LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Conversazione con l’avvocato: quando è utilizzabile?

La Corte di Cassazione ha stabilito che una conversazione con l’avvocato, se ascoltata casualmente dalla polizia giudiziaria senza alcuna attività di intercettazione, è pienamente utilizzabile. Il caso riguardava un uomo indagato per detenzione di stupefacenti che, in presenza degli agenti, telefonava al proprio difensore ammettendo il ritrovamento della droga. La Corte ha rigettato il ricorso, sottolineando che le tutele legali non si applicano quando è l’indagato stesso a non proteggere la riservatezza del colloquio. Inoltre, la decisione era sorretta anche da altri elementi di prova (la cosiddetta “prova di resistenza”).

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conversazione con l’avvocato: quando può essere usata come prova?

La riservatezza del dialogo tra un indagato e il proprio difensore è un pilastro del diritto di difesa. Ma cosa succede se questa conversazione con l’avvocato avviene in presenza della polizia? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 32556/2025) chiarisce i confini tra tutela della difesa e utilizzabilità delle prove, stabilendo un principio fondamentale: l’ascolto casuale da parte degli agenti non equivale a un’intercettazione illegale.

I Fatti del Caso

Un uomo veniva sottoposto a misura di custodia cautelare in carcere perché gravemente indiziato del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nello specifico, durante una perquisizione, venivano rinvenuti quasi 2 kg di hashish e una piccola quantità di cocaina. La droga era stata trovata in parte addosso all’indagato e in parte nell’abitazione della sua compagna, con cui conviveva e di cui possedeva le chiavi.

Durante le operazioni di polizia, l’indagato chiedeva di poter contattare il suo avvocato di fiducia. Ottenuto il permesso, effettuava la chiamata in presenza degli agenti e, nel corso del colloquio, riferiva al legale del ritrovamento di “due kg. di sostanza stupefacente”. Gli operatori di polizia giudiziaria annotavano il contenuto di questa conversazione.

Il Ricorso in Cassazione: Inutilizzabilità della Conversazione con l’Avvocato

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione dell’art. 103 del codice di procedura penale, che tutela le comunicazioni tra assistito e difensore. Secondo il ricorrente, la conversazione era inutilizzabile perché avvenuta tra un indagato e il suo avvocato, e la sua documentazione da parte della polizia costituiva una violazione del diritto di difesa. La tesi difensiva mirava a far dichiarare nullo l’elemento probatorio derivante da quel colloquio, ritenuto decisivo per l’emissione del provvedimento restrittivo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato per due ragioni principali, tra loro complementari.

1. L’irrilevanza della prova contestata e la “Prova di Resistenza”

In primo luogo, i giudici hanno applicato il principio della cosiddetta “prova di resistenza”. Hanno cioè valutato se, anche eliminando la conversazione contestata, gli altri elementi a carico dell’indagato fossero comunque sufficienti a sostenere la misura cautelare. La risposta è stata affermativa: la convivenza con la compagna, il possesso delle chiavi dell’appartamento dove era custodito l’ingente quantitativo di droga e il ritrovamento di una dose sulla sua persona costituivano già un quadro indiziario grave e congruo. La conversazione, quindi, non era l’unico pilastro su cui si reggeva l’accusa, ma un elemento aggiuntivo.

2. Ascolto Casuale vs. Intercettazione Illegale: La Conversazione con l’Avvocato non era protetta

Il punto cruciale della sentenza riguarda però la natura dell’acquisizione della prova. La Corte ha operato una distinzione netta tra le intercettazioni di comunicazioni (art. 266 e segg. c.p.p.), che sono attività di captazione occulta svolte con strumenti tecnici, e l’ascolto casuale di una conversazione.

Le garanzie previste dall’art. 103 c.p.p. sono finalizzate a impedire che lo Stato ponga in essere attività investigative intrusive (perquisizioni, sequestri, intercettazioni) volte a scoprire il contenuto dei colloqui difensivi. In questo caso, però, non c’è stata alcuna attività di questo tipo. La polizia giudiziaria non ha “intercettato” la chiamata; ha semplicemente ascoltato ciò che l’indagato ha detto volontariamente in loro presenza.

È stato l’indagato stesso a scegliere di non tutelare la riservatezza del proprio colloquio, parlando liberamente di fronte agli agenti. In una situazione del genere, gli operatori di polizia diventano meri testimoni di un fatto che si svolge davanti a loro e hanno il dovere di documentarlo. La loro condotta non è stata in alcun modo una stimolazione o una violazione indebita della privacy, ma una conseguenza diretta del comportamento dell’indagato.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di grande importanza pratica: il diritto di difesa e la riservatezza delle comunicazioni con il proprio legale sono sacrosanti, ma non operano come uno scudo assoluto contro la negligenza dell’indagato. Se una persona sceglie di parlare con il proprio avvocato in un contesto non riservato, come la presenza di agenti di polizia, quanto viene udito può essere legittimamente acquisito come prova. La tutela legale protegge da intrusioni attive dello Stato, non dalle conseguenze delle proprie azioni imprudenti.

Una conversazione tra un indagato e il suo avvocato può essere usata come prova?
In linea di principio no, se ottenuta tramite attività di intercettazione vietate dalla legge. Tuttavia, come chiarito da questa sentenza, se la polizia ascolta casualmente il colloquio perché l’indagato sceglie di parlare in loro presenza, la descrizione di quanto udito è utilizzabile come prova.

Cos’è la “prova di resistenza” menzionata nella sentenza?
È una valutazione giuridica con cui il giudice verifica se un provvedimento (come una misura cautelare) rimarrebbe valido e giustificato anche eliminando una specifica prova contestata. Se le altre prove a carico sono sufficienti a sorreggere la decisione, il provvedimento “resiste” e il motivo di ricorso viene rigettato.

Perché in questo caso la telefonata all’avvocato è stata considerata utilizzabile?
Perché non si è trattato di un’intercettazione illegale, ma di un ascolto casuale. La polizia giudiziaria non ha messo in atto alcuna tecnica per captare la conversazione. È stato l’indagato stesso a rendere pubblica la comunicazione, parlando in presenza degli agenti, i quali sono così diventati testimoni diretti del fatto e lo hanno potuto legittimamente documentare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati