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Affidamento in prova: no se c’è pericolosità sociale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato a cui era stato negato l’affidamento in prova. Nonostante fosse già in regime di semilibertà, un recente episodio di minacce gravi verso la ex compagna ha dimostrato una persistente pericolosità sociale. Secondo la Corte, questo comportamento indica che il percorso di rieducazione non è sufficientemente avanzato per una misura basata sulla fiducia come l’affidamento in prova, rendendo più idonea la prosecuzione del regime di semilibertà, caratterizzato da maggiori controlli.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in prova: un episodio negativo può bloccare il percorso?

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per la rieducazione del condannato. Questa misura alternativa alla detenzione permette di scontare la pena in libertà, a patto che vi sia una prognosi favorevole sulla capacità del soggetto di reinserirsi positivamente nella società, prevenendo il rischio di nuovi reati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come un singolo episodio trasgressivo, anche se avvenuto durante un percorso penitenziario già avviato, possa essere decisivo per negare tale beneficio, evidenziando la persistenza di una pericolosità sociale.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un uomo che, già ammesso al regime di semilibertà da quasi un anno, aveva richiesto la concessione della misura più ampia dell’affidamento in prova. Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza rigettava la sua istanza. La decisione si basava su un grave episodio avvenuto pochi mesi prima: il soggetto si era introdotto nell’abitazione della sua ex-compagna, rivolgendole minacce significative per motivi economici.

Secondo i giudici di merito, tale comportamento dimostrava che il percorso di ‘emenda’ del condannato non era ancora a un punto tale da poter concedere una misura che si fonda in larga parte sull’autodeterminazione e sulla fiducia. L’uomo, infatti, era ancora portatore di una “carica di pericolosità sociale” che la semilibertà, con i suoi vincoli più stringenti (come l’obbligo di rientro in istituto), riusciva a contenere, a differenza di quanto sarebbe potuto accadere con l’affidamento.

Le motivazioni della decisione sull’affidamento in prova

La Corte di Cassazione, investita del ricorso dell’uomo, lo ha dichiarato inammissibile, confermando in toto la valutazione del Tribunale di Sorveglianza. Il ragionamento della Corte si snoda attraverso alcuni punti cardine:

1. Valutazione della Personalità: L’affidamento in prova non può prescindere da una valutazione complessiva della personalità del condannato, che include i reati commessi, i precedenti e la condotta tenuta dopo la condanna. L’obiettivo è formulare un giudizio prognostico sul buon esito della prova.

2. Il Processo di Emenda: Per accedere a questa misura, è necessario che il processo di revisione critica del proprio passato criminale sia “significativamente avviato”. Non è richiesto un ravvedimento completo (come per la liberazione condizionale), ma deve essere evidente un cambiamento concreto.

3. La Pericolosità Sociale: L’episodio di minacce è stato considerato un indicatore chiaro e attuale di pericolosità. Ha dimostrato che, nonostante il tempo trascorso e il regime di semilibertà, il condannato non aveva ancora interiorizzato il rispetto delle regole e il controllo dei propri impulsi aggressivi. Di conseguenza, il rischio di recidiva era ancora concreto.

4. Gradualità del Trattamento: La Corte ha sottolineato che il sistema penitenziario si basa su un principio di gradualità. La semilibertà è un regime intermedio che bilancia l’esigenza rieducativa con quella di prevenzione. Il diniego dell’affidamento in prova non rappresenta una punizione, ma il riconoscimento che il soggetto non è ancora pronto per il passo successivo, che richiede un grado di affidabilità molto più elevato. La Corte ha anche chiarito che la concessione di un permesso premio, avvenuta poco prima, non era in contraddizione con il diniego, poiché il permesso risponde a logiche e presupposti diversi, legati alla progressione trattamentale e non a una prognosi definitiva di non recidiva.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale nell’esecuzione penale: la concessione delle misure alternative, e in particolare dell’affidamento in prova, non è un automatismo. La valutazione del giudice deve essere ancorata alla realtà dei fatti e all’evoluzione concreta della personalità del condannato. Un singolo, ma significativo, episodio negativo può legittimamente interrompere o rallentare il percorso verso la piena libertà, se rivela che il rischio per la collettività non è stato ancora superato. La decisione sottolinea come la tutela della sicurezza pubblica e la finalità rieducativa della pena debbano trovare un punto di equilibrio, e la scelta della misura più adeguata è il risultato di questo delicato bilanciamento.

Un singolo episodio negativo può impedire la concessione dell’affidamento in prova?
Sì. Secondo la Corte, un episodio trasgressivo, se grave e recente, può essere considerato un valido indicatore di una persistente pericolosità sociale e di un processo di rieducazione non ancora sufficientemente avanzato, giustificando così il diniego della misura.

Qual è la differenza tra semilibertà e affidamento in prova secondo la Corte?
La semilibertà è una misura che attua una de-carcerazione parziale e graduale, con controlli stringenti, adatta anche quando il percorso di emenda non è completo. L’affidamento in prova, invece, presuppone un giudizio prognostico positivo più solido sulla capacità del condannato di non commettere altri reati, basandosi maggiormente sulla sua spontanea autodeterminazione.

La concessione di un permesso premio è in contraddizione con il diniego dell’affidamento in prova?
No. La Corte ha chiarito che i due istituti si fondano su presupposti diversi. Il permesso premio risponde a un principio di gradualità nel trattamento penitenziario e non implica necessariamente un giudizio positivo sulla totale assenza di pericolosità, a differenza di quanto richiesto per l’affidamento in prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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