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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputati contro una sentenza di ‘concordato in appello’. La Corte ribadisce che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, il ricorso è possibile solo per vizi di legalità e non per contestare la congruità della sanzione o il bilanciamento delle circostanze, in quanto elementi che rientrano nel patto processuale tra le parti.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i limiti all’impugnazione di una sentenza che ratifica tale accordo, stabilendo principi importanti sulla natura negoziale del patto e sul ruolo del giudice.

I Fatti del Caso

Due imputati, dopo una condanna in primo grado, avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello per una rideterminazione della pena. La Corte d’Appello, accogliendo la proposta di concordato in appello, riduceva la sanzione come pattuito. Nonostante l’accordo, gli imputati decidevano di ricorrere in Cassazione.

Uno di loro lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle aggravanti (essendo state giudicate equivalenti) e la mancata riduzione della pena accessoria. L’altro imputato, invece, contestava la carenza di motivazione della decisione della Corte territoriale.

La Decisione della Corte di Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. I giudici di legittimità hanno ribadito un orientamento consolidato: il controllo che la Corte d’Appello deve effettuare sulla pena concordata è limitato alla sua legalità, non alla sua congruità. Il concordato in appello è un negozio processuale liberamente stipulato dalle parti; il giudice può solo accogliere o rigettare la richiesta in blocco, senza poter modificare i termini dell’accordo.

Di conseguenza, elementi come il bilanciamento delle circostanze o la misura della pena accessoria, essendo parte integrante dell’accordo raggiunto, non possono essere successivamente contestati dagli imputati che vi hanno aderito volontariamente. L’unica eccezione è rappresentata dall’illegalità della pena, ad esempio se questa dovesse risultare al di fuori dei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato.

Limiti all’Impugnazione e Genericità del Motivo

La Corte ha inoltre specificato che il ricorso contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per motivi specifici, come quelli relativi a un vizio nella formazione della volontà di accedere al concordato. Sono invece inammissibili le doglianze su motivi a cui si è rinunciato o sulla determinazione della pena, se non illegale.

Per quanto riguarda il secondo ricorso, è stato giudicato inammissibile anche per la sua manifesta genericità, poiché si limitava a un’affermazione astratta senza argomentare in modo specifico i rilievi critici contro la decisione impugnata.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda sulla natura pattizia del concordato in appello. Quando l’imputato rinuncia ai motivi di appello per concordare la pena, la cognizione del giudice di secondo grado viene limitata ai soli aspetti non coperti dalla rinuncia. Questo produce un effetto preclusivo che si estende all’intero svolgimento processuale.

La rinuncia ai motivi relativi alla responsabilità, ad esempio, fa sì che su quel punto si formi il giudicato sulla base della sentenza di primo grado. L’accordo, riguardando solo la pena, cristallizza la questione della colpevolezza. Poiché la rinuncia è irretrattabile, l’imputato non può dolersi in un secondo momento degli esiti di un accordo che ha liberamente sottoscritto. Il controllo del giudice si concentra unicamente sulla verifica che la pena concordata non violi la legge, rientrando nella “forbice edittale” prevista per il reato contestato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la stabilità e l’efficacia del concordato in appello. Le conclusioni che se ne traggono sono chiare: la scelta di accedere a questo rito alternativo deve essere ponderata, poiché comporta una rinuncia definitiva a far valere determinate censure. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che, una volta siglato l’accordo e ratificato dal giudice, gli unici spiragli per un’impugnazione in Cassazione sono estremamente ristretti e legati a profili di illegalità della sanzione o a vizi del consenso, escludendo ogni contestazione nel merito della congruità della pena pattuita.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di ‘concordato in appello’ lamentando che la pena non sia stata ridotta a sufficienza?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che il controllo del giudice è limitato alla legalità della pena (cioè che rientri nei limiti previsti dalla legge) e non alla sua congruità o adeguatezza, poiché questi aspetti fanno parte dell’accordo liberamente stipulato tra le parti.

Cosa succede quando un imputato rinuncia ai motivi di appello per accedere al concordato?
La rinuncia è irretrattabile e produce un effetto preclusivo. Sui punti della decisione a cui si è rinunciato (ad esempio, la responsabilità penale) si forma il giudicato, ovvero diventano definitivi e non più contestabili. L’accordo si concentra solo sulla rideterminazione della pena.

Quali sono gli unici motivi per cui è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi che non sono stati oggetto di rinuncia, come quelli relativi alla formazione della volontà della parte (vizi del consenso), al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, o se la pena applicata risulta illegale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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