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Concorso in estorsione: la sola presenza è reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato per tentata estorsione aggravata, confermando la custodia cautelare in carcere. La Corte ha stabilito che la mera presenza durante la formulazione di una richiesta estorsiva costituisce concorso in estorsione, in quanto rafforza l’effetto intimidatorio della minaccia e manifesta l’esistenza di un gruppo organizzato. Tale condotta rappresenta un contributo materiale e morale al delitto, sufficiente per affermare la responsabilità penale.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in estorsione: la sola presenza è reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17360 del 2024, ha affrontato un caso cruciale in materia di concorso in estorsione, stabilendo che la mera presenza fisica di un soggetto durante la reiterazione di una richiesta estorsiva può essere sufficiente a configurare la sua partecipazione al reato. Questa decisione conferma un orientamento rigoroso e sottolinea l’importanza del contributo, anche solo morale, nel rafforzamento del proposito criminoso.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva indagato per tentata estorsione aggravata e sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. La difesa presentava ricorso in Cassazione, sostenendo l’illogicità della motivazione che fondava i gravi indizi di colpevolezza sulla sola presenza fisica del suo assistito durante uno degli episodi delittuosi.

Secondo la ricostruzione, i coindagati si erano presentati presso la sede dell’attività commerciale della vittima per ribadire una richiesta estorsiva già formulata in precedenza. L’imputato era presente in quella circostanza. La difesa evidenziava come l’indagato non avesse partecipato alle fasi precedenti o successive dell’azione estorsiva e che, dopo un alterco tra un coindagato e un’altra persona, si fosse fermato a parlare amichevolmente con quest’ultima, un comportamento apparentemente incompatibile con un’intenzione criminale.

La Decisione della Corte sul concorso in estorsione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la decisione del tribunale pienamente corretta. Secondo gli Ermellini, nel contesto di un’estorsione, specialmente se connotata da modalità mafiose, la presenza di un soggetto accanto a chi formula la richiesta illecita non è un fatto neutro. Al contrario, essa costituisce un inequivocabile indice di concorso in estorsione, sia sotto il profilo materiale che morale.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la presenza fisica dell’indagato, insieme ai coimputati, ha svolto un preciso contributo causale al fatto delittuoso. Tale contributo si manifesta in due modi:

1. Contributo Materiale: L’azione di recarsi insieme sui luoghi del delitto rappresenta un supporto tangibile all’azione dei complici.
2. Contributo Morale: La presenza di più persone rafforza l’effetto intimidatorio della richiesta, comunicando alla vittima l’esistenza di un gruppo organizzato e determinato a raggiungere il proprio scopo. Non è necessario che la minaccia provenga da un “coro di voci”; è sufficiente l’assistenza e il contributo prestato a chi materialmente interloquisce con la vittima.

Inoltre, il tribunale aveva evidenziato un elemento cruciale emerso dalle dichiarazioni testimoniali: l’indagato stesso aveva minacciato la vittima, facendo esplicito riferimento alla precedente richiesta estorsiva avvenuta quindici giorni prima. Questo fatto dimostrava inequivocabilmente la sua piena consapevolezza e partecipazione al piano criminoso, rendendo irrilevante la sua condotta successiva, apparentemente amichevole.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel delitto di estorsione, il concorso di persone può configurarsi anche attraverso una condotta passiva come la mera presenza, se questa è idonea a rafforzare la pressione psicologica sulla vittima. La valutazione del giudice non deve limitarsi al singolo gesto, ma considerare l’intero contesto e il significato che la presenza di un individuo assume agli occhi della persona offesa. La decisione sottolinea come la partecipazione a un reato non richieda necessariamente un’azione esecutiva diretta, essendo sufficiente un contributo che agevoli o rafforzi l’azione altrui.

La semplice presenza fisica durante una richiesta estorsiva è sufficiente per essere considerati complici?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la mera presenza fisica può integrare il concorso in estorsione. Questo perché tale presenza rafforza l’effetto intimidatorio della richiesta e manifesta alla vittima l’esistenza di un gruppo organizzato, fornendo così un contributo materiale e morale al reato.

Che tipo di contributo è necessario per configurare il concorso in estorsione?
Non è necessaria un’azione diretta, come la pronuncia della minaccia. È sufficiente un contributo che agevoli o rafforzi l’azione criminale altrui. Nel caso di specie, la presenza fisica è stata considerata un contributo sia materiale (essersi recato sul posto con i complici) sia morale (rafforzamento dell’intimidazione).

Perché il comportamento amichevole tenuto dall’indagato dopo l’episodio minatorio non è stato considerato una prova della sua estraneità?
Il suo comportamento successivo è stato ritenuto irrilevante perché altre prove, in particolare le dichiarazioni testimoniali, dimostravano che l’indagato era pienamente a conoscenza del piano estorsivo e aveva egli stesso partecipato attivamente, facendo riferimento a una precedente richiesta di denaro. La sua piena consapevolezza del contesto criminale ha reso la sua presenza significativa ai fini del concorso nel reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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