Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30097 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30097 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
Sui ricorsi presentati da:
COGNOME NOME, nato a Prato il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Firenze il DATA_NASCITA,
avverso l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Prato del 24/11/2023.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 novembre 2023 il Tribunale di Prato ha convalidato la misura del divieto di accedere agli stadi ed ai luoghi in cui si svolgono competizioni sportive agonistich adottata dal Questore di Prato in data 21 novembre 2023 nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, con obbligo di presentazione presso la locale autorità di P.S., rideterminandone la durata in anni tre.
Avverso l’ordinanza del G.I.P. toscano i due sottoposti proponevano, tramite il comune difensore, ricorso disgiunto per cassazione, i cui contenuti sono sostanzialmente sovrapponibili.
2.1. Il ricorso di NOME COGNOME.
2.1.1. Con il primo motivo, la difesa contesta il travisamento del fatto, manifesta illogicit contraddittorietà della motivazione in relazione ad atti del procedimento. Il GIP non solo non ha ben letto la memoria difensiva ma non ha compreso il contenuto degli atti a sua disposizione, omettendo di visionare il filmato su cui si fonda il provvedimento, limitandosi ad un fermo immagine.
Nessuna condotta violenta, oltraggiosa o minacciosa è riconducibile al COGNOME, come si evince anche dalla informativa in atti.
2.1.2. Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione.
Il giudice esclude la recidiva proposta dal Questore, ma ciò avrebbe dovuto determinare un ripensamento della stessa pericolosità posta alla base della misura, anche in riferimento alla durata della misura.
2.2. GLYPH Il ricorso di NOME COGNOME.
2.2.1. Con il primo motivo, la difesa contesta il travisamento del fatto, manifesta illogicit contraddittorietà della motivazione in relazione ad atti del procedimento. Il GIP non solo non ha ben letto la memoria difensiva ma non ha compreso il contenuto degli atti a sua disposizione, omettendo di visionare il filmato su cui si fonda il provvedimento, limitandosi ad un fermo immagine.
Nessuna condotta violenta, oltraggiosa o minacciosa è riconducibile al COGNOME, come si evince anche dalla informativa in atti.
2.2.2. Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione.
Il giudice esclude la recidiva proposta dal Questore, ma ciò avrebbe dovuto determinare un ripensamento della stessa pericolosità posta alla base della misura, anche in riferimento alla durata della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Il primo motivo di entrambi i ricorsi è inammissibile.
Dal provvedimento impugnato emerge infatti come i due sottoposti fossero personalmente conosciuti dal funzionario COGNOME oggetto delle contumelie e delle minacce, e che il COGNOME sia stato immortalato proprio al centro del cancello, ricostruzione fattuale che non può costituir oggetto di scrutinio di legittimità.
Ed infatti, il Collegio sottolinea come, anche a seguito della modifica apportata all’art. 60 comma 1, lett. e), cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (v., ex plurimis, Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217).
Il motivo è pertanto inammissibile.
Il secondo motivo di ricorso, comune a entrambi i ricorrenti, è manifestamente infondato, oltre che generico.
Non è dato infatti comprendere come l’eliminazione della recidiva (in ragione della risalenza dei precedenti DASPO), con conseguente rimodulazione della durata della prescrizione, si dovrebbe porre in contrasto con il requisito della pericolosità sociale, che costituisce invero ratio della misura, e della cui sussistenza il giudice ha ampiamente motivato all’interno del provvedimento.
4. I ricorsi vanno pertanto dichiarati inammissibili.
Alla declaratoria dell’inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc pen., l’onere delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi pe ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 04/06/2024.