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Valore della quota del socio defunto, società di persone

Allorché il rapporto sociale si estingua nei confronti di un socio è perciò compito degli amministratori, in ciò obbligati dal combinato disposto degli articoli 2261 e 2289 c. c. , quello di rendere il conto della gestione al fine di consentire la formazione, in nome e per conto della società, di una situazione patrimoniale straordinaria aggiornata ai fini dell’assolvimento dell’onere della società di provare il valore della quota (Cass. , Il criterio di ripartizione dei guadagni e delle perdite, stabilito dall’articolo 2263 c. c. , comma 2, per il socio che ha conferito la propria opera, vale anche all’atto dello scioglimento della società limitatamente al socio predetto per la determinazione della quota da liquidare a questo o ai suoi eredi.

Pur potendo determinare il valore della quota in modo equitativo, la valutazione del giudice deve pur sempre muovere dalla situazione patrimoniale della società al momento dello scioglimento

 

L’onere di provare il valore della quota del socio defunto di una società di persone, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio, in quanto solo i soci rimasti in società, e non certo gli eredi del defunto, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della società, di dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento (Cass., Sez. II, 19/04/2001, n. 5809).

Allorché il rapporto sociale si estingua nei confronti di un socio è perciò compito degli amministratori, in ciò obbligati dal combinato disposto degli articoli 2261 e 2289 c.c., quello di rendere il conto della gestione al fine di consentire la formazione, in nome e per conto della società, di una situazione patrimoniale straordinaria aggiornata ai fini dell’assolvimento dell’onere della società di provare il valore della quota (Cass., Sez. I, 16/01/2009, n. 1036).

Il criterio di ripartizione dei guadagni e delle perdite, stabilito dall’articolo 2263 c.c., comma 2, per il socio che ha conferito la propria opera, vale anche all’atto dello scioglimento della società limitatamente al socio predetto per la determinazione della quota da liquidare a questo o ai suoi eredi.

Pertanto, se nel contratto sociale sia riconosciuta, ai soci che conferiscono soltanto il loro lavoro, parità di diritti nella ripartizione dei guadagni e delle perdite, siffatto criterio deve seguirsi anche all’atto dello scioglimento del rapporto sociale nella liquidazione della quota al socio uscente.

Se, viceversa, manchi una tale determinazione convenzionale, il valore della quota già spettante al socio conferente la propria opera è, ai fini della sua liquidazione, fissato dal giudice secondo equità, assumendo a base la situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è verificato lo scioglimento (Cass., Sez. I, 20/03/2001. n. 3980).

E tuttavia anche in tal caso non si dubita che, implicando la partecipazione ad una società di persone in qualità di socio d’opera, senza cioè conferimento di beni e con un apporto di attività di lavoro, non soltanto un diritto alla distribuzione degli utili, ma anche un diritto, in caso di scioglimento del rapporto sociale, ad una liquidazione della quota proporzionata alla partecipazione ai guadagni (articolo 2289 c.c.), in relazione agli incrementi patrimoniali conseguiti dalla società (Cass., Sez. I, 18/10/1985, n. 5126), il giudice, investito della relativa domanda, nel procedere lungo il sentiero dell’equità possa deflettere dal chiaro criterio fissato dalla legge e possa prescindere dal determinare, pure secondo equità, la quota spettante al socio d’opera in uscita dalla società dalla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento (articolo 2289 c.c., comma 2).

Ne discende perciò che, pur potendo determinare il valore della quota in modo equitativo – ovvero facendo confluire nel proprio giudizio elementi che si riannodano alla particolare natura della prestazione resa dal socio d’opera – la valutazione del giudice, onde risultare conforme a diritto e non sconfinare nell’arbitrio, deve pur sempre muovere da un presupposto obbligato ed ineludibile costituito dalla situazione patrimoniale della società al momento dello scioglimento; ovvero dovrà muovere da un documento – che, allorché non si renda disponibile per iniziativa dei soci, potrà essere predisposto senz’altro a mezzo di CTU in cui, in difetto di idoneo apporto documentale, potrà essere utilizzato ogni utile elemento di valutazione – da cui possa emergere l’effettiva consistenza patrimoniale della società al momento dello scioglimento.

Corte di Cassazione, Sezione Prima, Ordinanza n. 4260 del 19 febbraio 2020

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