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Dosimetria della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la dosimetria della pena per rapina, ritenendola eccessiva. Il ricorso è stato giudicato generico, assertivo e privo di specifiche censure legali. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e il suo operato non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e congrua, come nel caso di specie, dove si è tenuto conto dei precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della pena: la Cassazione stabilisce i paletti per l’impugnazione

La corretta dosimetria della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice traduce in una sanzione concreta la valutazione sulla gravità del reato e sulla personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 45375/2024, torna su questo tema cruciale, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità e le condizioni che rendono un ricorso inammissibile. Il caso esaminato offre spunti fondamentali per comprendere perché non basta lamentare una pena ‘eccessiva’ per ottenere una riforma della sentenza.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato per rapine aggravate, tentate e consumate, presentava ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio motivazionale in ordine alla dosimetria della pena irrogata, sostenendo che fosse sproporzionata e che i giudici di secondo grado non avessero tenuto adeguatamente conto dei motivi di appello presentati su questo specifico punto. La richiesta era, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici, i motivi presentati erano del tutto generici, assertivi e riproduttivi di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello con argomentazioni giuridiche corrette. La Corte ha sottolineato come l’appello non si confrontasse realmente con la motivazione della sentenza impugnata, che invece appariva logica, congrua e immune da vizi di legittimità.

Le Motivazioni: la Discrezionalità del Giudice sulla Dosimetria della Pena

Il cuore della decisione risiede nel principio consolidato secondo cui la determinazione della pena, tra il minimo e il massimo edittale, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione ha ribadito che tale valutazione è insindacabile in sede di legittimità, a meno che non emerga un vizio motivazionale palese, come una motivazione assente, illogica o contraddittoria.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione, evidenziando elementi negativi a carico dell’imputato, come due condanne irrevocabili per reati gravi, che giustificavano il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche. La pena era stata quindi configurata in piena conformità ai criteri dell’art. 133 del codice penale.

La Cassazione ha inoltre richiamato la sua giurisprudenza costante: l’obbligo di motivazione è assolto anche con l’uso di espressioni come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’, soprattutto quando la sanzione si attesta su livelli medi o prossimi al minimo. Una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la pena si discosta notevolmente dalla media edittale, cosa che non era avvenuta in questo caso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito: per contestare efficacemente la dosimetria della pena in Cassazione, non è sufficiente una generica doglianza sulla sua presunta eccessività. È necessario, invece, individuare e argomentare specifici vizi logici o giuridici nella motivazione del giudice di merito. In assenza di tali elementi, il ricorso si espone a una quasi certa dichiarazione di inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena è ampia, ma deve essere esercitata attraverso un percorso argomentativo coerente e rispettoso dei parametri legali.

Quando un ricorso in Cassazione sulla dosimetria della pena rischia di essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso sulla dosimetria della pena è inammissibile quando è manifestamente infondato, ovvero generico, assertivo, privo di specifiche critiche alla motivazione della sentenza impugnata e si limita a riproporre censure già respinte dal giudice di merito con argomenti corretti.

Qual è l’obbligo di motivazione del giudice nel determinare la pena?
Il giudice deve motivare la sua decisione rispettando i criteri dell’art. 133 c.p. Tuttavia, se la pena applicata è media o vicina al minimo legale, è sufficiente anche un richiamo a criteri di adeguatezza e congruità. Una motivazione più specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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