Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14949 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14949 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso di NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA (CUI CODICE_FISCALE), avverso la sentenza in data 20/02/2023 della Corte di appello di Ancona, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al diniego della continuazione esterna, e l’inammissibilità del ricor nel resto, lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 20 febbraio 2023 la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza in data 10 dicembre 2020 del Tribunale di Ancona che aveva condannato NOME COGNOME alle pene di legge per la detenzione in concorso con soggetto giudicato separatamente di grammi 217,958 di eroina.
Ricorre per cassazione l’imputato sulla base di due motivi.
Con il primo deduce la violazione di legge in relazione all’art. 81 cod. pen., perché era stata rigettata la richiesta di continuazione tra il fatto del presente procedimento e il fatto accertato dal Tribunale di Macerata cori sentenza n. 687 del 9 maggio 2014, parzialmente riformata dalla Corte di appello di Ancona con sentenza n. 582 del 5 febbraio 2016, irrevocabile il 21 gennaio 2019.
Espone che per il fatto del presente procedimento la pena irrogata era stata di anni 6 di reclusione ed euro 26.000 di multa, mentre la pena per il fatto accertato dal Tribunale di Macerata era stata determinata in anni 1, mesi 8 di reclusione ed euro 5.000 di multa, ritenuta l’ipotesi del quinto comma dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, con la recidiva qualificata e la continuazione interna. Sostiene che, erroneamente, la Corte territoriale aveva rigettato la sua richiesta, ritenendo che nel caso specifico ricorresse il presupposto dell’art. 81, quarto comma, cod. pen., con trattamento sanzionatorio deteriore, perché, al contrario, il suddetto presupposto non si era verificato, in quanto la dichiarazione di recidiva qualificata era stata compiuta in data successiva alla commissione del fatto oggetto del presente procedimento.
Con il secondo eccepisce la violazione di legge e il difett:o di motivazione, perché l’accertamento di responsabilità era stato basato sulle intercettazioni telefoniche non sottoposte ad adeguato vaglio critico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato in merito al secondo motivo relativo alla responsabilità, che va trattato per primo per ragioni di ordine logico.
I Giudici di merito, hanno ricostruito in fatto, sulla base dei servizi di osservazione e delle intercettazioni telefoniche, che l’imputato ha concorso nella detenzione dell’eroina trovata nella disponibilità del complice, avendo partecipato attivamente a tutte le operazioni di acquisto e di trasporto della merce. E’ pacifico che, in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (tra le più recenti, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337-01). Nel caso in esame, il ricorrente non ha contestato il contenuto delle intercettazioni, ma la sufficienza della prova, il che di per sé confina la doglianza nella genericità. Il ricorrente, infatti, non si è confrontato con la motivazione che ha riportato ampi stralci delle conversazioni relative all’operazione illecita in atti.
E’ fondato, invece, il primo motivo.
Nel presente procedimento l’imputato è stato condannato alla pena di anni 6 di reclusione ed euro 26.000 di multa per la detenzione in concorso di 217,958 grammi di eroina.
Nella memoria integrativa presentata nel giudizio di appello aveva chiesto la continuazione con i fatti accertati dal Tribunale di Macerata, con sentenza parzialmente riformata in appello, diventata irrevocabile.
La Corte territoriale ha negato la continuazione perché la pena complessivamente irrogata per il reato da mettere in continuazione era stata di anni 1, mesi 8 di reclusione ed euro 5.000 di multa, così calcolata: pena base, mesi 9 di reclusione ed euro 1.800 di multa per il fatto riqualificato ai sensi del comma quinto dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, aumentata per la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale ad anni 1, mesi 3 di reclusione ed euro 3.000 di multa, ulteriormente aumentata per la continuazione ad anni 1, mesi 8 di reclusione ed euro 5.000 di multa. Secondo la Corte di appello, la presenza della recidiva qualificata avrebbe determinato l’operatività dell’art. 81, comma quarto, cod. pen., che contempla un aumento di pena non inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave, quindi un aumento almeno di anni 2 di reclusione ed euro 8.666,00 di multa, superiore alla pena irrogata per il reato da mettere in continuazione, il che avrebbe portato a un trattamento sanzionatorio più sfavorevole all’imputato.
L’assunto è scorretto. E’ pacifico in giurisprudenza che il limite di aumento minimo per la continuazione, pari ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave, previsto dall’art. 81, comma quarto, cod. pen., si applica nei soli casi in cui l’imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa precedentemente al momento della commissione dei reati per i quali si procede (Sez. 4, n. 22545 del 13/09/2018, dep. 2019, Dal Pan, Rv. 276268 – 01).
Nel caso in esame, il reato del presente procedimento è stato commesso il 30 novembre 2009, mentre l’accertamento della recidiva qualificata per il reato da mettere in continuazione è avvenuto con sentenza del 2014, irrevocabile nel 2016. Pertanto, non sussiste il presupposto applicativo dell’art. 81, comma quarto, cod. pen., e rimane solo il limite del comma terzo, per cui la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.
La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per valutare la sussistenza dei presupposti della continuazione come invocata dal ricorrente.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia limitatamente all’applicabilità della continuazione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso
Così deciso, il 3 novembre 2023
Il Presidente
Il Consigliere estensore