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Appropriazione indebita: quando scatta il reato

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due imputate per appropriazione indebita. Il reato si è consumato con il trasferimento di beni acquistati con patto di riservato dominio a una società terza, prima del saldo del prezzo. Confermate le statuizioni civili nonostante la prescrizione del reato.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione Indebita e Riserva di Proprietà: L’Analisi della Cassazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 13961 del 2024, offre importanti chiarimenti sul reato di appropriazione indebita, specialmente nel contesto di una vendita con patto di riservato dominio. La vicenda riguarda la distrazione di macchinari industriali non ancora interamente pagati, trasferiti a una società terza per sottrarli al legittimo proprietario. Analizziamo insieme i fatti, il percorso giudiziario e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Sottrazione dei Macchinari

Una società acquistava dei macchinari tramite un contratto di vendita con patto di riservato dominio. Secondo questo accordo, la proprietà dei beni sarebbe passata all’acquirente solo dopo il pagamento integrale del prezzo. Tuttavia, prima di saldare il debito, l’amministratrice della società acquirente trasferiva i macchinari a un’altra azienda, riconducibile a sua madre.

Successivamente, la società acquirente falliva. Solo a seguito della dichiarazione di fallimento, la società venditrice scopriva che i beni non sarebbero stati restituiti, essendo stati ormai sottratti e ceduti. Di conseguenza, sporgeva querela per appropriazione indebita. Il Tribunale di primo grado condannava le due donne (madre e figlia), ma la Corte d’Appello, pur confermando la responsabilità civile, dichiarava il reato estinto per prescrizione.

La Decisione della Corte di Cassazione

Le imputate proponevano ricorso in Cassazione, sollevando tre motivi principali: la presunta tardività della querela, l’errato calcolo della prescrizione e l’erronea applicazione delle norme civilistiche sulla responsabilità.

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Ha stabilito che le questioni sollevate riguardavano una rivalutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità. Inoltre, ha ritenuto i motivi manifestamente infondati, confermando la correttezza della decisione della Corte d’Appello sia nella ricostruzione della vicenda che nell’applicazione delle norme.

Le Motivazioni: L’Inammissibilità del Ricorso per l’Appropriazione Indebita

Le motivazioni della Corte si concentrano su due aspetti fondamentali: la natura delle censure mosse dalle ricorrenti e la corretta applicazione della disciplina civilistica e penale.

La Consumazione del Reato e la Decorrenza dei Termini

La Corte ha ribadito che l’individuazione del momento esatto in cui il reato di appropriazione indebita si consuma (interversio possessionis) e del momento in cui la persona offesa ne ha piena consapevolezza (utile per il termine di querela) sono questioni di fatto. Queste valutazioni, se adeguatamente motivate e prive di vizi logici come nel caso di specie, non possono essere messe in discussione in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva correttamente individuato la consumazione del reato nel momento del trasferimento dei beni alla società della madre (dicembre 2015) e la piena conoscenza da parte della vittima solo con la pubblicazione della sentenza di fallimento (febbraio 2017).

La Responsabilità Civile e il Ruolo della Società Interposta

Anche il motivo relativo alle statuizioni civili è stato giudicato infondato. La Cassazione ha confermato l’analisi della Corte territoriale: la vendita con patto di riservato dominio non aveva trasferito la proprietà dei macchinari. L’atto di cederli e trasferirli alla ditta della madre, prima del saldo del prezzo, ha costituito l’azione appropriativa definitiva. La responsabilità della madre è stata giustificata dal suo ruolo di prestanome, avendo creato una società al solo scopo di interporsi nella vicenda e consentire la realizzazione della condotta illecita, come emerso dalle prove documentali e testimoniali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza è un importante promemoria su due fronti. In primo luogo, chiarisce che nel reato di appropriazione indebita di beni acquistati con riserva di proprietà, il momento cruciale è quello in cui il detentore compie un atto di disposizione del bene come se fosse il proprietario, manifestando la volontà di non restituirlo. In secondo luogo, evidenzia che la prescrizione del reato penale non estingue automaticamente le obbligazioni civili: la vittima conserva il diritto al risarcimento del danno, che può essere affermato e liquidato nello stesso processo penale.

Quando si commette il reato di appropriazione indebita in una vendita con patto di riservato dominio?
Il reato si perfeziona quando chi ha il possesso del bene, non ancora di sua proprietà, compie un atto di disposizione incompatibile con il diritto del proprietario, come cederlo o trasferirlo a terzi, manifestando così la volontà di appropriarsene definitivamente.

La prescrizione del reato penale cancella anche l’obbligo di risarcire il danno?
No. Come confermato in questa sentenza, le statuizioni civili possono sopravvivere all’estinzione del reato. Anche se l’azione penale si è prescritta, l’obbligo di risarcire il danno subito dalla parte civile rimane valido e può essere confermato dal giudice.

Perché la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi sollevati dalle imputate miravano a una nuova valutazione dei fatti (come la data esatta della commissione del reato o della conoscenza da parte della vittima), un’attività che spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non alla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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