Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14958 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14958 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GENOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che, nel riportarsi alla requisitoria scritta in atti, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, AVV_NOTAIO COGNOME NOME, che ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
Depositata in Cancelleria
O gg i, GLYPH 11 APR, 2024
IL FUNZIONA
NOME
R.0
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 luglio 2023, la Corte d’appello di Genova confermava la sentenza del 5 marzo 2021 del Tribunale di Genova, appellata da COGNOME NOME, che era stato condannato alla pena condizionalmente sospesa di 2 mesi e 20 gg. di arresto ed euro 1000,00 di ammenda, perché ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 256, comma 2, d. Igs. n. 152 del 2006, per aver, in concorso con ignoti, quale titolare di un’autorimessa, officina meccanica ed elettrauto, gommista ed autocarrozzeria, detentore del rifiuto speciale pericoloso costituito da un’autovettura priva di targa, motore e di altre componenti, tra cui la vaschetta dell’olio dei freni, abbandonato tale veicolo sulla pubblica via avvalendosi di ignoti, in relazione a fatto contestato come commesso in data antecedente e prossima al 30/10/2018.
Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto ha proposto ricorso per cassazione tramite il difensore di fiducia, deducendo quattro motivi di cui i primi tre, attesa l’omogeneità dei profili di doglianza ad ess sottesa, meritano congiunta illustrazione, di seguito sommariamente indicati.
2.1. Deduce, con i primi tre motivi, il vizio di violazione di legge ed il cor relato vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo e oggettivo richiesto dall’art. 256, comma 2, d. Igs. n. 152 del 2006 con rinvio al comma 1, lett. b), in riferimento all’art. 192, Digs. n. 152 del 2006.
In sintesi, la difesa, richiamata la ricostruzione in fatto della vicenda, rileva come sia emerso dagli atti utilizzati per il giudizio abbreviato che l’imputato aveva depositato l’autovettura sulla pubblica via per un lasso di tempo inferiore alle 24 ore, apparendo evidente che lo stesso aveva poi spontaneamente fatto rimuovere tale veicolo per farlo portare dal demolitore tramite carro attrezzi. Lo stesso imputato aveva spiegato che, avendo avuto la necessità improvvisa di avere libero il posto auto, occupato da mesi dalla Fiat 600, ma non avendo reperito un carro attrezzi disponibile in ragione dell’ora tarda della giornata, faceva posteggiare provvisoriamente il veicolo nei pressi della carrozzeria, per poi farlo prelevare il giorno successivo da un carro attrezzi disponibile. Alla luce di tale ricostruzione, la difesa ritiene censurabile la sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistente innanzitutto l’elemento soggettivo necessario ad integrare il reato in questione. I giudici di appello si sarebbero limitati ad individuare delle condotte alternative che l’imputato avrebbe potuto tenere, senza tuttavia motivare le ragioni per le quali riteneva integrato l’elemento soggettivo richiesto dalla norma. Richiamato il signi-
ficato del termine abbandonare contenuto nel vocabolario Treccani, la difesa sostiene che nel deposito momentaneo di un bene sul suolo pubblico, accompagnato dall’immediata spontanea rimozione del bene stesso da parte del soggetto, non possa ritenersi integrato l’elemento soggettivo richiesto dalla norma di cui all’articolo 256, ovvero la coscienza e la volontà di disfarsi definitivamente di tale bene. Analogamente, come sviluppato nel terzo motivo, si ritiene che quanto sopra osti anche alla configurabilità dell’elemento oggettivo del reato di abbandono di rifiuti pericolosi, atteso che la condotta giuridicamente rilevante dovrebbe avere un connotato di definitività, che nel caso di specie non è ravvisabile. Nella specie, il soggetto agente non ha mai avuto la coscienza e la volontà di disfarsi per sempre del bene, bensì lo aveva momentaneamente depositato nella pubblica via in attesa che si fosse reso disponibile il carro attrezzi per il trasporto del veicolo presso i demolitore. Pertanto, il soggetto attivo mai ha avuto l’intenzione di disfarsi definitivamente della vettura abbandonandola. Discorso diverso sarebbe stato se il rifiuto pericoloso fosse stato notato permanere sulla pubblica via per diversi giorni e fosse stato rimosso solamente a seguito di contestazione da parte delle forze dell’ordine. In definitiva, il deposito del veicolo sulla pubblica via sarebbe avvenuto senza che l’imputato avesse il dolo di disfarsi definitivamente del bene, bensì con l’intenzione evidente di rimuoverlo immediatamente, non appena trovata la disponibilità di un carro attrezzi, come di fatto è avvenuto. Sarebbe censurabile quindi l’affermazione della Corte d’appello secondo cui l’imputato era consapevole del fatto che i carabinieri stavano operando nei confronti di quel veicolo e che avrebbe cercato di predisporre una scena che potesse sostenere quanto poi dichiarato: tale affermazione sarebbe assolutamente sprovvista di qualsiasi base fattuale. La Corte d’appello, infatti, avrebbe dovuto indicare da quale elemento probatorio, da quale indizio o da quale atto presente nel fascicolo delle indagini utilizzabili ai fini dell’ breviato, avesse dedotto il convincimento che l’imputato, al momento della rimozione del veicolo dalla pubblica via, fosse a conoscenza del fatto che i carabinieri avessero notato il giorno precedente il veicolo in sosta e avessero contestualmente redatto una annotazione di servizio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Deduce, con il quarto motivo, il vizio di violazione di legge ed il c lato vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di n punibilità di cui all’art. 131-bis, cod. pen.
In sintesi, si duole la difesa del ricorrente in quanto risulterebbe del assente la motivazione in ordine al riconoscimento della causa di non punibilità fatto di particolare tenuità. Sarebbero emersi infatti dall’istruttoria una
indici che avrebbero giustificato il riconoscimento della causa di non punibilità (incensuratezza dell’imputato; condotta isolata ed occasionale dell’imputato, essendo l’unica volta che all’imputato è stato contestato l’abbandono di rifiuti; la condotta di abbandono lungo la pubblica via avrebbe avuto una durata inferiore alle 24 ore; il dolo non sarebbe mai stato di abbandono definitivo ma bensì quello di rottamare nelle forme di legge il veicolo in suo possesso; assenza di alcun danno all’ambiente; la circostanza che l’imputato è stato l’unico dei soggetti occupatosi in prima persona di ottenere il dissequestro del veicolo e di farlo rottamare a proprie spese eliminando le conseguenze delittuose). Alla luce di quanto sopra la Corte d’appello avrebbe specificamente dovuto indicare le ragioni e gli elemen1:i per i quali non ha ritenuto sussistere la causa di non punibilità di cui sopra.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 29 gennaio 2024, cui si è richiamato in sede di discussione orale, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per il PG va evidenziato che la sentenza di secondo grado conferma integralmente il giudizio di prime cure in relazione al giudizio di responsabilità degli imputati, e che si è quindi in presenza di una c.d. doppia conforme. Fatte queste premesse la Corte ha offerto ampia motivazione in ordine al giudizio di responsabilità dell’imputato anche in ragione delle criticità sollevate in sede di appello, e riproposte integralmente in questa sede, con la conseguenza che deve escludersi che “entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo 1:ravisamento di risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti”. Nei motivi di ricorso, sostanzialmente ripetitivi dei motivi di appello, si assumono vizi argomentativi della sentenza ed erronea valutazione delle risultanze processuali del tutto infondati, come è dato desumere dalle motivazioni delle Corti di merito che analiticamente danno risposta alle censure difensive con percorso argomentativo legittimo e coerente. Del tutto corretta risulta, poi, la motivazione relativa all’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 131 bis c.p., che si basa sulla gravità del fatto anche in considerazione della condotta susseguente al reato (si veda, sul punto, di recente, Sez. 6, n. 43941 del 03/10/2023 Ud., rv. 285360), con la conseguenza che nessun vizio di legittimità è riscontrabile sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato oralmente ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. 137/2020 e successive modifiche ed integrazioni, a seguito dell’istanza di discussione orale, è inammissibile.
I primi tre motivi di ricorso, già oggetto di congiunta illustrazione, sono inammissibili.
Anzitutto, sono generici per aspecificità perché non si confrontano con la motivazione della sentenza d’appello che, confutando argomentatamente le doglianze già sviluppate nei motivi di appello, e reiterate senza alcun apprezzabile elemento di novità critica in questa sede di legittimità, hanno chiarito le ragioni per le quali dovesse ritenersi integrato nelle sue componenti oggettive e soggettive il reato contestato.
2.1. Con particolare riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo, infatti il ricorrente omette di confrontarsi con l’affermazione della Corte territorial secondo la quale non vi era alcun motivo per fare il trasporto dal demolitore in due volte e per di più in due giorni tra loro successivi. È questo il punto non vincibile – osserva la Corte territoriale – del ragionamento accusatorio accolto dal giudice per la sua persuasività in merito e logicità in diritto e parimenti accolto dall Corte d’appello. Quanto sopra, destituisce di fondamento quindi la censura difensiva di cui al secondo motivo.
2.2. Le doglianze sviluppate, inoltre, sono prive di pregio anche in diritto.
Ed infatti, quanto all’elemento oggettivo, il generale divieto di abbandono dei rifiuti è posto dall’art. 192 del D.Igs. n. 152/2006, che dispone ai commi 1 e 2: “1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. 2. È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato so o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee”. In assenza nel testo normativo di una specifica definizione di “abbandono”, è necessario fare riferimento alla giurisprudenza che – nel corso degli anni – ha delineato i tratti distintivi delle condotte nelle quali l’abbandono si concretizza. E, in particolare, si è affermato che l’abbandono di rifiuti ha natura occasionale e discontinua, consistendo in un atto, appunto, del tutto occasionale ed episodico di rilascio di rifiuti in una quantità tale da rap presentare un minimo impatto ambientale (Sez. 3, n. 25463 del 15/04/2004, Rv. 228689 – 01). Peraltro, ai fini della contestazione dell’abbandono di rifiuti non è necessaria nessuna incidenza sulla integrità dell’ambiente, in quanto la condotta viene sanzionata perché posta in essere in violazione del divieto posto dall’art. 192 D.Igs. n. 152/2006 (Sez. 3, n. 10927 del 22/0:1/2013, NOME, non massimata).
Dunque, si prescinde radicalmente da qualsiasi danno arrecato all’ambiente da tale abbandono, ma ciò che viene punito è l’azione in sé stessa di abbandonare i rifiuti, senza la necessità di dover accertare e documentare danni conseguenti. Se, poi, l’abbandono assume carattere di definitività, si è in presenza del diverso reato di discarica abusiva, rispetto al quale questa Corte ha messo in evidenza i tratti distintivi che si rinvengono in un’attività sistematica e ripetuta nel tempo, tesa ad una definitività dell’abbandono dei rifiuti accompagnato dal connesso e conseguente degrado, anche tendenziale, dello stato dei luoghi, essendosi peraltro precisato che la realizzazione di discarica abusiva può avvenire anche tramite un unico conferimento (Sez. 3, n. 22305 del 15/02/2011, COGNOME, non massimata). Dunque, l’abbandono se assume carattere di definitività (non rilevando se abbia carattere sistematico o meno, essendo possibile integrarlo anche con un unico conferimento) integra il diverso reato di discarica abusiva, se invece è limitato (o temporalmente o nella quantità) integra il diverso reato di cui all’art. 256, comma 2, d. Igs. n. 152 del 2006.
Da qui, dunque, la compiuta integrazione dell’illecito penale nel caso di specie, non potendosi accedere alla ricostruzione fattuale operata dalla difesa per le ragioni esposte con argomenti logici non sindacabili in questa sede dai giudici di merito, così destituendosi di fondamento il terzo motivo.
2.3. Quanto, poi, all’elemento soggettivo, del tutto privo di pregio è il richiamo alla volontà dolosa, ossia dell’intenzione di disfarsi definitivamente della vettura.
La difesa non considera che il reato in esame ha natura contravvenzionale, ed è quindi punibile a titolo di colpa. Colpa, nella specie, ravvisabile nel fatto stesso di aver volontariamente (questo sì) incaricato terzi di depositare, ancorché momentaneamente, su suolo pubblico un rifiuto speciale pericoloso, qual è l’autovettura di cui si discute, anche se con l’intenzione, pur volendo seguire il poco plausibile assunto difensivo, di portarla dall’autodemolitore quanto prima possibile.
L’imputabilità della condotta di abbandono incontrollato di rifiuti sul suolo in capo al proprietario o di chiunque abbia la giuridica disponibilità del bene, presuppone necessariamente l’accertamento in capo a quest’ultimo di un comportamento doloso o colposo, non ravvisando la disposizione dell’art. 192 D.Igs. n. 152/2006 un’ipotesi legale di responsabilità oggettiva o per fatto altrui. Dunque, è sufficiente la semplice colpa, sulla cui sussistenza, come detto, non possono nutrirsi dubbi, con conseguente manifesta infondatezza del primo motivo.
2.4. Anche l’ultimo motivo è parimenti inammissibile.
I giudici di appello hanno chiarito le ragioni per le quali non poteva ritenersi riconoscibile la invocata causa di non punibilità. Come già si è avuto modo di evidenziare a proposito del secondo motivo di ricorso, i giudici di appello hanno individuato il “punto non vincibile del ragionamento accusatorio” che li ha convinti, con motivazione non manifestamente illogica, della configurabilità dell’elemento soggettivo del reato.
Per tale ragione, è conseguentemente da ritenere del tutto coerente l’affermazione dei giudici territoriali secondo cui una “macchinazione” come quella escogitata dal ricorrente fosse del tutto incompatibile con la levità che deve avere la condotta ai sensi dell’art. 131-bis, cod. pen., per sortire la non punibilità. Affe mazione, questa, non solo scevra da illogicità manifeste, ma del tutto conforme all’interpretazione dell’istituto fornita da questa Corte, la quale ha autorevolmente affermato che ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sul tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 – 01).
E, nella specie, i giudici hanno valorizzato negativamente le modalità della condotta, così pervenendo al rigetto motivato dell’istanza.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 13 marzo 2024
Il C sigliere estensore zjt,
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