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Diritto di presenziare: annullata sentenza d’appello

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna della Corte d’Appello perché non è stato garantito il diritto di presenziare in udienza dell’imputato. Nonostante fosse agli arresti domiciliari e il suo difensore avesse richiesto un’udienza orale, la corte territoriale non ha disposto la sua traduzione in aula, violando il suo diritto alla partecipazione e causando una nullità insanabile del procedimento.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Presenziare: La Cassazione Annulla Condanna per Mancata Traduzione dell’Imputato

Il diritto di presenziare al proprio processo è una colonna portante del giusto processo e della difesa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13944/2024) ha ribadito con forza questo principio, annullando una condanna emessa in appello perché all’imputato, pur essendo agli arresti domiciliari, non era stata data la possibilità di partecipare fisicamente all’udienza. Questo caso evidenzia come la tutela dei diritti procedurali non sia una mera formalità, ma una condizione essenziale per la validità stessa del giudizio.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per i reati di rapina e lesioni personali, confermata dalla Corte di Appello di Catania. L’imputato, al momento del processo di secondo grado, si trovava in regime di arresti domiciliari, una circostanza ben nota ai giudici.

Il suo difensore aveva presentato un’istanza per la discussione orale del processo, che era stata accolta dalla Corte territoriale. Tuttavia, all’udienza pubblica, il processo si è svolto e concluso in assenza dell’imputato, senza che il collegio giudicante avesse mai disposto la sua traduzione, ovvero il suo accompagnamento coattivo dal luogo di detenzione all’aula di tribunale.

Ravvisando una grave violazione del diritto di difesa, l’imputato, tramite il suo legale, ha presentato ricorso per cassazione, lamentando proprio la mancata celebrazione del processo alla sua necessaria presenza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha quindi annullato la sentenza d’appello e ha disposto il rinvio del processo ad un’altra sezione della Corte di Appello di Catania per un nuovo giudizio. La decisione si basa sul principio inderogabile secondo cui la partecipazione dell’imputato al processo deve essere sempre garantita, specialmente quando questi si trova in uno stato di legittimo impedimento a comparire spontaneamente, come la detenzione domiciliare.

Le Motivazioni: la Tutela Assoluta del Diritto di Presenziare

La Cassazione, nelle sue motivazioni, ha riaffermato un orientamento consolidato delle Sezioni Unite. Il giudice ha il dovere, anche d’ufficio, di assicurare la presenza dell’imputato in aula, a meno che non vi sia una sua esplicita e inequivocabile rinuncia a comparire.

Nel caso specifico, sono stati evidenziati tre punti cruciali:

1. Conoscenza dello stato detentivo: La Corte d’Appello era pienamente consapevole che l’imputato fosse agli arresti domiciliari.
2. Legittimo impedimento: Lo stato di detenzione, anche domiciliare, costituisce un legittimo impedimento che non permette all’imputato di recarsi liberamente in tribunale. Ai fini del diritto di partecipazione, gli arresti domiciliari sono equiparati alla custodia in carcere.
3. Assenza di rinuncia: Non risultava agli atti alcuna dichiarazione con cui l’imputato avesse rinunciato a partecipare all’udienza.

Di conseguenza, la mancata disposizione della traduzione ha impedito illegittimamente la partecipazione dell’imputato al processo. Questa omissione integra una nullità di ordine generale, come previsto dall’art. 178, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, poiché ha violato il diritto di intervento dell’imputato. Tale nullità, essendo stata tempestivamente eccepita con il ricorso, ha portato all’inevitabile annullamento della sentenza.

Conclusioni

La sentenza in esame è un monito fondamentale sull’importanza del rispetto delle garanzie procedurali. Il diritto di presenziare non è un’opzione, ma una componente essenziale del diritto di difesa. Anche quando un processo sembra formalmente corretto, l’omissione di un atto dovuto come l’ordine di traduzione di un imputato detenuto inficia la validità dell’intero giudizio. Questa decisione riafferma che la giustizia non può prescindere dalla forma, perché è proprio attraverso il rigoroso rispetto delle regole procedurali che si tutela la sostanza dei diritti fondamentali dell’individuo.

Un imputato agli arresti domiciliari ha diritto di essere presente all’udienza di appello?
Sì, assolutamente. La sentenza chiarisce che la condizione di arresti domiciliari costituisce un legittimo impedimento a comparire. Pertanto, il giudice deve assicurare la presenza dell’imputato ordinandone la traduzione in aula, a meno che l’imputato stesso non abbia espressamente e in modo inequivocabile rinunciato a tale diritto.

Cosa succede se il giudice non ordina la traduzione dell’imputato detenuto?
La mancata traduzione dell’imputato legittimamente impedito, in assenza di una sua rinuncia a comparire, comporta una nullità di ordine generale del processo per violazione del diritto di intervento e di difesa. Di conseguenza, la sentenza emessa in tale udienza è invalida e deve essere annullata.

La richiesta di discussione orale da parte del difensore è sufficiente a tutelare l’imputato?
No. Sebbene la richiesta di discussione orale sia un importante atto difensivo, non sostituisce né esaurisce il diritto personale dell’imputato di essere fisicamente presente. Il giudice, una volta accolta la richiesta di udienza pubblica, ha il dovere autonomo di garantire anche la partecipazione dell’imputato, se detenuto, disponendo i mezzi necessari come la traduzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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