Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11239 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11239 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25151/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 5632/2019 depositata il 17/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
RAGIONE_SOCIALE, titolare di fondi in Comune di Castelfranco Veneto, citava davanti al Tribunale di Treviso il confinante Condominio Il Borgo perché, accertata, in primo luogo, la titolarità per maturata usucapione della servitù di passaggio attraverso un ‘andito’ o ‘varco’, di altezza e larghezza asseritamente di 4,60 metri per 4,60 metri, adatto al transito di mezzi agricoli pesanti, aperto in un immobile -‘vecchio fabbricato’ -del Condominio, accertato, in secondo luogo, il restringimento dell’ ‘andito’ e la conseguente maggior difficolta di passaggio con i suddetti mezzi, a seguito di opere edili realizzate dal Condominio, fosse ordinato al convenuto, ai sensi dell’art. 1067 c.c., di ripristinare il passaggio nelle sue originarie dimensioni.
La società attrice evidenziava che l’esistenza della servitù, il cui possesso risaliva ad epoca remota, era menzionata nel contratto in data 28 ottobre 1998, intercorso tra il dante causa mediato e il dante causa immediato del Condominio, laddove era scritto che ‘a titolo precario è esercitato di fatto … un passaggio pedonale e carraio gravante sugli immobili in oggetto e a favore del mappale n. 377, posto a sud, di proprietà della ditta RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale, preso atto del riconoscimento, da parte del Condominio, del fatto che l’attrice aveva esercitato il passaggio per il tempo necessario all’usucapione, accoglieva la domanda di accertamento della servitù affermando che la servitù era determinata come nel citato contratto. Rigettava la domanda di riduzione in pristino sul motivo che la società attrice non aveva dimostrato che le opere edili realizzate dal Condominio avessero
significativamente alterato il contenuto della servitù e reso impossibile o difficoltoso il transito con mezzi agricoli.
3. La Corte di Appello di Venezia, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la decisione del Tribunale segnatamente ritenendo, in primo luogo, infondata la doglianza della RAGIONE_SOCIALE per cui il Tribunale ‘pur avendo individuato correttamene il titolo di acquisto (usucapione) aveva poi omesso colpevolmente, seppure richiesto, di delineare l’estensione della servitù in base alle risultanze istruttorie’. Riguardo a tale doglianza la Corte di Appello ha affermato che nessuna omissione poteva essere addebitata al Tribunale avendo quest’ultimo affermato che la servitù era stata usucapita per come essa era delineata nel contratto ossia come ‘passaggio pedonale e carraio gravante sugli immobili in oggetto e a favore del mappale n. 377, posto a sud, di proprietà della ditta RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di Appello ha poi ribadito che non era stata fornita alcuna prova del pregiudizio dedotto come conseguente agli interventi edilizi del Condominio ed ha precisato che l’appellante si era ‘limitata a lamentare che è oltremodo gravoso il passaggio con mezzi meccanici senza spiegare di quali mezzi si tratti e senza indicarne le caratteristiche’ ed aveva prodotto fotografie le quali ‘non dimostrano quanto preteso dalla appellante circa le misure dell’andito in altezza e larghezza della servitù riconosciuta, il cui contenuto appariva ben delineato nel contratto del 28 ottobre 1998. La Corte di Appello ha aggiunto che la doglianza della RAGIONE_SOCIALE per cui il primo giudice aveva fatto erroneo riferimento al criterio del ‘minimo mezzo’ di cui all’art. 1065 c.c. per la determinazione del contenuto della servitù era fuori centro rispetto alla ratio della decisione appellata;
4. per la cassazione della sentenza della Corte di Appello la RAGIONE_SOCIALE ricorre con quattro motivi, illustrati con memoria e osteggiati dal Condominio con controricorso;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso vengono dedotte ‘violazione o falsa applicazione degli articoli 1058, 1061, 1063, 1064, 1065, 1067 e 1075 c.c. Nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti: il riconoscimento pacifico ed accertato acquisto per usucapione e non per contratto della servitù di passaggio; il contenuto e la delimitazioni della servitù siccome circoscritto non dal contratto 28 ottobre 1998 bensì dal pregresso possesso e dal conseguente acquisto per usucapione’;
2. con il secondo motivo di ricorso vengono dedotte ‘violazione o falsa applicazione degli articoli 1058, 1061, 1063, 1064, 1065, 1067 e 1075 c.c. Nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. Nullità della sentenza per motivazione apparente e tautologica. Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti: il riconoscimento pacifico ed accertato acquisto per usucapione e non per contratto della servitù di passaggio; il contenuto e la delimitazioni della servitù siccome circoscritto non dal contratto 28 ottobre 1998 bensì dal pregresso possesso e dal conseguente acquisto per usucapione; l’esistenza di opere visibili e permanenti inequivocabilmente destinate all’esercizio della servitù di passaggio esistenti ab immemorabile quali il varco avente altezza di 4,60 metri e larghezza di 4,60 metri come documento dal documento 4 e 5 della attrice appallante; la riduzione delle altezze utili al passaggio a metri 2.89 e m.3,31 e la riduzione della larghezza utile
a m 4,26 e la conseguente diminuzione o impedimento dell’esercizio della servitù’;
con il terzo motivo vengono dedotte ‘violazione o falsa applicazione degli articoli 1058, 1061, 1063, 1064, 1065, 1067 e 1075 c.c. Nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. Nullità della sentenza per motivazione apparente e tautologica’;
con il quarto motivo di ricorso viene dedotto ‘omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti: il riconoscimento pacifico ed accertato acquisto per usucapione e non per contratto della servitù di passaggio; il contenuto e la delimitazioni della servitù siccome circoscritto non dal contratto 28 ottobre 1998 bensì dal pregresso possesso e dal conseguente acquisto per usucapione; l’esistenza di opere visibili e permanenti inequivocabilmente destinate all’esercizio della servitù di passaggio esistenti ab immemorabile quali il varco avente altezza di 4,60 metri e larghezza di 4,60 metri come documento dal documento 4 e 5 della attrice appallante; la riduzione delle altezze utili al passaggio a metri 2,89 e m.3,31 e la riduzione della larghezza utile a m 4,26 e la conseguente diminuzione o impedimento dell’esercizio della servitù’.
I primi tre motivi di ricorso, largamente ripetitivi, sono inammissibili.
5.1. La censura di violazione degli articoli 1058, 1061, 1063, 1064 e 1075 c.c. del codice civile è solo dedotta nella rubrica dei motivi primo, secondo e terzo, e non sviluppata in alcun modo. Come tale è inammissibile.
5.2. La censura di omesso esame di fatti decisivi, veicolata con il primo motivo, è inammissibile dato che sotto questa rubrica non viene effettivamente dedotto che la Corte di Appello abbia omesso
di esaminare circostanze di fatto ma viene sollevata una questione sul preteso errore che la Corte di Appello avrebbe commesso nel ritenere che la servitù di passo fosse stata acquistata per usucapione con il contenuto definito nel contratto più volte menzionato. Questioni e argomentazioni non possono integrare il motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. e se proposte in riferimento a questa disposizione sono inammissibili (Cass. Sez. 6 – 1, ordinanza n.2268 del 26/01/2022);
5.3. La censura di omesso esame di fatti decisivi, veicolata con il secondo motivo, è inammissibile per ‘doppia conforme’.
La Corte di Appello ha ribadito che i documenti prodotti dalla odierna ricorrente e in riferimento al mancato esame dei quali quest’ultima aveva criticato la decisione di primo grado non consentivano di individuare la misura del varco in altezza e larghezza e il relativo restringimento.
Lamenta la ricorrente che la Corte di Appello avrebbe omesso di valutare ulteriori documenti.
A fronte di un doppio accertamento conforme dei giudici di primo e secondo grado, l’impugnazione della sentenza d’appello soggiace alla preclusione derivante dalla regola di cui all’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (applicabile ratione temporis) per cui il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile.
5.4. La censua di motivazione apparente, veicolata con il secondo e con il terzo motivo, è inammissibile.
Va ricordato che ‘la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (tra le varie, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830).
‘Scendendo più nel dettaglio sull’analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture’ (Cass. Su 2767/2023 che richiama, Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016 Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 -1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061; Sez. 6 -5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145).
Nel caso di specie la motivazione della sentenza, lungi dall’essere apparente è ampia, articolata e pregnante.
La Corte di Appello, dopo aver affermato che la servitù è ‘ben delineato’ dal contratto in data 28 ottobre 1998, ha risposto negativamente alla domanda ex art. 1067, primo comma, c.c., di riduzione in pristino della ampiezza del passaggio in modo da eliminare l’aggravio consistente nella maggiore difficoltà, rispetto a prima delle innovazioni realizzate dal Condominio, di utilizzare il
‘varco’ per il passaggio di mezzi agricoli anche di notevoli dimensioni.
La risposta negativa è stata basata su due argomenti: la mancanza di prova delle asserite, originarie dimensioni del passaggio e del restringimento; la genericità della allegazione secondo cui le opere realizzate dal Condominio avrebbero reso più gravoso il passaggio con mezzi agricoli.
Sotto questo profilo la Corte di Appello ha evidenziato che la COGNOME non si era neppure premurata di precisare quali fossero i mezzi a cui aveva inteso riferirsi né che dimensioni essi avessero ed ha affermato che tale difetto di allegazione non consentiva ‘una valutazione tecnica in merito all’incidenza delle attuali dimensioni del varco’.
La Corte di Appello ha quindi affermato: ‘non avendo allegato né tantomeno provato l’effettiva incidenza delle opere sul passaggio di veicoli, l’appellante ha reso impossibile il giudizio tecnico sull’aggravamento previsto dall’art. 1067 c.c.’.
La Corte di Appello ha infine richiamato la sentenza di questa Carte di legittimità n. 3843 del 25/06/1985: ‘Il semplice fatto di una innovazione apportata al fondo servente non può essere considerato di per sé costitutivo di una limitazione della servitù se non costituisca anche un danno effettivo per il fondo dominante, in quanto l’esercizio della servitù è informato al criterio del minimo mezzo, nel senso che il titolare di essa ha il diritto di realizzare il beneficio derivantegli dal titolo o dal possesso senza appesantire l’onere del fondo servente oltre quanto sia necessario ai fini di quel beneficio’.
5.5. La censura di ‘violazione dell’art. 1065 c.c.’ è inammissibile perché non coglie la ratio della sentenza. Sostiene la ricorrente che il principio del minimo mezzo sarebbe stato contraddittoriamente
richiamato in difetto di precisazione, da parte della Corte di Appello, delle dimensioni iniziali del passaggio. La Corte di Appello ha richiamato il principio del ‘minimo mezzo’ nei termini e nella prospettiva delineata dalla ricordata sentenza di questa Corte n.3843 del 1995 ossia come criterio in forza del quale non ogni innovazione sul fondo servente legittima il titolare della servitù a pretendere, ex art. 1067 c.c., la rimozione della innovazione stessa. Sull’affermazione di fondo, oltre alla sentenza richiamata dalla Corte di Appello, la giurisprudenza di legittimità è univoca (v., tra molte, Cass. 10604/2016; Cass 1172/63; Cass. 1613/62).
5.6.Al di là delle cause di inammissibilità già evidenziate e con riferimento anche alle altre censure espresse attraverso i tre motivi in esame, vale quanto segue:
lo scopo concreto che la ricorrente persegue è quello di ottenere la cassazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso la domanda ex art. 1067, primo comma, c.c., di riduzione in pristino della ampiezza del passaggio in modo da eliminare l’aggravio consistente nella maggiore difficoltà, rispetto a prima delle innovazioni realizzate dal Condominio, di utilizzare il ‘varco’ per il passaggio di mezzi agricoli anche di notevoli dimensioni;
la domanda, come già evidenziato sopra laddove si è esaminata la censura di mancanza di motivazione (effettiva), è stata disattesa sulla base di due argomenti;
‘ qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta
definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa’ (Cass. 11493 del 2018; Cass. n. 2108 del 2012);
nessuna censura è riferibile al secondo degli argomenti utilizzato dalla Corte di Appello a fondamento della decisione impugnata;
Il quarto motivo è infine inammissibile per ragioni identiche a quelle espresse al superiore punto 5.2.
La Corte di Appello ha ribadito che i documenti prodotti dalla odierna ricorrente e in riferimento al mancato esame dei quali quest’ultima aveva criticato la decisione di primo grado non consentivano di individuare la misura del varco in altezza e larghezza e il relativo restringimento.
Con questo motivo viene, così come con il secondo, lamentato che la Corte di Appello avrebbe omesso di valutare ulteriori documenti.
Vale la preclusione derivante dalla regola di cui all’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (applicabile ratione temporis) per cui il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese;
PQM
la Corte dichiara il ricorso inammissibile;
condanna la ricorrente a rifondere alla controparte le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 4500,00, per compensi professionali, €200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello
stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma 7 marzo 2024.