Aggravante Mafiosa: Quando le False Accuse Portano all’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14818/2024, ha affrontato un caso significativo riguardante l’applicazione dell’aggravante mafiosa in relazione a condotte di favoreggiamento. La pronuncia chiarisce come la presentazione di un ricorso basato su una diversa valutazione dei fatti, già esaminati e ritenuti logici dai giudici di merito, conduca a una dichiarazione di inammissibilità. Questo principio assume particolare rilevanza quando le azioni dell’imputato, come false accuse e omissioni testimoniali, sono finalizzate a proteggere un clan criminale.
I Fatti del Caso e la Decisione della Corte d’Appello
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto contro la sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato la sua responsabilità penale con l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 c.p. (agevolazione di associazione di tipo mafioso). Il ricorrente, attraverso i suoi motivi di impugnazione, contestava la sussistenza di tale aggravante, riproponendo osservazioni già formulate e respinte nei gradi di giudizio precedenti.
La condotta specifica addebitata al ricorrente consisteva nell’aver rivolto false accuse a un’altra persona e nell’aver omesso, durante la sua testimonianza, di indicare la partecipazione di un terzo soggetto a un grave fatto di sangue. Secondo l’accusa, queste azioni erano state compiute con lo scopo preciso di favorire un noto clan camorristico, al quale era riconducibile il programma criminale complessivo.
L’Aggravante Mafiosa e la sua Configurazione
L’articolo 416-bis.1 del codice penale prevede un aumento di pena per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis (associazione di tipo mafioso) ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni medesime. Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva ritenuto che le menzogne e le omissioni del ricorrente non fossero casuali, ma si inserissero in una strategia consapevole volta a deviare le indagini e a proteggere membri o affiliati del clan, consolidandone così il potere e l’impunità.
Il ricorrente, invece, tentava di prospettare una diversa lettura del merito della vicenda, sostenendo l’insussistenza del nesso tra la sua condotta e il reale favoreggiamento dell’organizzazione criminale. Si trattava, in sostanza, di una contestazione sulla valutazione delle prove e sulla logicità del ragionamento seguito dai giudici di secondo grado.
Le Motivazioni della Decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile. Il fulcro della motivazione risiede nel principio consolidato secondo cui il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. La Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella, logicamente coerente, espressa dai giudici delle istanze precedenti.
Nel dettaglio, i Giudici hanno osservato che il motivo di ricorso era “volto a prospettare un diverso giudizio di merito”, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione “non illogica” nel collegare le false accuse e le omissioni del ricorrente alla finalità di favorire il clan. La condotta era stata correttamente inquadrata come funzionale al programma criminale dell’associazione, rendendo pienamente configurabile l’aggravante mafiosa.
Essendo il ricorso privo dei requisiti di legge e manifestamente infondato, la Corte ne ha dichiarato l’inammissibilità. Tale esito ha comportato, come conseguenza automatica, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa dei profili di colpa ravvisabili nella proposizione di un’impugnazione priva di fondamento.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento ribadisce un punto fermo nella giurisprudenza di legittimità: non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per ottenere una semplice rivalutazione delle prove. Se la motivazione della sentenza impugnata è logica, coerente e completa, le censure che mirano a una diversa interpretazione dei fatti sono destinate all’inammissibilità. Questo principio assume un valore ancora maggiore in contesti di criminalità organizzata, dove la corretta qualificazione di condotte apparentemente minori, come false testimonianze, è cruciale per riconoscere l’esistenza di un’aggravante mafiosa e per contrastare efficacemente il fenomeno criminale nel suo complesso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non presentava vizi di legittimità, ma si limitava a riproporre questioni di merito già esaminate e logicamente risolte dalla Corte d’Appello, tentando di ottenere una nuova valutazione dei fatti non consentita in sede di Cassazione.
Quale condotta ha fatto scattare l’applicazione dell’aggravante mafiosa?
L’aggravante è stata applicata perché il ricorrente ha rivolto false accuse a un soggetto e ha omesso di indicare la partecipazione di un’altra persona a un omicidio, con lo scopo specifico di favorire un clan criminale a cui il programma delittuoso era riconducibile.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14818 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14818 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso e la memoria inviata dal difensore,
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso è volto a prospettare un diverso giudizio di merito in ordine alla configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., riproponendo osservazioni già formulate ed esaminate, essendo stato non illogicamente rilevato che le false accuse rivolte dal ricorrente ad altro soggetto e la mancata indicazione in sede testimoniale della partecipazione al fatto omicidiario di tale COGNOME erano volte a favorire il clan RAGIONE_SOCIALE, cui il programma criminale era riconducibile;
Ritenuto dunque che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il7reidente