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Difetto di correlazione: Cassazione annulla condanna

Un ex militare, condannato per falso e tentata truffa per dichiarazioni non veritiere sul reddito per mantenere un alloggio di servizio, vede la sua condanna annullata dalla Cassazione. Il motivo è un grave difetto di correlazione: i fatti per cui è stato condannato (una dichiarazione del 2017 sul reddito) non erano stati contestati nel capo d’imputazione originale, che si riferiva ad altri anni e ad altre circostanze (possesso di immobili).

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Difetto di Correlazione: Annullata Condanna per Falso e Tentata Truffa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30445/2024) ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale penale: il difetto di correlazione tra l’accusa e la sentenza. Questo principio garantisce che nessun imputato possa essere condannato per un fatto diverso da quello che gli è stato formalmente contestato. Nel caso di specie, un ex sottufficiale, condannato in appello per falso e tentata truffa, ha visto la sua condanna completamente annullata proprio per la violazione di questa fondamentale garanzia difensiva.

I Fatti del Processo: Dalle False Dichiarazioni alla Condanna

La vicenda giudiziaria trae origine dalle dichiarazioni sostitutive presentate da un ex militare per mantenere il godimento di un alloggio di proprietà dell’Amministrazione Militare. L’accusa iniziale, formulata nel capo di imputazione, si riferiva a presunte false dichiarazioni rese negli anni dal 2012 al 2015, in cui l’imputato avrebbe attestato di non possedere altri alloggi di proprietà, al fine di ottenere un alloggio demaniale.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, pur dichiarando prescritti alcuni dei reati contestati, avevano confermato la responsabilità penale dell’uomo. Tuttavia, la condanna si basava su un fatto completamente diverso e successivo: una dichiarazione resa nel 2017, con la quale l’imputato aveva indicato un reddito familiare inferiore a quello reale (€ 26.207 anziché € 70.011) per ottenere una riduzione del canone di occupazione. Proprio questa dichiarazione sul reddito era stata posta a fondamento sia del reato di falso ideologico che di quello di tentata truffa.

Il Ricorso in Cassazione e il Difetto di Correlazione

La difesa ha impugnato la sentenza di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione, eccependo un vizio procedurale insanabile: la violazione degli articoli 521 e 522 del codice di procedura penale. In sostanza, si contestava che l’imputato era stato condannato per un fatto storico – la falsa dichiarazione sul reddito del 2017 – che non era mai stato menzionato nel capo di imputazione originale. Quest’ultimo, infatti, si limitava a contestare le dichiarazioni sulla disponibilità di altri immobili e si riferiva a un arco temporale che terminava nel 2015.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici hanno evidenziato come sia il reato di falsità ideologica che quello di tentata truffa, per i quali era stata confermata la condanna, esulassero completamente dalle imputazioni originarie.

Per quanto riguarda il reato di falso (art. 483 c.p.), la Corte ha specificato che il capo di imputazione si riferiva esclusivamente alle dichiarazioni sulla proprietà di altri alloggi negli anni 2012-2015. La condanna, invece, si fondava sulla dichiarazione reddituale del 5/6/2017, un fatto mai contestato e nemmeno menzionato nelle sentenze di merito come collegato a quegli anni.

Analogamente, per il reato di tentata truffa (art. 640 c.p.), l’accusa faceva riferimento agli “artifizi e raggiri descritti al capo 1”. Poiché il capo 1 non menzionava in alcun modo le dichiarazioni sul reddito, ne consegue che anche la condanna per tentata truffa, basata proprio sulla falsa attestazione reddituale finalizzata a ridurre il canone, era viziata da un insanabile difetto di correlazione. La sentenza impugnata, pertanto, era affetta da nullità per violazione del diritto di difesa dell’imputato.

Le Conclusioni: L’Importanza della Corretta Contestazione del Reato

La decisione della Cassazione si conclude con l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e di quella di primo grado. Questa formula significa che la condanna viene cancellata in via definitiva, poiché il processo si è basato su un’accusa non corrispondente ai fatti per cui è stata emessa la sentenza. La Corte ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica competente, che potrà, se lo riterrà opportuno, avviare un nuovo procedimento penale formulando una corretta imputazione.

Questa pronuncia ribadisce con forza che il capo di imputazione definisce l’oggetto del processo e delimita l’ambito del potere decisionale del giudice. Condannare un imputato per un fatto nuovo o diverso da quello contestato rappresenta una grave lesione del diritto di difesa, in quanto gli impedisce di preparare un’adeguata strategia processuale. Il principio di correlazione tra accusa e sentenza non è una mera formalità, ma un pilastro dello stato di diritto e del giusto processo.

Cosa significa ‘difetto di correlazione tra accusa e sentenza’?
Significa che un imputato non può essere condannato per un fatto storico diverso da quello che gli è stato formalmente contestato nel capo di imputazione. La sentenza deve corrispondere esattamente all’accusa, altrimenti è nulla perché lede il diritto di difesa.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna in questo caso specifico?
La Corte ha annullato la condanna perché l’imputato era stato accusato di aver falsamente dichiarato, tra il 2012 e il 2015, di non possedere altri immobili. La condanna, invece, si basava su un fatto completamente diverso: una falsa dichiarazione sul reddito familiare resa nel 2017. Questo fatto non era mai stato contestato nell’imputazione originale.

Qual è la conseguenza di un annullamento ‘senza rinvio’ per difetto di contestazione?
L’annullamento ‘senza rinvio’ cancella definitivamente la sentenza di condanna. Il processo basato su quella specifica imputazione si conclude. Tuttavia, la Corte ha ordinato di informare il Pubblico Ministero, il quale ha la facoltà, se lo ritiene, di avviare un nuovo procedimento penale con una nuova e corretta imputazione basata sui fatti emersi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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