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Dichiarazioni vittima irreperibile: il caso Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per rapina. Il ricorso si basava sulla presunta inutilizzabilità delle dichiarazioni della vittima irreperibile. La Corte ha confermato che la sua assenza, causata da fattori come l’emergenza Covid e motivi personali (viaggio e gravidanza), non costituiva una volontaria sottrazione al processo. Pertanto, le sue precedenti dichiarazioni sono state correttamente ritenute utilizzabili.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazioni Vittima Irreperibile: Quando Sono Valide nel Processo?

Nel sistema processuale penale, la testimonianza è uno dei pilastri su cui si fonda l’accertamento della verità. Ma cosa accade quando il testimone chiave, specialmente la persona offesa dal reato, diventa irreperibile? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo delicato tema, chiarendo le condizioni per l’utilizzabilità delle dichiarazioni della vittima irreperibile. Analizziamo il caso per comprendere i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Un’Accusa di Rapina e una Teste Chiave Assente

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per il reato di rapina, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando una questione di natura prettamente procedurale. Il punto centrale della sua difesa era l’asserita nullità della sentenza di primo grado. Secondo il ricorrente, la condanna si basava in modo decisivo sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa durante la fase delle indagini, dichiarazioni che non avrebbero dovuto essere utilizzate poiché la donna non si era presentata a testimoniare in aula.

L’Eccezione Processuale e il Tema delle Dichiarazioni Vittima Irreperibile

Il cuore del problema risiede nell’interpretazione dell’articolo 512-bis del codice di procedura penale. Questa norma consente, a determinate condizioni, di leggere e utilizzare in dibattimento le dichiarazioni rese in precedenza da un testimone che sia divenuto irreperibile. L’imputato sosteneva che l’assenza della vittima fosse una sua scelta volontaria di sottrarsi al contraddittorio, rendendo così le sue precedenti accuse inutilizzabili.

Tuttavia, la Corte d’Appello prima, e la Cassazione poi, hanno ricostruito diversamente la situazione. L’irreperibilità della donna non era frutto di una scelta elusiva, ma la conseguenza di una serie di circostanze oggettive e personali:

1. L’emergenza Covid-19: La pandemia aveva di fatto impedito lo svolgimento di un incidente probatorio, uno strumento che avrebbe permesso di ‘cristallizzare’ la sua testimonianza in una fase anticipata e con le garanzie della difesa.
2. Vicende Personali: La vittima si era allontanata per un periodo nel suo Paese d’origine e, successivamente, aveva affrontato una gravidanza.

Questi eventi, considerati nel loro insieme, dimostravano che l’assenza non era né legata a un fisiologico rientro definitivo nel Paese di provenienza, né a una volontaria sottrazione al confronto processuale.

Le Motivazioni della Corte: Valutazione dei Fatti e Limiti del Giudizio di Legittimità

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, in quanto generico e manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente valutato le circostanze, concludendo che lo stato di irreperibilità della persona offesa giustificava l’applicazione dell’art. 512-bis c.p.p. e, quindi, l’utilizzo delle sue dichiarazioni.

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il suo compito non è quello di riesaminare i fatti e le prove (come l’effettiva natura dell’irreperibilità), ma solo di verificare la corretta applicazione della legge. Tentare di ottenere una nuova valutazione del presupposto dell’irreperibilità in sede di legittimità costituisce una richiesta inammissibile. La Corte ha quindi confermato la decisione impugnata, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche dell’Ordinanza

Questa ordinanza riafferma che le dichiarazioni rese nella fase delle indagini da una vittima poi divenuta irreperibile possono essere legittimamente utilizzate nel processo, a patto che l’irreperibilità non sia dovuta a una sua scelta deliberata di sottrarsi al contraddittorio. Eventi eccezionali, come una pandemia, o situazioni personali significative possono costituire una valida giustificazione dell’assenza. Inoltre, viene ribadito il confine invalicabile tra il giudizio di merito, dove si valutano i fatti, e il giudizio di legittimità, dove si controlla solo la corretta interpretazione delle norme.

In quali circostanze le dichiarazioni rese da una vittima durante le indagini possono essere utilizzate in processo se questa diventa irreperibile?
Possono essere utilizzate quando l’irreperibilità non è causata da una volontaria sottrazione al contraddittorio dibattimentale. Nel caso specifico, l’emergenza Covid, un temporaneo ritorno nel Paese d’origine e una successiva gravidanza sono state ritenute cause che non denotavano una volontà di sottrarsi al processo.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché generico, manifestamente infondato e perché chiedeva alla Corte una nuova valutazione dei fatti (una ‘rivalutazione’) riguardo alle cause dell’irreperibilità della vittima. Questo tipo di valutazione è precluso alla Corte di Cassazione, che si occupa solo della corretta applicazione della legge.

Quale articolo di legge è stato al centro della decisione?
L’articolo centrale è stato il 512-bis del codice di procedura penale, che disciplina appunto l’acquisizione al dibattimento di dichiarazioni rese in precedenza da persone divenute irreperibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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