Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21485 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21485 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17912/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 661/2021 depositata il 29/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME chiese al Tribunale di Forlì la declaratoria di inesistenza di una servitù di passaggio coattivo di condutture interrate nel proprio fondo, che la vicina NOME COGNOME pretendeva di vantare. NOME, costituendosi, resistette e domandò in via riconvenzionale il risarcimento dei danni, provocati ai suoi impianti dalle radici degli arbusti presenti nell’area.
In esito all’istruzione probatoria, il giudice adito respinse la domanda dell’attore, ritenendo che la presenza di servitù attive e passive fosse menzionata nel contratto di acquisto dei danti causa di entrambe le parti.
A seguito di impugnazione del l’attore COGNOME, la Corte d’appello di Bologna accolse parzialmente il gravame, con sentenza n. 661 depositata il 16 febbraio 2021, dichiarando l’inesistenza del diritto di servitù di passaggio delle condutture sulla proprietà dell’appellante ed ordinando la rimozione delle stesse.
Per giungere a tale conclusione, il giudice di secondo grado osservò che l’atto di acquisto stipulato dai genitori della COGNOME, contenente una clausola astrattamente idonea a costituire il diritto di servitù non sarebbe stato opponibile al COGNOME, giacché non ancora trascritto al momento dell’acquisto da parte dei danti causa di quest’ultimo. Rilevò inoltre che dall’esame del rogito di acquisto dello stesso COGNOME non sarebbe emerso alcun idoneo richiamo alla servitù passiva.
Contro la predetta sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME, sulla scorta di tre motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME, depositando altresì memoria.
RAGIONI DI DIRITTO
1.1 La Corte rileva preliminarmente che il controricorrente ha dichiarato di rinunciare all’eccezione di invalidità della procura speciale, dopo aver preso atto della intervenuta pronuncia delle Sezioni Unite (v. memoria pag. 2).
Passando all’esame dei motivi, col primo di essi la ricorrente denunzia la falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione alla mancata qualificazione della situazione in esame quale servitù per destinazione del padre di famiglia in luogo della servitù di natura negoziale considerata in parte motiva, con conseguente erronea interpretazione e falsa applicazione, in relazione al riconoscimento della sussistenza di una situazione di turbativa e della conseguente domanda ex art. 949 c.c.
Sostiene la COGNOME che i giudici di merito -a cui spetta il potere di qualificare giuridicamente i fatti posti a base della domanda avrebbero erroneamente ricondotto la fattispecie alla disciplina delle servitù negoziali di cui all’art. 1058 c.c., anziché a quella della servitù per destinazione del buon padre di famiglia ex art. 1062 c.c. Infatti, tutti gli atti di compravendita tra l’unica società costruttrice delle unità condominiali e gli acquirenti avrebbero previsto il riferimento allo stato di fatto e di diritto degli immobili venduti, con le rispettive accessioni e pertinenze, con gli oneri e le servitù attive e passive di qualsiasi specie, derivanti anche dallo stato di condominio del fabbricato. Ed, in base alla documentazione in atti, la società costruttrice del complesso immobiliare avrebbe posto all’interno della proprietà COGNOME tubature condominiali che,
partendo da una cassetta di distribuzione e transitando per il pozzetto di ispezione, avrebbero servito anche gli altri comproprietari. Evidenzia il requisito dell’apparenza, rappresentato dalla presenza della cassetta di derivazione e del pozzetto di ispezione nel giardino di proprietà dello stesso COGNOME.
1.2 Con il secondo mezzo, la ricorrente si duole dell’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, già oggetto di discussione fra le parti, ex art. 360 n. 5 c.p.c., per aver la Corte emiliana mancato di considerare l’avvenuto risarcimento, da parte del COGNOME, dei danni cagionati alla COGNOME, per l’interruzione della servitù. La compagnia assicuratrice del controricorrente avrebbe infatti provveduto al risarcimento integrale del danno patito dalla ricorrente, riconoscendo così la responsabilità dell’assicurato e la sussistenza della servitù.
1.3 Con la terza censura, la COGNOME assume la falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché la sentenza impugnata avrebbe erroneamente escluso la disciplina condominiale. Nella fattispecie, non si sarebbe trattato in alcun modo di regolare l’esercizio di un diritto di servitù tra due soli condomini, ma di prendere atto della presenza di una situazione di fatto e di diritto più ampia.
2 Il primo motivo è fondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, la proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cd. diritti “autodeterminati”, individuati, cioè, sulla base della sola indicazione del relativo contenuto sì come rappresentato dal bene che ne forma l’oggetto, con la conseguenza che la “causa petendi” delle relative azioni giudiziarie si identifica con i diritti stessi e non con il relativo titolo – contratto, successione ereditaria, usucapione, ecc. – che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non ha, per l’effetto, alcuna funzione di specificazione della domanda,
essendo, viceversa, necessario ai soli fini della prova. Non viola, pertanto, il divieto dello “ius novorum” in appello la deduzione da parte dell’attore – ovvero il rilievo “ex officio iudicis” – di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio (cfr. tra le varie, Sez. 2 – , Sentenza n. 23565 del 23/09/2019; Sez. 2 – , Sentenza n. 21641 del 23/08/2019).
Nel caso in esame, posto che, come è noto, al giudice di merito spetta di qualificare i fatti oggetto della domanda e delle eccezioni, la Corte di merito doveva porsi il problema di verificare, sulla base di tutti gli elementi fattuali emersi dagli atti, se nel caso in esame, la servitù in questione potesse essere inquadrata nello schema della destinazione del padre di famiglia.
La stessa ricostruzione in fatto operata dai giudici di secondo grado -la coincidenza cronologica degli atti di acquisto (17 aprile 1991), la comune costruttrice/venditrice del complesso immobiliare, la compresenza di quattro unità che, come ammette lo stesso controricorrente, dispongono di parti comuni, con una cabina in muratura posta al confine della proprietà COGNOME -avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello di Bologna a prendere in esame l’ipotesi che la servitù, negata dall’appellante, potesse avere origine per destinazione del padre di famiglia, superando così il problema legato alla priorità della trascrizione , che ha condizionato l’esito del giudizio.
Il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di opere permanenti e visibili destinate al suo esercizio, e perchè sussista tale visibilità è sufficiente che le opere siano individuabili -anche se solo saltuariamente ed occasionalmente – da qualsivoglia punto d’osservazione, anche esterno al fondo servente, purché, per la loro struttura e
consistenza, esse rendano manifesta la situazione di asservimento di tale fondo.
Si rende pertanto necessario un nuovo esame, con logico assorbimento dei restanti motivi.
La sentenza è pertanto cassata in relazione alla censura accolta e la causa è rinviata alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, che , attenendosi ai citati principi, valuterà l’esistenza di una servitù per destinazione del padre di famiglia e provvederà altresì in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Seconda