Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30447 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30447 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/2023 della CORTE di APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore gener NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
L’AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO hanno concluso per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Bari confermava la responsabilità di NOME per reato di concorso nel delitto di estorsione aggravata dal ricorso all’uso del metodo mafioso. Si contestava a NOME di avere riscosso le rate del “pizzo” impost RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per conto del figlio detenuto, NOME COGNOME, appartenente al RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deducev
2.1. violazione di legge (artt. 110, 629 cod. pen.) e vizio di motivazione in o riconoscimento della responsabilità concorsuale per il delitto di estorsione: l d’appello non aveva considerato che (a) non sarebbe emersa la prova di un prevent
accordo tra coloro che aveva esercitato l’azione coercitiva e la ricorrente, ( sentenza di condanna a carico dei coimputati nulla proverebbe in ordine alla responsa della ricorrente, ma solo in ordine alla sussistenza dell’estorsione, compiuta da che la collaboratrice COGNOME avrebbe reso dichiarazioni non confortate da riscontri, tenuto conto che la stessa non avrebbe reso dichiarazioni espressamente riferibi condotta in giudizio; (d) che l’ultima consegna di denaro riscossa dalla ricorrente avvenuta nel 2013, prima dell’inizio degli attentati, come riferito dalla persona of che non sarebbe stato considerato il contegno della ricorrente in occasione delle con che indicherebbe uno stato emotivo incompatibile con il concorso, (f) che non sar stata valutata la tesi alternativa proposta dalla difesa, fondata sulle dichiarazioni COGNOME, che aveva affermato di avere affidato l’incarico di prelevare mensilme somma provento dell’estorsione a NOME, dicendole che era riferita ad un de di gioco, il che sarebbe rilevante per la valutazione della sussistenza dell’ soggettivo.
2.1.1. Il motivo non supera la soglia di ammissibilità in quanto si risolve nella di rivalutazione della capacità dimostrativa degli elementi di prova posti a sostegn conferma della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato contestat indica manifeste illogicità della motivazione, o discrasie decisive tra gli elementi quelli valutati.
Il tribunale, con motivazione persuasiva ed esaustiva, ha ritenuto sussistent indizi di colpevolezza del concorso di NOME COGNOME reato di estorsione aggravat ricorso al metodo mafioso: veniva rilevato che era incontestato che NOME COGNOME COGNOME di estorsione da parte di NOME COGNOMECOGNOME figlio della ricorrente ch incaricato la madre di riscuotere le somme provento dell’azione costrittiva.
Secondo la logica valutazione del tribunale era inverosimile che la ricorrente non consapevole del fatto che le somme riscosse fossero riferite ad un’azione estorsi versione alternativa allegata, ovvero che la ricorrente fosse convinta che la ris delegatale era relative a somme relative a debiti di gioco, secondo la logica valu dei giudici di merito non trovava alcuna conferma nelle emergenze procedimenta decisive al riguardo erano le modalità della riscossione, effettuata con cadenza me per conto del figlio detenuto in carcere per reati di criminalità organizzata (pa della sentenza impugnata).
L’attività concorsuale della ricorrente trovava ulteriore conferma nelle dichiar della collaboratrice NOME COGNOMECOGNOME COGNOME COGNOME ad accurato vaglio di attendibi giudizio a carico dei coimputati, che aveva riferito che la ricorrente, dopo l’ar figlio, sì era ripetutamente recata a casa loro pretendendo somme di denaro dal m NOME COGNOME motivate dalla detenzione del figlio per un omicidio consu nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE, così dimostrando piena consapevolezza e condivisione delle l
e delle prassi mafiose (pag. 8 della sentenza impugnata e pag. 10 della sentenza di primo grado).
La motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui conferma la gravità del quadro indiziario non si presta, dunque, ad alcuna censura in questa sede.
2.2. violazione di legge (art. 416-bis.l. cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso: non sarebbe emerso il coefficiente soggettivo necessario per ritenere sussistente l’aggravante in capo alla ricorrente, che non aveva preso parte alla stipula dell’accordo tra NOME e NOME, non aveva mai fatto ricors alla forza intimidatrice del gruppo criminale, né aveva mai evocato la pattuizione conclusa con NOME.
2.2.1. La doglianza è manifestamente infondata.
Il ricorrente non si confronta con la consolidata giurisprudenza configura l’aggravante del metodo mafioso come un’aggravante di natura oggettiva, che per essere attribuita ai concorrenti necessita di un coefficiente psicologico “minimo”, identificato dall’art. 59 co pen. nell’avere ignorato per colpa le condizioni che integrano la circostanza.
Nel caso in esame le modalità che hanno caratterizzato l’estorsione, ovvero il fatto che l’azione estorsiva fosse stata agita dai membri del RAGIONE_SOCIALE, che, tramite NOME COGNOME avevano delegato la riscossione mensile delle somme estorte a NOME COGNOME, esclude che la ricorrente non avesse il coefficiente soggettivo per l’imputazione dell’aggravante. L’estorsione prevedeva infatti il pagamento periodico del “pizzo”, tipica forma di espressione della costrizione generata dalle consorterie mafiose, le cui prassi erano conosciute e condivise dalla ricorrente.
2.3. Si invocava, da ultimo, il riconoscimento dell’attenuante della lieve entità previst dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 120 del 15 giugno 2023: si deduceva che la condotta sarebbe “lieve”, in quanto relativa ad un minimo segmento temporale, che non sarebbe stata caratterizzata dalla pronuncia di alcuna frase minacciosa, che la riscossione avrebbe riguardato somme di modesta entità, che la ricorrente era di fatto incensurata avendo a carico una sola contravvenzione; e, infine, che il comportamento successivo al reato non indicava alcuna ricaduta nell’illecito.
2.3.1. La doglianza è manifestamente infondata in quanto l’estorsione è stata consumata per un periodo significativo, risulta aggravata dal metodo mafioso, ma soprattutto, manifesta la piena condivisione delle prassi che caratterizzano l’azione dei gruppi di stampo mafioso, ovvero l’utilizzo del capitale criminale acquisito dal gruppo per sopraffare – con minacce anche “silenti” – le persone che operano nei circuiti economici legali; non ha, dunque, le caratteristiche per essere inquadrata in quella “lieve” posta a fondamento della pronuncia additiva della Corte costituzionale.
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 6 proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonc versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determin equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il giorno 25 giugno 2024
L’estensore
:1–Iresidente