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Dichiarazione mendace: ricorso inammissibile

Un soggetto, condannato per aver presentato una dichiarazione mendace al fine di ottenere il patrocinio a spese dello Stato, ha proposto ricorso in Cassazione. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Secondo i giudici, i motivi del ricorso riguardavano il merito dei fatti e la valutazione della pena, aspetti che, se sorretti da una motivazione logica e coerente come nel caso di specie, non possono essere riesaminati in sede di legittimità.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione Mendace per il Gratuito Patrocinio: La Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso

Con l’ordinanza n. 13884 del 2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il caso in esame riguarda una condanna per dichiarazione mendace ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, e la successiva dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione. Analizziamo la vicenda e le ragioni della Suprema Corte.

I Fatti del Processo e la Condanna

L’imputato era stato ritenuto responsabile, sia in primo grado che in appello, del reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. Questa norma punisce chiunque presenta dichiarazioni false o incomplete per ottenere l’accesso al patrocinio a spese dello Stato, comunemente noto come gratuito patrocinio. La Corte d’Appello di Caltanissetta aveva confermato la condanna, ritenendo provata la responsabilità dell’imputato.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Avverso la sentenza di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla responsabilità: Si contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzionalità della falsa dichiarazione, e si lamentava una motivazione carente sulla colpevolezza.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio: Si criticava la decisione dei giudici di merito riguardo alla quantificazione della pena e al bilanciamento delle circostanze attenuanti, ritenendo la motivazione insufficiente.

In sostanza, la difesa chiedeva alla Cassazione di riesaminare sia la ricostruzione dei fatti che le valutazioni discrezionali sulla pena.

La Decisione della Corte: La Distinzione tra Merito e Legittimità

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno sottolineato che le doglianze presentate, pur essendo formalmente presentate come violazioni di legge, miravano in realtà a ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio e una diversa ricostruzione del fatto.

Questo tipo di valutazione, definita ‘giudizio di merito’, è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. Il ruolo della Corte di Cassazione, al contrario, è quello di effettuare un ‘sindacato di legittimità’: verificare cioè che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica, coerente e non contraddittoria.

Dichiarazione Mendace e Scelte sulla Pena: L’Insindacabilità

Anche per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio, la Corte ha ribadito la propria posizione. La determinazione della pena e il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti rappresentano una valutazione tipicamente discrezionale del giudice di merito.

Questo giudizio sfugge al controllo di legittimità, a meno che non sia il risultato di un puro arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e adeguata, basata su corretti criteri di inferenza e massime di esperienza, rendendo la sua decisione incensurabile in sede di Cassazione.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni dell’ordinanza si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. La Corte ha ribadito che le censure relative alla valutazione delle prove e alla ricostruzione del fatto sono precluse in sede di legittimità se la sentenza impugnata, come in questo caso, presenta un apparato argomentativo coerente e privo di vizi logici. Allo stesso modo, la motivazione sulla pena è considerata sufficiente anche quando si limita a evidenziare l’assenza di elementi positivi di valutazione a favore dell’imputato e a ritenere una certa soluzione (come l’equivalenza tra le circostanze) come la più idonea a garantire l’adeguatezza della sanzione.

Conclusioni

Questa pronuncia conferma che il ricorso per cassazione non è uno strumento per tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti di causa. Per avere successo, il ricorso deve evidenziare specifici errori di diritto o palesi illogicità nel ragionamento del giudice di grado inferiore. Qualsiasi tentativo di rimettere in discussione l’apprezzamento del materiale probatorio o le scelte discrezionali adeguatamente motivate è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito?
No, la Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità, non un nuovo giudizio di merito. Non riesamina le prove, ma si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Se la motivazione è congrua e priva di vizi logici, la valutazione dei fatti non può essere messa in discussione.

Quando la Corte di Cassazione può annullare una decisione sulla pena (trattamento sanzionatorio)?
Solo quando la decisione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. La valutazione delle circostanze e la determinazione della pena sono un giudizio discrezionale che, se sorretto da una motivazione sufficiente, sfugge al controllo di legittimità.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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