Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per l’imputato che, rinunciando ai motivi di gravame, può ottenere un accordo sulla pena con la Procura Generale. Tuttavia, questa scelta comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Con la recente ordinanza n. 15159/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi limiti del ricorso avverso una sentenza che ratifica tale accordo.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla condanna in primo grado di un individuo per tre episodi di truffa. In sede di appello, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo, formalizzato in un concordato in appello. La Corte di Appello, in parziale riforma della prima sentenza, accoglieva l’accordo, riconosceva la continuazione con un precedente reato e rideterminava la pena finale complessiva in tre anni e dieci mesi di reclusione e 1.250 euro di multa.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un unico motivo: la violazione di legge e la mancanza di motivazione in relazione alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale. Sostanzialmente, si contestava che il giudice d’appello non avesse valutato la sussistenza di evidenti cause di non punibilità prima di ratificare l’accordo.
Concordato in Appello e Limiti all’Impugnazione
L’istituto del concordato in appello si basa su una logica deflattiva e premiale. L’imputato rinuncia a contestare nel merito la sentenza di primo grado e, in cambio, ottiene una pena concordata, che il giudice può ratificare se la ritiene congrua. Questa rinuncia ai motivi di appello ha un effetto devolutivo decisivo: la cognizione del giudice viene circoscritta esclusivamente alla valutazione dell’accordo e non si estende più ai motivi originari del gravame.
La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha richiamato il suo consolidato orientamento. Il ricorso contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per motivi specifici, quali:
* Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
* Vizi relativi al consenso del Procuratore Generale.
* Contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo tra le parti.
Qualsiasi altro motivo, specialmente se relativo a questioni di merito rinunciate con l’accordo, è precluso.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha spiegato che le doglianze relative alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. sono inammissibili. Questo perché, una volta che l’imputato rinuncia ai motivi di appello per accedere al concordato in appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia.
L’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente le cause di non punibilità, sancito dall’art. 129 c.p.p., non può essere invocato in Cassazione quando la parte vi ha implicitamente rinunciato in appello per beneficiare di un accordo sulla pena. La scelta del concordato cristallizza la situazione processuale e preclude una riconsiderazione del merito della vicenda, salvo i vizi genetici dell’accordo stesso.
La Cassazione ha sottolineato che, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta perfezionata la rinuncia ai motivi, il giudice non ha più il potere di esaminare questioni come l’insussistenza di prove, la nullità degli atti o la presenza di circostanze aggravanti, poiché tali temi sono coperti dalla rinuncia stessa.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale della procedura penale: le scelte processuali hanno conseguenze irrevocabili. Il concordato in appello è uno strumento vantaggioso per l’imputato, ma implica la consapevole rinuncia a far valere gran parte delle proprie difese nel merito. Il ricorso per Cassazione contro tale sentenza è un rimedio eccezionale, esperibile solo per contestare la correttezza formale e sostanziale dell’accordo e non per riaprire una discussione sul merito della colpevolezza. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza che applica il concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà dell’imputato, il consenso del Procuratore Generale, o se la decisione del giudice è difforme dall’accordo raggiunto. Non è possibile lamentare questioni di merito a cui si è rinunciato.
Se accetto un concordato in appello, posso ancora chiedere alla Cassazione di prosciogliermi?
No. Secondo questa ordinanza, l’adesione al concordato implica la rinuncia ai motivi di appello, compresa la richiesta di una valutazione nel merito per un eventuale proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. Tale questione si considera rinunciata e non può essere riproposta in Cassazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver promosso un ricorso senza fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15159 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 15159 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Marostica il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 16/11/2023 della Corte di appello di Milano, quarta sezione penale; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato nelle forme del rito de plano ex art. 610, comma 5 -bis cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza in data 16/11/2023, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Milano in data 12/07/2022, in accoglimento del concordato tra le parti, ritenuta la continuazione rispetto ai fatti di cui alla sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Torino in data 23/07/2019, definitiva in data 20/07/2021, rideterminava la pena inflitta ad NOME COGNOME in relazione a tre episodi di truffa in mesi quattro di reclusione ed euro 200 di multa, così fissando la pena finale complessiva per l’unico reato continuato ritenuto in anni tre, mesi dieci,
giorni dieci di reclusione ed euro 1.250 di multa, confermando nel resto la pronuncia di primo grado.
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, per lamentare, quale motivo unico, i vizi di violazione di legge e di mancanza di motivazione in ordine alla mancata pronuncia di sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, COGNOME, Rv. 272969), alle questioni rilevabili d’ufficio (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, COGNOME, Rv. 273194), all’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME, Rv. 272853), all’insussistenza di circostanze aggravanti (Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018, COGNOME, Rv. 273755), in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, somma così determinata tenuto conto dei profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 07/02/2024.