Aumento di Pena: Quando la Decisione del Giudice Diventa Intoccabile
L’applicazione di un aumento di pena da parte di un giudice è uno dei momenti più delicati del processo penale. Ma fino a che punto questa decisione può essere contestata in sede di legittimità? Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio dei limiti del sindacato sul quantum della sanzione, specialmente quando la motivazione del giudice di merito appare logica e ben fondata.
I Fatti del Caso: Un Ricorso contro l’Aumento di Pena
Il caso analizzato riguarda il ricorso presentato da due persone condannate in appello per reati fiscali, specificamente per l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. 74/2000). Entrambi i ricorrenti contestavano, con un unico motivo, il vizio di motivazione della sentenza impugnata relativamente all’aumento di pena applicato ai sensi dell’art. 81 del codice penale, che disciplina il reato continuato.
In particolare, la Corte d’Appello aveva disposto:
* Un aumento di due mesi di reclusione per una degli imputati, giustificato dalla gravità del reato, dalla sua personalità (gravata da numerosi precedenti penali) e dal fatto che tale aumento fosse comunque inferiore al minimo legale.
* Un aumento di sei mesi di reclusione per l’altro imputato, considerato l’amministratore di fatto della società beneficiaria delle fatture false e, quindi, figura centrale nell’architettura della frode.
I ricorrenti ritenevano tali aumenti ingiustificati o, quantomeno, non adeguatamente motivati.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Questa decisione comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per i ricorrenti di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha sottolineato che non vi erano elementi per ritenere che i ricorrenti avessero proposto il ricorso “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, applicando così il rigido principio sancito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Le Motivazioni: Il Principio della Discrezionalità del Giudice
Il cuore della pronuncia risiede nel principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui le decisioni relative al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in Cassazione se sorrette da una motivazione che sia congrua, esauriente e idonea a dar conto del percorso logico-giuridico seguito dal giudice.
La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito; il suo compito non è stabilire se la pena sia ‘giusta’, ma solo se il giudice che l’ha determinata ha ragionato in modo corretto e senza contraddizioni. Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una giustificazione pienamente valida per l’aumento di pena inflitto a entrambi gli imputati. I criteri adottati (gravità del reato, precedenti penali, ruolo centrale nella commissione del fatto) sono parametri legittimi e la loro applicazione è stata spiegata in modo coerente.
Conclusioni: Limiti al Sindacato della Cassazione sull’Aumento di Pena
Questa ordinanza ribadisce un punto fondamentale: l’appello alla Corte di Cassazione per contestare l’entità della pena è una strada in salita. A meno che la motivazione del giudice di merito non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente, il ricorso sarà quasi certamente dichiarato inammissibile. La discrezionalità del giudice del merito nella commisurazione della pena è ampia e protetta da un sindacato di legittimità che si limita al controllo della razionalità del percorso argomentativo. Per gli operatori del diritto, ciò significa che le battaglie sulla quantificazione della pena devono essere combattute e vinte nei primi due gradi di giudizio, fornendo al giudice tutti gli elementi per una decisione ponderata e, in caso di appello, argomentando con precisione eventuali vizi logici della sentenza di primo grado.
È possibile contestare in Cassazione l’entità di un aumento di pena deciso da un giudice?
No, non è possibile contestare l’entità della pena se la decisione del giudice di merito è supportata da una motivazione congrua, esauriente e logica. La Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la decisione, ma solo verificare la correttezza del ragionamento giuridico seguito.
Quali fattori ha considerato la Corte d’Appello per giudicare corretto l’aumento di pena per i due imputati?
Per una imputata, la Corte ha considerato la gravità del reato e la sua personalità, gravata da numerosi precedenti penali. Per l’altro imputato, ha valorizzato il suo ruolo centrale nei fatti contestati, quale amministratore di fatto della società che beneficiava delle fatture false emesse da società ‘cartiere’.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di non avere colpa nel determinare la causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26673 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26673 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a GENOVA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a ACI CATENA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
COGNOME NOME NOME COGNOME NOME ricorrono per cessazione avverso la sentenza in e indicata, con la quale sono stati condannati per il reato di cui all’art. 2 d.lgs.74/2000 con unico e comune motivo di ricorso, vizio della motivazione in ordine al quantum di au di pena applicato ai sensi dell’art. 81 cod. pen.
Le determinazioni in ordine al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in cass ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter giuridico seguito dal giudicante. Nel caso in disamina, la Corte territoriale ha ri l’aumento di pena di mesi due di reclusione, stabilito per COGNOME NOMENOME non è susce alcuna diminuzione, in quanto congruo in relazione alla gravità del reato e alla pe dell’imputata, gravata da innumerevoli precedenti penali, nonché inferiore all’aumento m previsto dall’art. 81, comma quattro, cod. pen.
Allo stesso modo, la Corte territoriale ha ritenuto congruo l’aumento a titolo di conti di mesi sei di reclusione, disposto nei confronti di COGNOME NOME, amministrator della società beneficìaria delle fatture per operazioni inesistenti emesse da diverse soc natura di cartiera, in ragione della centralità del ruolo rivestito dal ricorrente in re contestati.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzi rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abb il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibili declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. pro l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processu versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente