Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13098 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13098 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
Oggetto
Locazione di immobile ad uso non abitativo -Prelazione e riscatto -Vendita in blocco
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13854/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL), dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL) dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (p.e.c.
indicata: EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. EMAIL), con domicilio eletto presso lo studio RAGIONE_SOCIALE prima in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME (p.e.c. indicata: EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO COGNOME (p.e.c. EMAIL), con domicilio eletto presso lo studio RAGIONE_SOCIALE seconda in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Venezia, n. 2996/2020, depositata il 18 dicembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 447bis cod. proc. civ. del 1° settembre 2017 NOME COGNOME adì il Tribunale di Treviso proponendo azione di riscatto ex art. 39 legge n. 392 del 1978 nei confronti di NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in relazione a un complesso immobiliare.
Espose a fondamento che:
NOME era conduttore di un immobile sito in Povegliano INDIRIZZO, INDIRIZZO, dove gestiva un’azienda di ristorante e bar sotto l’insegna ‘RAGIONE_SOCIALE‘, avendo acquisito in affitto l’azienda dalla titolare NOME COGNOME ed essendo conseguentemente subentrato alla stessa nel contratto di locazione relativo all’immobile che la ospitava stipulato dalla predetta con il padre NOME COGNOME;
─ tale contratto aveva ad oggetto il piano terra dell’immobile ma
era stato successivamente integrato con scrittura privata sottoscritta dalla COGNOME in data 14 gennaio 2012 e registrata in data 1 agosto 2017, indicandovi parti esterne ed altri locali al primo piano di cui di fatto egli aveva iniziato a godere sin dal momento del subentro nell’azienda ;
─ si trattava più precisamente di due unità immobiliari ai piani terra e primo, identificate al N.C.E.U. dei Fabbricati del Comune di Povegliano (TV), alla Sez. C, fg. 4, mappale n. 119, subalterni 2 e 3, e non solamente, dunque, RAGIONE_SOCIALE particella di cui al mappale n. 119 sub 3, costituente oggetto del contratto di locazione stipulato in data 31 maggio 2011.
Sulla base di tali premesse dedusse che la vendita, conclusa in data 2 marzo 2017 e trascritta il 7 marzo 2017, da parte RAGIONE_SOCIALE COGNOME -nel frattempo divenuta proprietaria dell’immobile in successione del padre NOME COGNOME -alla società RAGIONE_SOCIALE, dei medesimi beni a lui locati, gli aveva illegittimamente precluso l’esercizio del diritto di prelazione.
All’esito del giudizio, svoltosi nel contraddittorio con i resistenti, il Tribunale pronunciò sentenza (n. 2603/2018 del 15 febbraio 2019) con la quale rigettò la domanda, condannando il ricorrente alle spese.
Con sentenza n. 2996/2020, resa pubblica il 18 dicembre 2020, la Corte d’appello di Venezia ha confermato tale decisione, rigettando l’appello interposto dal COGNOME e condannandolo alle spese del grado.
Conformemente al primo giudice ha infatti ritenuto che:
─ non era configurabile il diritto di prelazione vantato dal COGNOME, trattandosi di vendita in blocco avente ad oggetto l’intero immobile inteso come unicum e non quale cumulo di singole porzioni immobiliari (valutazione, questa, peraltro non contestata con l’appello) ;
─ la scrittura privata datata 14 gennaio 2012 (tardivamente registrata in data 1 agosto 2017) non presentava gli elementi
necessari per costituire contratto di locazione e neppure contratto integrativo dell’unico contratto di locazione , stipulato il 31 maggio 2011, in cui è subentrato il COGNOME; in essa si legge, infatti, che « il primo piano » ed il « plateatico » sono « concessi in uso, salvo comodato », dizione di per sé equivoca, in quanto la stessa COGNOME all’epoca RAGIONE_SOCIALE scrittura godeva dei beni in comodato dal padre ; tale elemento e il compenso irrisorio previsto, pari inizialmente ad € 150 e successivamente ad € 300 mensili , fanno fondatamente escludere che si trattasse di una locazione commerciale; la scrittura, peraltro, non indicava affatto quale fosse l’uso del primo piano e, considerando che si trattava di un appartamento con destinazione ad uso abitativo, era agevole ritenere che se le parti, anche in contrasto con le evidenze documentali (che non avevano mai visto, in ogni caso, un cambio di destinazione d’uso), avessero voluto attribuire allo stesso un uso diverso, lo avrebbero sicuramente esplicitato, quantomeno nella scrittura privata; in essa, inoltre, non era indicato alcun riferimento catastale, alcun termine di durata, alcun riferimento al contratto di locazione precedente, il che impediva di considerarlo « accordo integrativo » RAGIONE_SOCIALE precedente locazione commerciale relativa all’immobile « osteria » posto a piano terra;
─ non p oteva condurre a diversa conclusione la circostanza che il contratto preliminare di vendita facesse menzione del « sub 2 », dovendosi questa considerare frutto di un errore materiale, posto che, se realmente le parti avessero voluto fare riferimento anche alla scrittura privata in questione, l’avrebbero allegata all’atto , al quale invece risultava allegato esclusivamente l’originario contratto del 31 maggio 2011;
─ né po tevano giovare le prove testimoniali nuovamente richieste, in quanto, come correttamente osservato dal Giudice di primo grado che non le aveva ammesse, non indicavano esplicitamente in che modo fossero, eventualmente, utilizzati i locali al primo piano,
essendo ipotizzabili anche usi diversi (magazzino, dispensa o alloggio precario del conduttore); in ogni caso, nulla provava che un eventuale uso del bene difforme dalle risultanze documentali catastali e dal contratto di locazione fosse in qualsiasi modo noto e consentito dalla COGNOME.
Alla luce di tali valutazioni la Corte veneta ha ritenuto « marginale la tematica, diffusamente trattata dall’appellante, relativa all’opponibilità a terzi di tale scrittura », rilevando comunque che « rimane … valido il principio fondamentale di cui all’art. 2704 c.c. dell’inopponibilità al terzo (in questo caso RAGIONE_SOCIALE) di una scrittura privata con sottoscrizione non autenticata, priva quindi di data certa, tal essendo solo quella relativa alla tardiva registrazione dell’atto, successiva alla vendita del bene ».
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione articolando cinque motivi, cui resistono entrambe le parte intimate, depositando distinti controricorsi.
5 . È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico RAGIONE_SOCIALE. Sia il ricorrente che le controricorrenti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente rilevarsi l’improcedibilità del controricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE in quanto tardivamente depositato, come del resto riconosce la stessa controricorrente, il 22 luglio 2021, al di là del termine perentorio ex art. 371 cod. proc. civ. di venti giorni dalla data RAGIONE_SOCIALE notifica, termine venuto a scadere il 19 luglio 2021, giorno feriale, essendo stata la notifica effettuata, a mezzo p.e.c., in data 29 giugno 2021.
L ‘istanza di rimessione in termini ex art. 153, secondo comma, cod. proc. civ. ─ da ritenersi ammissibile in quanto tempestivamente
depositata lo stesso giorno del deposito del controricorso (22 luglio 2021) ─ non può essere accolta per mancanza di prova RAGIONE_SOCIALE non imputabilità del fatto che ha reso impossibile il rispetto del termine decadenziale.
1.1. Deduce l’istante che questo sarebbe stato rappresentato da un non imputabile malfunzionamento dei sistemi informatici che, al momento dell’invio RAGIONE_SOCIALE «busta», generata dal programma di accesso ai servizi e contenente il controricorso e gli altri documenti da depositare, restituivano un messaggio di errore del seguente tenore: « ERRORE! Si è verificato un errore nella generazione RAGIONE_SOCIALE busta ».
La prova RAGIONE_SOCIALE non imputabilità di tale impedimento non può però ricavarsi dai documenti depositati unitamente all’istanza di rimessione, vale a dire:
n. 2 file in formato jpg, contenenti screenshot dello schermo del computer ;
avviso pubblicato nel Portale dei Servizi Telematici, attestante che, in data 19 luglio 2021, erano ancora in corso attività di manutenzione straordinaria sui sistemi civili SICID e SIECIC degli Uffici Giudiziari di tutti i distretti di Corte di appello.
Dai primi non emergono, infatti, chiari e univoci elementi RAGIONE_SOCIALE riferibilità del messaggio di errore al tentativo di deposito del controricorso in questione, né comunque circa le cause per così dire esogene del blocco e dunque estranee alla sfera di disponibilità del mittente (il contrario anzi lascia pensare il contenuto del messaggio che indica l’esistenza di un errore « nella generazione RAGIONE_SOCIALE busta », che sembra dunque riferibile a problemi tecnici del programma imbustatore).
Dal secondo non si desume alcun argomento che possa confortare l’assunto RAGIONE_SOCIALE parte, ma anzi al contrario sembrerebbe doversi ricavare prova RAGIONE_SOCIALE non imputabilità del malfunzionamento ai servizi telematici del RAGIONE_SOCIALE; si legge, infatti, in quell’avviso
che:
anzitutto la sospensione dei sistemi SICID e SIECIC degli Uffici Giudiziari di tutti i distretti di Corte di Appello avrebbe avuto termine alle ore 9:00 (e dunque la mattina) del 19 luglio 2021;
in ogni caso, sarebbero rimasti « attivi i servizi di posta elettronica certificata e … disponibili le funzionalità relative al deposito telematico del settore civile da parte degli avvocati, dei professionisti e degli altri soggetti abilitati esterni ».
1.2. D’altra parte, va rammentato che, per sollevare il depositante dall’onere, oggettivamente spesso impossibile da assolvere, di dimostrare la propria assenza di colpa circa le cause dell’ errore fatale , il legislatore è intervenuto con due disposizioni:
─ l’art. 13 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 ( Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e RAGIONE_SOCIALE comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto -legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24 ), a mente del quale « I documenti informatici di cui al comma 1 si intendono ricevuti dal dominio RAGIONE_SOCIALE nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del RAGIONE_SOCIALE. Nel caso previsto dal comma 2 la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente »;
─ l’art. 16 -bis , comma 7, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221, secondo cui: « il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del RAGIONE_SOCIALE; il
deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza … ».
In forza delle citate disposizioni, il deposito telematico di un atto del processo si articola in quattro fasi, coincidenti con il rilascio di altrettanti messaggi di p.e.c. da parte del sistema informatico:
« ricevuta di accettazione deposito », ossia la ricevuta di presa in carico del messaggio da parte del gestore p.e.c. del mittente; attraverso questa ricevuta (c.d. RAC o RdA) il sistema attesta che l’atto è stato inviato dalla postazione di lavoro (PDL) ed è stato accettato dal sistema per essere inoltrato all’ufficio giudiziario destinatario.
« ricevuta di avvenuta consegna », con la quale il gestore p.e.c. del RAGIONE_SOCIALE, destinatario del messaggio, attesta che lo stesso è stato ricevuto nella sua casella (c.d. RdAC);
« esito controlli automatici deposito », inviata dal gestore dei servizi telematici del RAGIONE_SOCIALE contenente l’esito dei controlli che il sistema effettua automaticamente sulla busta, il quale potrebbe contenere la segnalazione di ‘errori’ tali da giustificare un rifiuto del deposito (poi comunicato dalla cancelleria col quarto messaggio p.e.c.’) ;
« accettazione deposito », p.e.c. inviata dalla cancelleria dell’ufficio giudiziario destinatario del deposito telematico e contenente l’esito di accettazione o di rifiuto del deposito stesso.
Ebbene, secondo interpretazione consolidata nella giurisprudenza di questa Corte, dal combinato disposto delle menzionate norme (in cui quella regolamentare integra il contenuto precettivo RAGIONE_SOCIALE disposizione di rango primario) si ricava la regola per cui la tempestività del deposito va verificata con riferimento al momento in cui viene generata, da parte del gestore di posta elettronica certificata del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) e, cioè, la cosiddetta « seconda p.e.c. », la quale
attesta l’ingresso RAGIONE_SOCIALE comunicazione nella sfera di conoscibilità del «sistema RAGIONE_SOCIALE» (cfr., ex aliis , Cass. Sez. U. n. 22834 del 21/07/2022; Cass. n. 29357 del 10/10/2022; n. 12422 dell’11/05/2021; n. 19796 del 12/07/2021 ; n. 19163 del 15/09/2020; n. 4787 del 01/03/2018; n. 1366 del 19/01/2018).
Resta fermo, ovviamente, che si tratta di effetto (solo) « anticipato e provvisorio rispetto all’ultima PEC » e, dunque, subordinato « al buon fine dell’intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva », sicché esclusivamente con l’accettazione del cancelliere (la quarta p.e.c.), « e solo a seguito di essa, si consolida l’effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC e, inoltre, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti » (v. Cass. n. 28982 del 08/11/2019; n. 17404 del 20/08/2020; 27654 del 21/09/2022).
In presenza di « errore fatale » « non gestibile », ovvero, di rigetto RAGIONE_SOCIALE busta da parte RAGIONE_SOCIALE cancelleria, l’avvocato depositante dovrà dunque pur sempre provvedere ad effettuare un nuovo deposito.
Sennonché, può accadere che il terzo e il quarto messaggio di posta elettronica certificata arrivino qualche giorno dopo l’invio RAGIONE_SOCIALE busta telematica, ovvero, in data posteriore alla scadenza di eventuali termini perentori. In siffatte evenienze, il depositante risulterà senz’altro ‘decaduto’, ma per pacifica giurisprudenza (v. in particolare Cass. n. 19163 del 2020, cit.) -lo stesso depositante potrà ricorrere all’istituto RAGIONE_SOCIALE ‘remissione in termini’ di cui all’art. 153, co. 2, c.p.c..
In tale quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, per poter accedere, nella specie, alla chiesta rimessione in termini sarebbe stato sufficiente alla controricorrente RAGIONE_SOCIALE, ma anche necessario, il deposito RAGIONE_SOCIALE c.d. seconda ricevuta, attestante l’avvenuta consegna (RdAC) al gestore di posta elettronica RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE busta contenente l’atto inviato per il deposito.
La controricorrente però non ha provveduto a tanto, né ha fatto alcun cenno alla ricezione RAGIONE_SOCIALE c.d. seconda p.e.c..
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ. e « vizio di motivazione ».
Sostiene che:
─ i l contratto di locazione del 31 maggio 2011 non riflette esattamente, nella descrizione del proprio oggetto, la situazione che era in essere: vale a dire il fatto che l’intero fabbricato era ed ha continuato ad essere in concreto destinato ad uso commerciale, ospitando l’azienda ‘RAGIONE_SOCIALE ; non la riflette perché nelle indicazioni catastali fa riferimento solo al subalterno 3, cui corrisponde solo una parte del piano terra, la cui superficie è inferiore a quella indicata;
─ per questo motivo egli e la COGNOME hanno provveduto a redigere la scrittura privata del 14 gennaio 2012, allo scopo di dare un riconoscimento contrattuale al rapporto di locazione quale in concreto esistente, e quale trasferito, che ricomprende anche il primo piano; e nell’occasione hanno pure provveduto ad integrare il canone di locazione; nel redigere tale scrittura le parti non avevano bisogno di aggiungere altro, poiché il rapporto di locazione ch’essa andava ad integrare, e al quale era chiaramente e funzionalmente collegata, traeva già la sua disciplina dal contratto di locazione del 31 maggio 2011;
─ erroneamente, e in violazione delle regole ermeneutiche indicate in rubrica, l a Corte d’ appello ha ricostruito il contenuto RAGIONE_SOCIALE scrittura del 14 gennaio 2012, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE sola analisi formale del testo, id est del solo dato letterale di essa, prescindendo da ogni valutazione circa il rapporto contrattuale complessivo e circa il comportamento complessivo delle parti;
─ ha comunque sbagliato la Corte d’appello a rilevare che il
canone previsto nella scrittura è « un compenso irrisorio », che la scrittura « non indica affatto l’uso del primo piano », che « lo stesso era un appartamento e aveva destinazione ad uso abitativo », che « nel documento non è indicato, inoltre, alcun riferimento catastale, alcun termine di durata », atteso che: il canone non è irrisorio, considerato che integra quello già corrente, di Euro 430 mensili; il primo piano è espressamente indicato nella scrittura quale « osteria »; i rapporti effettivi inter partes non sono impediti dalla destinazione urbanistica; le decorrenze del canone indicano chiaramente la proiezione temporale del rapporto.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 38 e 39 legge 27 luglio 1978, n. 392, e dell’art. 1599 cod. civ..
Sostiene che:
─ ai fini dell’esercizio del diritto di riscatto da parte del conduttore è irrilevante che il contratto di locazione abbia data certa, essendo questa richiesta ad altri fini (segnatamente, ai sensi dell’art. 1599 cod. civ., ai fini del subentro dell’acquirente nel contratto di locazione in corso); gli artt. 38 e 39 RAGIONE_SOCIALE legge n. 392 del 1978 attribuiscono, infatti, al conduttore il diritto di prelazione e conseguentemente il diritto di riscatto in forza RAGIONE_SOCIALE sussistenza inter partes del rapporto di locazione, prescindendo dall’opponibilità del rapporto stesso ai terzi ;
─ erroneamente, quindi, i l giudice d’appello ha ritenuto rilevante, ai fini dell’esclusione del diritto di riscatto, l’inopponibilità all’acquirente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE scrittura privata del 14 gennaio 2012, in quanto priva di data certa anteriore alla compravendita dell’immobile .
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1600 cod. civ. e degli artt. 38 e 39 legge n 392 del 1978.
Sostiene che la Corte d’appello, escludendo l’operatività del diritto
di riscatto esercitato a motivo dell’inopponibilità all’acquirente RAGIONE_SOCIALE scrittura privata del 14 gennaio 2012 perché priva di data certa anteriore alla compravendita, è pure incorsa nella violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1600 c.c., posto che questa norma statuisce comunque il rispetto RAGIONE_SOCIALE locazione in essere, con i diritti che ne derivano, tra i quali i diritti di prelazione e di riscatto del conduttore.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1599 e 2704 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ..
Lamenta che erroneamente la Corte d’appello , in violazione delle norme richiamate, abbia ritenuto di escludere l’opponibilità all’acquirente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE scrittura menzionata sulla base del solo rilievo RAGIONE_SOCIALE mancata sua registrazione, omettendo di considerare qualsiasi parametro alternativo e in particolare gli argomenti ricavabili:
─ dal riconoscimento RAGIONE_SOCIALE locazione in corso relativa all’intero immobile contenuto nell’art. 8.2 del contratto preliminare di compravendita;
─ dalla dichiarazione resa in corso di causa dalla COGNOME di avere reso compiutamente edotta l’acquirente RAGIONE_SOCIALE dei rapporti in essere con il COGNOME ed altresì di averle messo a disposizione tutte le scritture comprovanti detti rapporti, consegnandone copia;
─ dalle prove per interpello e per testi pure richieste in corso di causa.
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia, infine, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 818 cod. civ. e degli artt. 38 e 39 legge n. 392 del 1978.
Sostiene che, pur prescindendo dalla scrittura del 14 gennaio 2012, la Corte d’appello avrebbe dovuto comunque riconoscere che il rapporto di locazione commerciale ricomprendeva anche il primo piano (e lo scoperto), stante il collegamento pertinenziale, e che
perciò vi era piena coincidenza tra l’immobile locato e l’immobile compravenduto.
Il primo motivo è inammissibile.
7.1. Lo è anzitutto per il contenuto fattuale RAGIONE_SOCIALE censura, la quale si risolve nella mera sollecitazione di una nuova valutazione di merito non consentita in questa sede.
Mette conto al riguardo ricordare che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione (nei limiti, peraltro, in cui l’allegazione è oggi consentita dal nuovo testo dell’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ.).
Pertanto, onde far valere in cassazione tali vizi RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, non è sufficiente che il ricorrente per cassazione faccia puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma è altresì necessario che egli precisi in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato ovvero ne abbia dato applicazione sulla base di argomentazioni censurabili per omesso esame di fatto controverso e decisivo (v. Cass. 20/08/2015, n. 17049; 09/10/2012, n. 17168; 31/05/2010, n. 13242; 20/11/2009, n. 24539); con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o sul vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26/10/2007, n. 22536).
Sul punto, va altresì ribadito il principio secondo cui, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che l’interpretazione data alla dichiarazione negoziale dal giudice del merito sia l’unica
interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma è sufficiente che sia una delle possibili e plausibili interpretazioni.
Nella specie, non si ricava dalla motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza alcuna affermazione che si ponga in contrasto con i criteri legali di ermeneutica negoziale.
Piuttosto le censure mosse col ricorso si risolvono, come detto, nella prospettazione di questioni di merito, comunque eccedenti dai limiti in cui al riguardo ne è consentita la deduzione: in ultima analisi nella mera assertiva contrapposizione di un esito diverso dell’attività esegetica riservata al giudice del merito e legittimamente nella specie compiuta.
7.2. L’argomentazione censoria muove peraltro da presupposti fattuali che si danno per pacificamente acquisiti ( l’essere l’intero fabbricato e dunque anche il primo piano da sempre asservito all’esercizio commerciale) e che invece non trovano alcun risconto nella sentenza impugnata, che piuttosto li esclude, evidenziando in particolare che: la scrittura non indica affatto quale fosse l’uso del primo piano; lo stesso risultava essere un appartamento destinato ad uso di abitazione; nulla provava (nemmeno le richieste istruttorie che per tal motivo non sono state ammesse) in che modo fossero, eventualmente, utilizzati i locali al primo piano, né alcuna prova vi era del fatto che un eventuale uso del bene, difforme dalle risultanze documentali catastali e dal contratto di locazione, fosse in qualsiasi modo noto e consentito dalla COGNOME.
I motivi secondo, terzo e quarto investono tutti la sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato la valutazione del primo giudice circa l’inopponibilità alla società acquirente RAGIONE_SOCIALE scrittura (pretesamente integrativa del contratto di locazione) del 14 gennaio 2012, mancante di data certa anteriore al preliminare di vendita.
Tale affermazione, come del resto espressamente rimarcato anche nella sentenza impugnata, costituisce ratio decidendi
« marginale », ossia meramente aggiuntiva, rispetto a quella principale e assorbente rappresentata dal rilievo RAGIONE_SOCIALE impossibilità di ricavare da quella scrittura e/o dalle prove raccolte o richieste dimostrazione del fatto che anche il primo piano RAGIONE_SOCIALE struttura costituisse oggetto di rapporto di locazione ad uso diverso dall’abitativo.
La rilevata inammissibilità del primo motivo, che tale principale ratio decidendi investiva, rende pertanto ultroneo l’esame dei detti successivi motivi, che vanno considerati assorbiti.
Il quinto motivo è inammissibile.
9.1. Essa muove da una premessa fattuale (il carattere pertinenziale dei locali posti al primo piano) che non risulta affatto dalla sentenza impugnata, come del resto non risulta che la questione stessa, evidentemente implicante accertamenti fattuali, abbia mai costituito oggetto del dibattito processuale.
Va al riguardo ribadito che, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere RAGIONE_SOCIALE parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità RAGIONE_SOCIALE censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito RAGIONE_SOCIALE suddetta questione (tra le tante, Cass. n. 15430/2018).
Difatti, il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità RAGIONE_SOCIALE decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (v., tra le molte, Cass. n. 14269 del 2023; n. 31227 del 2019; n. 15196
del 2018).
9.2. Mette conto al riguardo rimarcare che, se è vero che parte ricorrente, nel riferire nell’esposizione del fatto dice che fin dall’inizio del subentro nell’attività e RAGIONE_SOCIALE stipula del primo contratto aveva sempre usufruito pure dei locali al primo piano e se è vero che tanto trova risconto anche nella pag. 20 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, là dove riferisce la prospettazione del ricorrente, nonché, sempre in essa, nella capitolazione probatoria alle pag. 5 e 6 (cap. n. 3 e 4), tuttavia, tali allegazioni, integrando fatti costitutivi di una vera e propria domanda basata sull’estensione originaria del primo contratto, per ritenersi introdotte nel processo come tali, supponevano che egli ne facesse oggetto, con prospettazione in iure , come nel motivo in esame, di una domanda di riconoscimento dell’estensione originaria del primo contratto anche ai locali al primo piano.
Il ricorrente, però questo non lo dimostra, il che esclude possa nella specie operare il principio per cui la Corte di Cassazione può essere investita di una questione di diritto nuova che non suppone nuovi accertamenti di fatto, essendo pur sempre necessario a tal fine che una siffatta questione trovi rispondenza -ossia, sia pertinente -alla domanda introdotta dal ricorrente che la prospetta, di cui costituisce fatto costitutivo in iure , ragione giustificativa in iure , o ad un’eccezione ritualmente introdotta.
Tale presupposto difetta nella specie, non essendo nemmeno dedotto, tanto meno nel rispetto degli oneri di specificità e autosufficienza imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., che a fondamento RAGIONE_SOCIALE domanda fosse stata posta l’indicazione (ovviamente da parte dell’odierno ricorrente , quale espressione del principio RAGIONE_SOCIALE domanda) , come fatto costitutivo, dell’estensione del contratto al primo piano per pertinenzialità.
La memoria che, come detto, è stata depositata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis.1 , comma primo, cod. proc. civ.,
non offre argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio dei motivi.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente, NOME COGNOME, delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, con applicazione dei minimi tariffari cui il Collegio ritiene di doversi attenere, disattendendo sul punto la depositata nota spese, in considerazione delle peculiarità RAGIONE_SOCIALE fattispecie.
Non v’è luogo invece a provvedere sulle spese nel rapporto con la società intimata, attesa la rileva improcedibilità del relativo controricorso.
Va dato atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente NOME COGNOME, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.400 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 52,70 come da nota spese ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Terza