Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18554 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18554 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8803-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2436/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/11/2020 R.G.N. 2830/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/04/2024
CC
La Corte di appello di Roma, con la sentenza in atti, in parziale accoglimento dell’appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata ha condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore dell’appellato COGNOME NOME della somma di euro 26.626,10 al lordo delle ritenute di legge oltre accessori; confermando nel resto la sentenza impugnata.
A fondamento della decisione la Corte d’appello ha confermato innanzitutto l’esistenza della subordinazione del COGNOME in conformità al contratto di assunzione intervenuto tra le parti l’1 aprile 2011, mentre il patto associativo doveva ritenersi simulato; dall’istruttoria era emerso però che la data di inizio del rapporto era stata il 15/10/2010.
Per quanto attiene al calcolo delle differenze retributive maturate per il periodo del 15/10/2010 al 6/4/2012, considerando unicamente il trattamento economico ordinario, la Corte d’appello ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio all’esito della quale il c.t.u. aveva calcolato le somme spettanti al lavoratore sulla base dei criteri indicati e poi proceduto a detrarre le somme percepite indicate negli statini di paga, calcolando la differenza di euro 26.626,10.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE con un motivo a cui è resistito con controricorso COGNOME NOME. La ricorrente ha depositato memoria. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi del l’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione riguardante l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio. Sostiene il ricorrente che la motivazione della sentenza sia viziata da errore logico giuridico in quanto il documento n. 3 in base al quale il ctu avrebbe dovuto redigere un secondo conteggio in conformità al
quesito al medesimo affidato, non essendo stato mai contestato, anche in relazione alla riconducibilità di esso al lavoratore e soprattutto agli importi dal medesimo riscossi nel corso del rapporto, doveva necessariamente essere oggetto di esame da parte del c.t.u., tenuto conto che in tal senso risultava formulato il quesito.
Era incorsa pertanto in vizio di motivazione la Corte di merito laddove aveva aderito acriticamente alla sostanziale omissione del c.t.u. circa il secondo conteggio, perché l’esame del documento n. 3 (fascic oletto) ‘seppure integrato dalla lettura degli atti non consente di rilevare i vari compensi che il lavoratore ha effettivamente percepito dal suo datore di lavoro’. Richiama altresì quanto riferisce la teste COGNOME; censura la motivazione a pagina 9 dell’impugnata sentenza che aderisce acriticamente alla prospettazione dubitativa formulata dal c.t.u. La ctu avrebbe dovuto accertare che l’appellato nel corso del rapporto di lavoro ha percepito somme ben superiori a quelle riportate nelle buste paghe ammontanti a complessivi euro 58.151,72 come indicato a pagina 8 dell’elaborato peritale.
2.- Il motivo è inammissibile perché contesta in realtà la valutazione delle prove e l’accertamento dei fatti operato nel giudizio anche sulla scorta della ctu contabile; esso pone pertanto questioni in fatto non ammissibili in sede di legittimità e comunq ue non riconducibili ad alcuno dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c.
3.- In proposito, occorre considerare che gli accertamenti di fatto non sono sindacabili in sede di legittimità oltre i limiti imposti dal novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014 (con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle
Sezioni semplici), di cui parte ricorrente non tiene alcun conto, pretendendo piuttosto una rivalutazione degli accertamenti storici ed una revisione del giudizio di fatto non ammissibile in questa sede.
4.- Inoltre va ricordato che risulta infondata la critica rivolta alla decisione della Corte di appello di adesione alle risultanze peritali. Questa Suprema Corte, al riguardo, ha in più occasioni chiarito che il giudice di merito può legittimamente fare richiamo alle risultanze emergenti dalla CTU, non essendo necessario che vengano fornite ulteriori motivazioni in ordine all’adesione all’elaborato peritale (Cass. n. 282/2009; Cass. n. 1815/2015), né al rigetto delle tesi contrarie. In tema di consulenza tecnica d’ufficio, inoltre, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di un’esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova ctu, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Cass. n. 9379/2011; Cass. n. 17693/2013; Cass. 22799/2017).
5.- Infondate sono anche le dedotte censure motivazionali. Come è noto, con le sentenze n. 8053 e 8054 del 2014 cit. si è precisato che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione”. La motivazione apparente, che determina nullità della sentenza
perché affetta da error in procedendo, è quella che non consente di percepire il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. Cass. n. 22232 del 2016; Cass. n. 12351 del 2017).
6.- La motivazione resa dai giudici di appello non contiene alcuno dei vizi atti ad integrare la violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. poiché è ben espresso il percorso logico che sostiene il decisum, come sopra riassunto.
7.- Sulla scorta di quanto esposto il ricorso deve essere quindi respinto. Seguono le spese processuali a carico del soccombente secondo l’art. 91 c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il r icorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 24.4.2024