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Dolo eventuale riciclaggio: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con la sentenza 18390/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre imputate condannate per riciclaggio. Le ricorrenti avevano ricevuto e movimentato somme di denaro di una società amministrata da un loro parente, sostenendo di non conoscere la provenienza illecita. La Corte ha ribadito che per il dolo eventuale riciclaggio è sufficiente la consapevolezza del rischio che i fondi provengano da un delitto, accettando tale eventualità. Le imputate, ammettendo di aver agito per eludere i creditori della società, hanno di fatto dimostrato di accettare il rischio che tali somme fossero di provenienza illecita.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo Eventuale Riciclaggio: Quando Accettare il Rischio Costa una Condanna

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 18390/2024 offre un’importante lezione sul confine tra favore personale e complicità in un reato grave come il riciclaggio. Il caso analizzato riguarda la condanna di tre donne per aver movimentato somme di denaro per conto di un parente, amministratore di una società indebitata. La difesa sosteneva la buona fede, ma per i giudici è emerso un chiaro quadro di dolo eventuale riciclaggio, un concetto cruciale che merita di essere approfondito per capire quando la consapevolezza di un rischio si trasforma in responsabilità penale.

Il Caso: Aiutare un Parente o Riciclare Denaro?

I fatti vedono tre donne ricevere assegni da un loro parente, amministratore di una società in difficoltà economiche. Questi assegni, provento dell’attività commerciale della società, venivano versati sui conti correnti personali delle donne anziché sul conto aziendale. La giustificazione fornita era quella di voler evitare che le somme venissero assorbite dai debiti che la società aveva con gli istituti di credito.

Le imputate, durante tutto il processo, hanno ammesso questa circostanza, presentandola come un semplice “favore” al parente, ignare di commettere un reato. Tuttavia, sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno ritenuto questa condotta sufficiente a integrare il delitto di riciclaggio, confermando la condanna.

La Questione del Dolo Eventuale nel Riciclaggio

Il punto centrale del ricorso in Cassazione è stato proprio l’elemento psicologico del reato, ovvero il “dolo”. La difesa ha sostenuto l’assenza di una volontà diretta di riciclare denaro di provenienza illecita. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato questa tesi, richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale sul dolo eventuale riciclaggio.

Secondo la Cassazione, non è necessario che l’agente abbia la certezza assoluta che il denaro provenga da un delitto. È sufficiente che si rappresenti la concreta possibilità di tale provenienza e, nonostante ciò, decida di agire ugualmente, accettandone il rischio. Nel caso di specie, le stesse ammissioni delle imputate sono state decisive: sapevano che lo scopo dell’operazione era sottrarre il denaro ai legittimi creditori della società, una condotta che di per sé può costituire un illecito (come la bancarotta o reati tributari).

La Prova della Provenienza Illecita

Un altro aspetto rilevante affrontato dalla Corte è la modalità con cui si dimostra la provenienza illecita del denaro. La sentenza ribadisce che non è necessaria una precedente sentenza di condanna per il cosiddetto “reato presupposto”. Il giudice può desumere la provenienza delittuosa da elementi logici, come il contesto, le modalità di occultamento delle somme e i rapporti tra le persone coinvolte. L’ingente quantità di denaro e gli stretti legami di parentela hanno contribuito a formare un quadro probatorio solido contro le ricorrenti.

La Decisione sulla Rinnovazione dell’Istruttoria

Le imputate avevano anche richiesto in appello di ascoltare come testimone il parente amministratore, la cui posizione processuale era stata nel frattempo archiviata per prescrizione. La Corte d’Appello aveva negato tale richiesta e la Cassazione ha confermato la correttezza di questa decisione. La rinnovazione dell’istruttoria in appello, specialmente dopo un rito abbreviato, è un evento eccezionale. I giudici hanno ritenuto che il quadro probatorio fosse già completo e che la testimonianza non fosse “assolutamente necessaria”, dato che i fatti principali erano già stati ammessi dalle stesse imputate.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri principali. In primo luogo, la configurabilità del dolo eventuale. Le ricorrenti erano perfettamente consapevoli che il loro agire era finalizzato a schermare il patrimonio della società, impedendo ai creditori di rivalersi. Questa consapevolezza implica l’accettazione del rischio che le somme potessero derivare da attività illecite (come la distrazione di fondi societari). Non è richiesta la conoscenza specifica del reato presupposto, ma la generica consapevolezza della sua origine illegale, desumibile logicamente dal contesto.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato l’infondatezza della richiesta di rinnovazione istruttoria. La decisione dei giudici di merito di non sentire il nuovo testimone è stata considerata incensurabile, poiché basata su una valutazione logica e coerente delle prove già acquisite, tra cui le stesse dichiarazioni ammissive delle imputate. La motivazione della Corte d’Appello non presentava lacune o contraddizioni tali da rendere necessaria una nuova acquisizione probatoria, soprattutto in un quadro di “doppia conforme”, dove due gradi di giudizio erano giunti alla medesima conclusione.

Le Conclusioni

La sentenza della Cassazione conferma un principio fondamentale in materia di riciclaggio: l’ignoranza non sempre paga. Chi accetta di compiere operazioni finanziarie anomale per conto terzi, pur senza avere la certezza della loro provenienza illecita ma rappresentandosene la possibilità, si espone a una condanna per riciclaggio a titolo di dolo eventuale. Questa decisione serve da monito sulla necessità di agire con la massima prudenza e trasparenza nelle transazioni economiche, specialmente quando queste appaiono finalizzate a occultare o proteggere somme di denaro in contesti finanziari complessi o sospetti.

Per essere condannati per riciclaggio, è necessario sapere esattamente da quale reato proviene il denaro?
No, la sentenza chiarisce che non è necessaria la conoscenza dell’esatta tipologia del reato presupposto. È sufficiente che il giudice possa affermare l’esistenza di una provenienza illecita tramite prove logiche, basate sul contesto e sulle modalità di occultamento.

Cosa significa “dolo eventuale” nel reato di riciclaggio?
Significa che il reato si configura anche quando chi agisce non ha la certezza, ma si rappresenta la concreta possibilità che il denaro provenga da un’attività delittuosa e, nonostante ciò, accetta il rischio di compiere l’operazione.

In appello, si può chiedere di ascoltare un testimone se il processo di primo grado si è svolto con rito abbreviato?
La rinnovazione dell’istruttoria in appello dopo un rito abbreviato è eccezionale. La Corte ha ribadito che è possibile solo qualora emergano lacune o illogicità evidenti nella motivazione della sentenza impugnata, cosa che nel caso di specie non è stata riscontrata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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