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Dichiarazione di domicilio: appello penale inammissibile

La Corte di Cassazione conferma l’inammissibilità di un appello penale per bancarotta fraudolenta a causa della mancata allegazione della dichiarazione di domicilio all’atto di impugnazione. L’ordinanza chiarisce che il deposito tardivo del documento o la semplice indicazione della residenza nell’atto non possono sanare il vizio, come previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione di Domicilio: L’Errore Formale che Costa l’Appello

Nel processo penale, la forma è sostanza. Un’omissione apparentemente minore può avere conseguenze drastiche, come l’impossibilità di far valere le proprie ragioni in un grado di giudizio superiore. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce questo principio con estrema chiarezza, focalizzandosi sull’obbligo di presentare la dichiarazione di domicilio contestualmente all’atto di appello. La mancata osservanza di questa regola, introdotta dalla recente riforma, comporta una sanzione inappellabile: l’inammissibilità del gravame.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato in primo grado dal Tribunale per il reato di bancarotta fraudolenta, decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Appello. Tuttavia, l’atto di appello veniva depositato senza un elemento fondamentale richiesto dalla legge: la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato ai fini delle notificazioni del giudizio di impugnazione. Accortosi dell’errore, il difensore trasmetteva il documento mancante circa venti giorni dopo, quando però il termine per appellare era già scaduto. La Corte di Appello, rilevata la violazione procedurale, dichiarava l’appello inammissibile.

La Decisione e le Motivazioni della Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che si fosse trattato di un mero disguido e che, in ogni caso, la residenza dell’appellante era indicata nell’intestazione dell’atto, luogo dove avrebbe potuto ricevere validamente le notifiche. La Suprema Corte, tuttavia, ha respinto categoricamente tali argomentazioni, confermando la decisione di inammissibilità. Le motivazioni addotte sono un’importante lezione sulla rigidità dei requisiti formali nel processo penale.

L’Intransigenza dell’Art. 581 c.p.p. sulla dichiarazione di domicilio

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. La Corte ha sottolineato tre punti cruciali:

1. Tempestività Assoluta: La norma prevede che la dichiarazione di domicilio sia depositata con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità. Non è ammesso un deposito successivo. Nel caso di specie, il documento era stato inviato quando il termine per presentare appello era già spirato, rendendo l’integrazione del tutto inefficace.
2. Nessuna Equipollenza: La semplice indicazione della residenza nell’intestazione dell’atto non può sostituire la formale dichiarazione o elezione di domicilio. La giurisprudenza consolidata richiede una specifica “manifestazione di volontà” della parte in ordine alla scelta del luogo per le notifiche, con la piena consapevolezza degli effetti legali di tale scelta.
3. Finalità della Norma: La disposizione, introdotta dalla riforma legislativa (d.lgs. n. 150/2022), mira a creare un’ulteriore e chiara condizione di ammissibilità per garantire la certezza e l’efficienza delle notificazioni nel giudizio di impugnazione. Permettere deroghe o sanatorie tardive ne vanificherebbe lo scopo.

Conclusioni

L’ordinanza in esame lancia un messaggio inequivocabile a tutti gli operatori del diritto: nel processo penale, le prescrizioni formali non sono semplici orpelli burocratici, ma requisiti essenziali per la validità degli atti. La mancata allegazione della dichiarazione di domicilio all’atto di appello è un vizio insanabile che preclude l’accesso al giudizio di secondo grado. La decisione della Cassazione cristallizza la severità della nuova normativa, evidenziando come un errore procedurale possa compromettere irrimediabilmente il diritto di difesa, impedendo al giudice di entrare nel merito delle ragioni dell’imputato.

È possibile sanare la mancata allegazione della dichiarazione di domicilio all’atto di appello con un deposito successivo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la dichiarazione deve essere presentata contestualmente all’atto di impugnazione. Un deposito successivo, specialmente se effettuato dopo la scadenza del termine per appellare, non può sanare l’inammissibilità.

L’indicazione della residenza dell’imputato nell’intestazione dell’atto è sufficiente a sostituire la dichiarazione di domicilio?
No, non è sufficiente. La Suprema Corte ha chiarito che la semplice menzione della residenza non equivale alla formale dichiarazione o elezione di domicilio richiesta dalla legge, per la quale è necessaria una specifica manifestazione di volontà da parte dell’imputato.

Qual è la conseguenza diretta della mancata presentazione della dichiarazione di domicilio insieme all’atto di impugnazione?
La conseguenza, prevista espressamente dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, è la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione. Ciò significa che l’appello non viene esaminato nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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