Adesione UE e Reati Precedenti: Un Principio Chiaro dalla Cassazione
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 14270 del 2024, affronta una questione di notevole interesse: quali sono le conseguenze giuridiche dell’adesione UE di uno Stato sulla punibilità dei reati commessi dai suoi cittadini prima di tale evento? La Suprema Corte offre una risposta netta, ribadendo un principio fondamentale del nostro ordinamento penale.
I Fatti del Caso: Dal Furto al Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per furto pluriaggravato emessa dal Tribunale di Rovigo e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Venezia. L’imputato, ritenuto penalmente responsabile, decideva di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
Il primo motivo contestava la determinazione della pena, ritenendola viziata. Il secondo, e più rilevante ai fini della nostra analisi, sollevava una complessa questione legata all’applicazione dell’art. 99 del codice penale e a una precedente violazione della normativa sull’immigrazione (art. 13, D.Lgs. 286/1998). Tale violazione era avvenuta in un’epoca in cui il paese di origine dell’imputato, la Romania, non era ancora membro dell’Unione Europea.
I Motivi del Ricorso e la questione dell’Adesione UE
La difesa sosteneva, in sostanza, che la successiva adesione UE della Romania avrebbe dovuto neutralizzare gli effetti di quella precedente violazione, rendendola irrilevante ai fini del trattamento sanzionatorio per il nuovo reato. L’argomento si basava sull’idea che il cambiamento dello status giuridico del cittadino, divenuto cittadino europeo, potesse avere un effetto retroattivo, cancellando la rilevanza penale di una condotta passata strettamente legata al suo status di cittadino extracomunitario.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati, dichiarando l’appello inammissibile.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Per quanto riguarda il primo motivo, relativo alla determinazione della pena, i giudici hanno semplicemente osservato che la decisione della Corte d’Appello era sorretta da una motivazione sufficiente, logica e basata su un adeguato esame delle argomentazioni difensive. Non vi era, quindi, spazio per una censura in sede di legittimità.
Il cuore della decisione risiede però nell’analisi del secondo motivo. La Corte ha demolito la tesi difensiva richiamando un suo precedente consolidato (Sez. 1, n. 12918 del 13/03/2015). Il principio affermato è chiaro e inequivocabile: l’adesione di uno Stato all’Unione Europea non determina la non punibilità dei delitti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore del trattato di adesione. Si tratta di una diretta applicazione del principio generale ‘tempus regit actum’ in materia penale, secondo cui la legge applicabile è quella in vigore al momento della commissione del fatto. Il cambiamento di status giuridico internazionale di uno Stato non opera retroattivamente per abolire la rilevanza penale di condotte passate.
Le Conclusioni: Il Principio di Irretroattività e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame riafferma un caposaldo del diritto penale: la stabilità e la certezza del diritto. Un fatto, se costituisce reato nel momento in cui viene commesso, rimane tale indipendentemente da successivi cambiamenti geopolitici o normativi che non riguardino direttamente la norma incriminatrice. L’adesione UE è un evento che modifica lo status dei cittadini e le relazioni tra Stati, ma non agisce come un’amnistia retroattiva per reati legati allo status precedente. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
L’ingresso di un Paese nell’Unione Europea cancella i reati commessi in precedenza dai suoi cittadini, in particolare quelli legati alla normativa sull’immigrazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito, basandosi su precedenti, che l’adesione di uno Stato all’Unione Europea non determina la non punibilità di un delitto commesso prima dell’entrata in vigore del trattato di adesione.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati giudicati manifestamente infondati. Nello specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello sulla pena fosse adeguata e che l’argomento sull’effetto retroattivo dell’adesione all’UE fosse giuridicamente errato.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, fissata equamente dal giudice (in questo caso 3.000 euro), in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14270 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14270 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Rovigo del 1 luglio 2020 che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto pluriaggravato e l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
che il motivo di ricorso dell’imputato, nella parte in cui lamenta vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena e agli artt. 133, 99 e 62 cod. pen., è manifestamente infondato, in quanto inerente al trattamento sanzionatorio, benché questo sia sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive;
che il motivo di ricorso, nella parte in cui lamenta l’applicazione dell’art. 99 cod. pen., avuto riguardo della violazione dell’art. 13, d. Igs. 25 luglio 1998, n. 286, in un momento in cui la Romania non faceva ancora parte dell’Unione Europea, risulta manifestamente infondato, atteso che questa Corte di cassazione ha affermato, in tema di successione di leggi penali, che l’adesione di uno Stato all’Unione Europea non determina la non punibilità del delitto commesso anteriormente alla data di entrata in vigore del trattato di adesione (Sez. 1, n. 12918 del 13/03/2015, Rv. 263367);
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 31/01/2024.