Dichiarazione Mendace per il Gratuito Patrocinio: La Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso
Con l’ordinanza n. 13884 del 2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il caso in esame riguarda una condanna per dichiarazione mendace ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, e la successiva dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione. Analizziamo la vicenda e le ragioni della Suprema Corte.
I Fatti del Processo e la Condanna
L’imputato era stato ritenuto responsabile, sia in primo grado che in appello, del reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. Questa norma punisce chiunque presenta dichiarazioni false o incomplete per ottenere l’accesso al patrocinio a spese dello Stato, comunemente noto come gratuito patrocinio. La Corte d’Appello di Caltanissetta aveva confermato la condanna, ritenendo provata la responsabilità dell’imputato.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Avverso la sentenza di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla responsabilità: Si contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzionalità della falsa dichiarazione, e si lamentava una motivazione carente sulla colpevolezza.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio: Si criticava la decisione dei giudici di merito riguardo alla quantificazione della pena e al bilanciamento delle circostanze attenuanti, ritenendo la motivazione insufficiente.
In sostanza, la difesa chiedeva alla Cassazione di riesaminare sia la ricostruzione dei fatti che le valutazioni discrezionali sulla pena.
La Decisione della Corte: La Distinzione tra Merito e Legittimità
La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno sottolineato che le doglianze presentate, pur essendo formalmente presentate come violazioni di legge, miravano in realtà a ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio e una diversa ricostruzione del fatto.
Questo tipo di valutazione, definita ‘giudizio di merito’, è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. Il ruolo della Corte di Cassazione, al contrario, è quello di effettuare un ‘sindacato di legittimità’: verificare cioè che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica, coerente e non contraddittoria.
Dichiarazione Mendace e Scelte sulla Pena: L’Insindacabilità
Anche per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio, la Corte ha ribadito la propria posizione. La determinazione della pena e il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti rappresentano una valutazione tipicamente discrezionale del giudice di merito.
Questo giudizio sfugge al controllo di legittimità, a meno che non sia il risultato di un puro arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e adeguata, basata su corretti criteri di inferenza e massime di esperienza, rendendo la sua decisione incensurabile in sede di Cassazione.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni dell’ordinanza si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. La Corte ha ribadito che le censure relative alla valutazione delle prove e alla ricostruzione del fatto sono precluse in sede di legittimità se la sentenza impugnata, come in questo caso, presenta un apparato argomentativo coerente e privo di vizi logici. Allo stesso modo, la motivazione sulla pena è considerata sufficiente anche quando si limita a evidenziare l’assenza di elementi positivi di valutazione a favore dell’imputato e a ritenere una certa soluzione (come l’equivalenza tra le circostanze) come la più idonea a garantire l’adeguatezza della sanzione.
Conclusioni
Questa pronuncia conferma che il ricorso per cassazione non è uno strumento per tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti di causa. Per avere successo, il ricorso deve evidenziare specifici errori di diritto o palesi illogicità nel ragionamento del giudice di grado inferiore. Qualsiasi tentativo di rimettere in discussione l’apprezzamento del materiale probatorio o le scelte discrezionali adeguatamente motivate è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito?
No, la Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità, non un nuovo giudizio di merito. Non riesamina le prove, ma si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Se la motivazione è congrua e priva di vizi logici, la valutazione dei fatti non può essere messa in discussione.
Quando la Corte di Cassazione può annullare una decisione sulla pena (trattamento sanzionatorio)?
Solo quando la decisione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. La valutazione delle circostanze e la determinazione della pena sono un giudizio discrezionale che, se sorretto da una motivazione sufficiente, sfugge al controllo di legittimità.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13884 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13884 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a TAURIANOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esamiNOME il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 95 d.P.R. 115/2002.
Rilevato che il ricorrente lamenta: 1. Violazione degli artt. 95 d.P.R. 115/2002, 131-bis cod. pen., 125 cod. proc. pen.; mancanza dell’elemento soggettivo del reato, vizio di motivazione; 2. Violazione degli artt. 133, 62-bis cod. pen. in relazione agli artt. 125, comma 3 e 546 cod. proc. pen.; mancanza di motivazione.
Ritenuto che la sentenza impugnata è assistita da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato che le deduzioni sviluppate nel primo motivo di ricorso, concernendo la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale
Ritenuto, quanto alle doglianze in tema di trattamento sanzioNOMErio, che il giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena ed anche quella che evidenzi l’assenza di positivi elementi di valutazione (ex multis Sez. 3, n. 26908 del 22/04/2004, COGNOME, Rv. 229298; Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, Piliero, Rv. 266460).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Pr GLYPH erqe