorrente, la comune difesa aveva proposto un motivo di appello con il quale era stata dedotta l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche in quanto disposte in reati non rientranti nella soglia edittale prevista dall’art. 266 cod.proc.pen.; e che, proprio in conseguenza della fondatezza di tale eccezione, la Corte aveva disposto il proscioglimento del predetto imputato.
Ha dedotto che, in relazione al richiamato art.587 cod.proc.pen., il motivo di impugnazione suddetto avrebbe dovuto essere esteso anche a favore del coimputato, stante la natura oggettiva della questione posta.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato t
Va premesso che la specifica ratio dell’istituto dell’estensione degli effetti dell’impugnazione disciplinata dall’art.587 cod.proc.pen. – qualora non fondata su motivi esclusivamente personali – nei confronti del coimputato non impugnante si basa sull’esigenza di impedire la formazione di giudicati potenzialmente contrastanti, nonché di privilegiare esigenze di giustizia, estendendo al soggetto che non impugni o che impugni per diversi motivi di svolgere le difese sul punto nella fase di gravame ovvero comunque di beneficiare degli effetti dell’accoglimento di un punto di doglianza di interesse non esclusivo dell’impugnante (sul punto, in parte motiva, Sez. 1, n. 42887 del 26/04/2018, COGNOME, Rv. 274371 – 02).
Ciò posto, deve quindi essere osservato che il motivo proposto, nel caso di specie, dal coimputato non impugnante e attinente al dedotto difetto di utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche (in relazione ai reati contestati ai ca 1) e 2)) rientra nell’ambito di quelli non aventi valenza esclusivamente personale e quindi suscettibile di assumere efficacia anche nei confronti dell’imputato non impugnante sul punto, qualora la sentenza gravata abbia fondato il giudizio di responsabilità sugli esiti delle intercettazioni medesime (Sez. U, n. 30347 del 12/07/2007, Aguneche, Rv. 236756).
Tanto premesso, tra gli effetti estensivi da ritenersi compresi nella regolamentazione contenuta nell’art.587 cod.proc.pen., figura anche quello in forza del quale il giudice dell’impugnazione – nell’accogliere il motivo non strettamente personale – è tenuto a estendere gli effetti di tale accoglimento anche nei confronti dell’imputato non impugnante sul punto ovvero che non abbia partecipato al giudizio di impugnazione.
A tale principio si riconnette quindi quello, ulteriore, in base al quale l’imputato non impugnante ha la possibilità di ricorrere contro la sentenza di secondo grado, se con quest’ultima vengano accolti i motivi del coimputato che siano a lui applicabili senza che sia stata pronunciata l’estensione della sentenza nei suoi confronti; sul punto, in particolare, questa Corte ha specificamente enunciato il principio in forza del quale rientra nei poteri del giudice di legittimità disporr l’estensione in bonam partem degli effetti della decisione ai coimputati non appellanti, non attuata dal giudice della sentenza impugnata. (Sez. 3, n. 20509 del 14/04/2011, COGNOME, Rv. 250345; in applicazione del principio la Corte, sul presupposto che il giudice d’appello aveva pronunciato sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto nei confronti di un soggetto imputato di cessione di sostanza stupefacente ad altra persona, ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna
di quest’ultima, non appellante, per l’imputazione di cessione della medesima sostanza a terzi).
D’altra parte, in relazione all’ambito di applicazione soggettiva dell’effetto estensivo, questa Corte ha precisato che lo stesso opera anche nei confronti dell’imputato che abbia concordato la pena in appello, eventualmente dietro rinuncia al motivo non esclusivamente personale poi accolto nei confronti del coimputato (in tal senso si è espressa la citata sentenza delle Sezioni Unite Aguneche, nonché Sez. 1, n. 2940 del 17/10/2013, dep. 2014, Del Re, Rv. 258393; Sez. 3, n. 55001 del 18/07/2018, COGNOME, Rv. 274213 – 02).
Applicando i predetti principi nel caso di specie, deve quindi concludersene che il giudice di appello – nell’accogliere il motivo di ricorso proposto dal coimputato NOME COGNOME e relativo all’inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni telefoniche – avrebbe dovuto estendere gli effetti di tale accoglimento anche nei confronti del coimputato NOME COGNOME, pur avendo lo stesso rinunciato al medesimo motivo di impugnazione e – successivamente concordato la pena ai sensi dell’art.599bis cod.proc.pen..
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in ordine alla porzione di pena attinente ai reati contestati ai sensi dell’art.640 cpv., nn.2 e 2bis cod.pen.; e che – in relazione all’art.620, lett!), cod.proc.pen. la pena finale deve quindi essere rideterminata nel senso concordato tra le parti in riferimento ai reati ascritti al capo 3) (in relazione all’art.73, comma 4 e 6, T.U. stup.) e, quindi, nella misura finale riportata nella sentenza impugnata pari ad anni due e mesi undici di reclusione ed C 8.000,00 di multa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME NOME e ridetermina la pena in anni due e mesi undici di reclusione ed euro 8.000 di multa.
Così deciso il 24 aprile 2024
Il Consigliere estensore
La Presidente