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Contestazione suppletiva: potere del PM e limiti del giudice

La Cassazione ha annullato una sentenza che negava al PM il potere di effettuare una contestazione suppletiva per furto aggravato. Il giudice di merito aveva errato nel ritenere tardiva la richiesta, dichiarando l’improcedibilità per mancanza di querela. La Suprema Corte ha ribadito che la contestazione suppletiva è un potere-dovere del PM esercitabile fino alla chiusura del dibattimento, non sindacabile dal giudice.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione suppletiva: il potere del PM non può essere bloccato dal giudice

Con la sentenza n. 15111 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: i limiti e i poteri relativi alla contestazione suppletiva da parte del Pubblico Ministero (PM) durante il dibattimento. La Suprema Corte ha chiarito che il giudice non può dichiarare inammissibile o tardiva una nuova contestazione basandosi sul decorso dei termini per la presentazione della querela, riaffermando la natura di potere-dovere insindacabile dell’accusa nell’adeguare l’imputazione alle risultanze processuali.

I fatti del caso

Il caso trae origine da un’imputazione per furto di energia elettrica, aggravato ai sensi dell’art. 625 c.p., commesso per un lungo periodo di tempo. A seguito della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), il reato di furto semplice è divenuto procedibile a querela di parte. Nel corso del dibattimento, il Tribunale ha rilevato che era decorso il termine di novanta giorni per presentare la querela, orientandosi verso una declaratoria di improcedibilità.

Di fronte a questa prospettiva, il Pubblico Ministero manifestava la volontà di procedere a una contestazione suppletiva, introducendo l’ulteriore aggravante della destinazione del bene a pubblico servizio (energia elettrica, art. 625, n. 7 c.p.). Tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando l’ostacolo della mancanza di querela. Sorprendentemente, il Tribunale rigettava la richiesta, ritenendola tardiva, e pronunciava sentenza di non doversi procedere.

L’errore del Tribunale secondo la Cassazione

Il Procuratore della Repubblica ricorreva per cassazione, lamentando una violazione di legge. La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso, censurando la decisione del giudice di primo grado. La sentenza impugnata è stata ritenuta illegittima perché ha indebitamente limitato l’esercizio dell’azione penale, che l’art. 112 della Costituzione affida in via esclusiva al PM.

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la contestazione suppletiva ai sensi degli artt. 516 e 517 c.p.p. è un potere esclusivo del PM, che può essere esercitato fino alla chiusura dell’istruttoria dibattimentale. Il giudice non ha il potere di effettuare un sindacato preventivo sull’ammissibilità o sulla tempestività di tale atto, ma deve semplicemente prenderne atto e provvedere sulla nuova imputazione così modificata, garantendo i diritti della difesa.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura stessa del processo accusatorio. Il PM ha il dovere di adeguare l’accusa a ciò che emerge nel corso del dibattimento, per assicurare la necessaria correlazione tra l’imputazione e la sentenza. Negare questo potere significa svuotare di significato l’esercizio dell’azione penale e creare una frattura nel sistema. Il Tribunale, anticipando la decisione e dichiarando l’improcedibilità prima di consentire la modifica dell’accusa, ha determinato un vulnus al principio del contraddittorio e ha violato le norme procedurali che disciplinano le nuove contestazioni.

La Cassazione ha inoltre precisato che le garanzie per l’imputato sono pienamente tutelate dall’art. 519 c.p.p., che gli consente di chiedere un termine a difesa per prepararsi sulla nuova accusa. La decisione del Tribunale, invece, ha creato una paralisi processuale ingiustificata, precludendo l’accertamento completo del fatto-reato.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata. Per i fatti più risalenti, coperti da prescrizione, l’annullamento è stato disposto senza rinvio. Per la parte di condotta non ancora prescritta, gli atti sono stati restituiti al Tribunale di Siracusa, in diversa composizione, per la prosecuzione del giudizio. La sentenza riafferma con forza un caposaldo del nostro sistema processuale: il potere di contestazione suppletiva è uno strumento fondamentale nelle mani del PM per garantire la completezza dell’azione penale, e il giudice non può interferire con il suo esercizio.

Può il giudice del dibattimento rifiutare una contestazione suppletiva del Pubblico Ministero ritenendola tardiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità o tempestività della contestazione, che è un potere esclusivo e doveroso del PM esercitabile fino alla chiusura dell’istruttoria dibattimentale.

La modifica del regime di procedibilità di un reato (da d’ufficio a querela) può bloccare la contestazione di un’aggravante che renderebbe il reato nuovamente procedibile d’ufficio?
No. Se il processo è stato validamente avviato, il Pubblico Ministero mantiene il potere di adeguare l’imputazione a quanto emerge dagli atti, anche se ciò comporta una modifica del regime di procedibilità del reato contestato.

Quali sono le garanzie per la difesa in caso di contestazione suppletiva?
L’imputato ha il diritto, previsto dall’art. 519 cod.proc.pen., di chiedere al giudice la concessione di un termine a difesa, non inferiore a venti giorni, per poter adeguatamente contrastare la nuova accusa o la circostanza aggravante contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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