Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21300 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 21300 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Poggio INDIRIZZO), in persona della legale rappresentante sig.ra NOME COGNOME, rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al ricorso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio in RomaINDIRIZZO.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Faenza (INDIRIZZO), in persona della legale rappresentante sig.ra NOME COGNOME, rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al controricorso dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo digitale pec del difensori.
Controricorrente
avverso la sentenza n. 1191/2021 della Corte di appello di Bologna, pubblicata il 14. 5. 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25. 6. 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del P.M., in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Udite le difese svolte dall’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per la ricorrente e dall’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per la controricorrente.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE propose appello per la riforma della sentenza del Tribunale di Ravenna che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo da essa promosso nei confronti della ingiungente società RAGIONE_SOCIALE, dato atto che l’opposta, in corso di causa, aveva aderito all’eccezione di incompetenza territoriale de rogabile sollevata dalla opponente, dichiarava la propria incompetenza in favore del Tribunale di Rieti, revocava il decreto ingiuntivo opposto e, ravvisando giusti motivi, compensava tra le parti le spese di lite. Nella specie la parte impugnò la statuizione sulle spese, deducendo la mancanza dei presupposti richiesti dalla legge e la violazione del principio di soccombenza.
Con sentenza n. 1191 del 14. 5. 2021 la Corte di appello di Bologna respinse il gravame, rilevando che, essendosi formato accordo delle parti sulla competenza, la relativa questione non era stata affrontata né decisa dal giudice, che si era limitato a dare atto della indicazione del giudice competente, sicché non era ravvisabile alcuna soccombenza a carico della parte opposta ed il giudice aveva correttamente individuato nella vicenda che aveva concluso il processo dinanzi a sé ragioni valide per la compensazione delle spese.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 15. 12. 2021, ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE, sulla base di un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso.
Avviato il procedimento di decisione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., con ordinanza interlocutoria n. 3665 del 7. 2. 2023 la trattazione del ricorso è stata rimessa alla pubblica udienza.
Il P.M. e le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. L’unico motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 38, 91 e 92 c.p.c., si articola in due censure.
Con una prima doglianza si contesta l’affermazione della Corte di appello secondo cui sulla eccezione di incompetenza sollevata dalla opponente si sarebbe formato un accordo tra le parti, atteso che esso presuppone la comune volontà di indicare il giudice competente e non ricorre laddove, come nel caso di specie, la parte si limiti soltanto ad aderire alla diversa indicazione di competenza formulata dalla controparte.
Con una seconda censura la sentenza impugnata è criticata per non avere riconosciuto che l ‘ opponente era risultata totalmente vittoriosa, attesa la disposta revoca del decreto ingiuntivo da lei opposto.
Si assume inoltre che la statuizione di compensazione è ingiusta ed illegittima, per avere negato alla parte il diritto al rimborso delle spese di lite provocate dall’iniziativa processuale dell’avversario, tenuto conto anche della concreta attività difensiva da essa svolta, attes o che l’adesione all’ eccezione di incompetenza era stata manifestata dalla opposta solo in sede di precisazione delle conclusioni, e per essere stata emessa al di fuori delle ipotesi in presenza delle quali l’art. 92 c.p.c. la consente.
Il motivo è solo in parte fondato.
La Corte di appello ha motivato la inapplicabilità nel caso di specie del criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. in tema di condanna alle spese del giudizio, sul rilievo che nella fattispecie prevista dall’art. 38, comma 2, c.p.c., nel caso in cui la parte convenuta aderisca all’eccezione dell’attore di incompetenza per territorio derogabile, il giudice si limita a dare atto di tale adesione, pronunciando i provvedimenti conseguenti, senza decidere nel merito della fondatezza o meno della questione di competenza sollevata. Proprio la mancanza di una decisione su ll’eccezione impedirebbe, pertanto, di individuare la fattispecie della soccombenza e quindi di provvedere alla condanna alle spese. Ha quindi ritenuto che nel caso di specie correttamente il Tribunale avesse ravvisato nella adesione dell’opposta alla eccezione di competenza una valida ragione di compensazione delle spese.
Il ragionamento svolto dalla Corte di appello merita di essere condiviso nella premessa, non nella parte conclusiva.
In linea generale l’indirizzo consolidato di questa Corte è nel senso che, nell’ipotesi prevista dall’art. 38, comma 2, c.p.c., l’adesione del convenuto all’eccezione di incompetenza territoriale proposta da ll’attore comporta l’esclusione di ogni potere del giudice adito di decidere sulla competenza, risultando essa risolta dall’accordo formatosi nel processo. Se ne fa conseguire che il giudice non può nemmeno pronunciare sulle spese processuali relative alla fase svoltasi davanti a lui, dovendo provvedervi il giudice al quale è rimessa la causa ( Cass. n. 15017 del 2022; Cass. n. 25180 del 2013 ).
L’orientamento richiamato è condiviso dal Collegio.
Decisiva in tal senso è la considerazione che l’adesione del convenuto pone fine alla questione di competenza e rende superflua o meglio impedisce ogni decisione al riguardo. Il giudice deve limitarsi a dare atto della indicazione del giudice designato come competente ed a disporre la cancellazione della causa dal ruolo.
La norma altresì precisa che la competenza del giudice indicato dall’attore rimane incontestabile nel caso in cui il giudizio prosegua e la causa venga riassunta nel termine di tre mesi dal provvedimento di cancellazione.
Da tale disposizione emerge che l’adesione del convenuto all’eccezione della controparte integra un accordo la cui efficacia è limitata al processo in corso.
Discende altresì che l ‘accordo delle parti sulla designazione del giudice e l’adempimento dell’onere di riassunzione della causa dinanzi a quest’ultimo provocano una translatio iudicii , dal giudice adito a quello indicato come competente.
Il processo in questo caso rimane identico e ciò, per quanto qui interessa, conforta la soluzione che a provvedere sulle spese debba essere il giudice della causa riassunta, quale giudice del merito della controversia. La conclusione contraria apparirebbe in contrasto con il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui il criterio della soccombenza va applicato avuto riguardo all’esito della lite.
La mancanza di un provvedimento a carattere decisorio, con conseguente inconfigurabilità del presupposto della soccombenza, e la proseguibilità del giudizio per la fase del merito toglierebbero quindi spazio alla possibilità per il giudice che si spogli della causa di regolamentare le spese di lite per l’attività svoltasi davanti a lui, dovendovi provvedere il giudice della causa riassunta.
Tanto precisato, sia il ricorso che il P.M. nella sua memoria pongono tuttavia la questione se i principi sopra esposti debbano trovare integrale applicazione anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in cui la dichiarazione di incompetenza seguita alla adesione del convenuto comporta l’ulteriore effetto della caducazione del decreto, per essere stato emesso da un giudice incompetente.
La risposta della giurisprudenza non è univoca, contando pronunce sia in senso favorevole ( Cass. n. 25180 del 2013; Cass. n. 6106 del 2006 ) che contrario ( Cass. n. 4028 del 2021 ). In particolare, la tesi secondo cui in tale giudizio il giudice dovrebbe pronunciare sulle spese è argomentata anche dal rilievo che in queste ipotesi non si verifica, con la riassunzione, una piena translatio del giudizio. Il giudizio di opposizione, con la declaratoria di invalidità del decreto ingiuntivo, è ormai definito e la causa riassunta avrà ad oggetto l’accertamento del credito in precedenza fatto valere in via monitoria. Questa è anche la conclusione sostenuta dal P.M..
Ora, si ritiene che la soluzione più convincente sia quella secondo cui anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in presenza della fattispecie descritta dall’art. 38, comma 2, c.p.c., la pronuncia sulle spese del giudizio competa non al giudice dell’opposizione ma al giudice davanti a cui la causa è riassunta.
La ragione è che anche in questo giudizio il giudice non decide sulla questione di incompetenza ma, dato atto dell’adesione del convenuto, si limita a rimettere le parti dinanzi al giudice designato ed a dichiarare la cancellazione della causa dal ruolo. Si verifica quindi anche in questa ipotesi il fenomeno della translatio iudicii . Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non presenta peculiarità tali da suggerire una conclusione che si discosti dal principio generale sopra enunciato. Valgono per esso pertanto le medesime ragioni sopra riferite, che
sottraggono al giudice ritenuto incompetente la decisione sulle spese. In particolare, non assume valore di connotato distintivo la declaratoria di nullità del decreto ingiuntivo. La relativa pronuncia non ha alcuna valenza decisoria, dal momento che la invalidità del decreto ingiuntivo è una mera conseguenza del fatto che, alla luce dell’accordo delle parti , il decreto è stato emesso da un giudice incompetente. Essendo mera conseguenza non dovrebbe nemmeno dubitarsi che essa, anche se non formalmente dichiarata, sia da ritenersi implicita nel provvedimento che dà atto che la competenza appartiene al giudice designato dalle parti, comportando tale dichiarazione la sicura caducazione del decreto ingiuntivo. In questo senso la giurisprudenza prevalente di questa Corte, secondo cui la declaratoria di invalidità del decreto ingiuntivo è implicita nel provvedimento con cui il giudice dell’opposizione, prendendo atto dell’adesione dell’opposto alla eccezione di incompetenza territoriale del giudice che lo ha emesso, dispone la cancellazione della causa dal ruolo e rimette le parti dinanzi al giudice competente ( Cass. n. 15694 del 2006; Cass. n. 10687 del 2005; Cass. n. 2352 del 1999 ). Trattandosi di effetto processuale direttamente collegato alla declaratoria di incompetenza, la dichiarazione di invalidità del decreto ingiuntivo opposto, anche se espressamente dichiarata, non si configura pertanto come decisione di merito, tale da legittimare la pronuncia sulle spese, né un tratto distintivo altrimenti apprezzabile per poter affermare che spetti al giudice ritenuto dalle parti incompetente emettere tale pronuncia.
La censura svolta dal ricorso, che contesta l’applicazione del principio giurisprudenziale sopra richiamato nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, va pertanto disattesa.
Il ricorso va invece accolto nella parte in cui comunque censura il rigetto dell’appello avver so la statuizione di primo grado di compensazione delle spese di lite. La Corte distrettuale che ha confermato tale decisione appare infatti in contrasto con le ragioni sopra esposte, che portano a devolvere la pronuncia sulle spese al giudice di fronte al quale la causa viene riassunta. Ne discende che il Tribunale non avrebbe comunque potuto disporne la compensazione.
La sentenza va pertanto cassata in relazione alla censura accolta e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è decisa nel merito
mediante l’annullamento della statuizione della sentenza di primo grado che ha disposto la compensazione delle spese di lite.
L ‘ incertezza delle questioni affrontate e la non univocità delle soluzioni offerte dalla giurisprudenza costituiscono valide ragioni per la compensazione delle spese del giudizio di appello e del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa in relazione alla censura accolta la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla la statuizione della sentenza del Tribunale di Ravenna che ha disposto la compensazione delle spese di lite. Compensa tra le parti le spese del giudizio di appello e del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 giugno 2024.