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Contestazione suppletiva: il PM può modificare l’accusa

La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice non può impedire al Pubblico Ministero di effettuare una contestazione suppletiva, ovvero di modificare o integrare l’accusa durante il dibattimento. Il caso riguardava un furto di energia elettrica, divenuto improcedibile per mancanza di querela a seguito della Riforma Cartabia. Il PM aveva tentato di aggiungere un’aggravante che avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, ma il Tribunale aveva respinto la richiesta come tardiva. La Cassazione ha ritenuto illegittima la decisione del Tribunale, affermando il potere-dovere del PM di modificare l’imputazione. Tuttavia, ha annullato la sentenza senza rinvio poiché il reato era nel frattempo caduto in prescrizione.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva: la Cassazione Ribadisce il Potere del Pubblico Ministero

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 15099/2024) ha riaffermato un principio cardine del processo penale: il potere del Pubblico Ministero di procedere a una contestazione suppletiva non può essere sindacato o impedito dal giudice del dibattimento. Questa pronuncia offre spunti fondamentali sul rapporto tra accusa e organo giudicante, specialmente alla luce delle recenti modifiche normative introdotte dalla Riforma Cartabia.

I Fatti di Causa: Un’Accusa di Furto e un Cambio di Procedibilità

Il caso trae origine da un’accusa di furto aggravato di energia elettrica. L’imputato era accusato di essersi impossessato di elettricità tramite un allaccio abusivo alla rete, escludendo la registrazione dei consumi. A seguito della Riforma Cartabia (D.lgs. 150/2022), il delitto di furto semplice è divenuto procedibile a querela di parte. Nel caso di specie, la società erogatrice dell’energia non aveva sporto querela entro il termine di novanta giorni previsto dalla nuova normativa.

Di fronte a questa situazione, il Tribunale di primo grado si apprestava a dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale. Tuttavia, durante l’udienza, il Pubblico Ministero ha chiesto di modificare il capo d’imputazione, introducendo un’ulteriore circostanza aggravante: quella prevista dall’art. 625, n. 7, c.p., per aver sottratto un bene destinato a pubblico servizio. Tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando così l’ostacolo della mancanza di querela.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso in Cassazione

Contrariamente alle aspettative, il Tribunale ha rigettato la richiesta del PM, considerandola tardiva. Secondo il giudice di merito, una volta decorso il termine per la querela, l’azione penale era divenuta irrimediabilmente improcedibile, e tale condizione precludeva qualsiasi modifica successiva dell’imputazione. Di conseguenza, il Tribunale ha emesso una sentenza di non doversi procedere.

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato questa decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge. A suo avviso, il potere di effettuare una contestazione suppletiva ai sensi dell’art. 517 c.p.p. è un potere-dovere dell’accusa che può essere esercitato fino alla chiusura dell’istruttoria dibattimentale, senza che il giudice possa opporre un diniego.

Le Motivazioni della Cassazione: Piena Autonomia del PM nella Contestazione Suppletiva

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni del Procuratore. Gli Ermellini hanno chiarito che, in tema di nuove contestazioni, il giudice non ha alcun potere di sindacato preventivo sull’ammissibilità della modifica proposta dal PM. Effettuare una nuova contestazione è un potere esclusivo del Pubblico Ministero, inerente all’esercizio dell’azione penale, la cui obbligatorietà è sancita dall’art. 112 della Costituzione.

L’articolo 517 c.p.p. stabilisce che il PM “contesta” all’imputato la circostanza aggravante emersa dagli atti, senza prevedere alcuna autorizzazione o consenso da parte del giudice. Questa formulazione si differenzia da quella dell’art. 518 c.p.p. (relativa a un fatto nuovo), dove è previsto che il presidente del collegio “può autorizzarla”.

La decisione del Tribunale di bloccare la contestazione suppletiva è stata quindi definita illegittima, in quanto ha comportato un’indebita ingerenza nelle prerogative dell’accusa e una lesione del principio del contraddittorio. Il Tribunale, anziché dichiarare l’improcedibilità, avrebbe dovuto prendere atto della nuova imputazione e procedere con il giudizio, garantendo all’imputato i termini a difesa previsti dall’art. 519 c.p.p.

Le Conclusioni

Nonostante la fondatezza del ricorso, la Corte di Cassazione ha dovuto prendere atto di un’altra circostanza decisiva: l’intervenuta prescrizione del reato. I fatti risalivano al 2014 e, al momento della decisione, il termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi era ampiamente decorso. Pertanto, la Corte ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio, dichiarando l’estinzione del reato. Sebbene il principio di diritto sia stato affermato con forza, il decorso del tempo ha impedito che potesse trovare applicazione pratica nel caso specifico. La sentenza rimane tuttavia un punto di riferimento fondamentale per delineare i confini tra i poteri del giudice e quelli del Pubblico Ministero nel dinamismo del processo penale.

Può un giudice impedire al Pubblico Ministero di aggiungere un’aggravante durante il processo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la contestazione suppletiva è un potere esclusivo del Pubblico Ministero. Il giudice non può effettuare un controllo preventivo sull’ammissibilità della modifica, ma deve prenderne atto e proseguire il giudizio sulla base della nuova accusa.

Se un reato diventa improcedibile per mancanza di querela, il PM può ancora modificare l’accusa?
Sì. L’improcedibilità riguarda l’accusa nella sua formulazione originaria. Il PM conserva il potere di effettuare una contestazione suppletiva, ad esempio aggiungendo un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio. In tal caso, il processo deve continuare sulla base della nuova imputazione.

Cosa accade se un tribunale commette un errore procedurale ma nel frattempo il reato si prescrive?
In questa situazione, la Corte di Cassazione, pur riconoscendo l’errore del giudice di merito, è obbligata a dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione. Di conseguenza, la sentenza viene annullata senza rinvio, poiché non è più possibile celebrare un nuovo processo per un reato ormai estinto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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