Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11215 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11215 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14675/2021 R.G.
proposto da
NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall ‘ AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO e dall ‘ AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 875 del 18/3/2021 della Corte d ‘ appello di Milano;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/4/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
-con ricorso per decreto ingiuntivo, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedevano al Tribunale di Milano di ordinare alla RAGIONE_SOCIALE la restituzione degli originali di cinque polizze-vita, portanti un loro credito verso la compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE, che erano stati consegnati alla società RAGIONE_SOCIALE (poi a RAGIONE_SOCIALE, per acquisto in blocco dei rapporti contrattuali) a titolo di pegno sulle polizze stesse a garanzia di crediti da contratti di leasing stipulati tra la RAGIONE_SOCIALE e due società;
-sostenevano i ricorrenti che era scaduto il termine apposto alla costituzione di pegno e che ciò imponeva la restituzione dell ‘ originale delle polizze ai garanti;
-la RAGIONE_SOCIALE si opponeva all ‘ ingiunzione e il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 5230 dell ‘ 11/05/2018, accoglieva l ‘ opposizione e revocava il decreto monitorio; secondo il primo giudice, la fattispecie costitutiva del pegno era a formazione progressiva, articolandosi sia nell ‘ iniziale atto di pegno su polizza, tra le sole parti COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, sia nella successiva «appendice allegata alla polizza di assicurazione», sottoscritta dalle predette parti e anche dall ‘ assicurazione RAGIONE_SOCIALE ai fini della prelazione ex art. 2800 cod. civ., ma non era stato pattuito alcun termine al diritto reale di garanzia; infatti, l ‘ espressione relativa alla durata, presente in ciascuna delle cinque appendici di polizza, non era da riferire al pegno, ma costituiva elemento identificativo del credito sottoposto a garanzia reale;
-investita dell ‘ impugnazione di COGNOME e COGNOME, la Corte d ‘ appello di Milano, con la sentenza n. 875 del 18/3/2021, rigettava l ‘ appello e confermava la decisione di primo grado, escludendo che negli atti costitutivi di pegno fosse identificabile un termine finale del diritto di garanzia;
-avverso tale decisione NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano ricorso per cassazione, basato su dieci motivi; resisteva con controricorso RAGIONE_SOCIALE;
-le parti depositavano memorie;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 17/4/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
-coi primi nove motivi, formulati ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., i ricorrenti censurano la lettura del contratto inter partes offerta dalla Corte d ‘ appello di Milano, esaminata sotto i diversi criteri di interpretazione ex artt. 1362 ss. cod. proc. civ.;
-in particolare: col primo motivo si deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1362 c.c. ‘ intenzione dei contraenti ‘ », per avere interpretato il contratto discostandosi dal senso letterale delle parole e, segnatamente, della frase -«a seguito della richiesta del Contraente si dà atto che la scadenza del contratto sarà differita fino alla data del 26.10.2010 in conformità alle condizioni contrattuali e, sulla polizza in oggetto, di cui la presente appendice forma parte integrante, a decorrere dal 26.04.2004 viene costituito un vero e proprio pegno legale a favore di RAGIONE_SOCIALE per le prestazioni e fino alla data del 26 10 2010, in conformità alle condizioni contrattuali. La polizza viene consegnata al pignoratario che ha accettato la detta costituzione di pegno e la custodia della polizza stessa. Il tutto ai sensi dell ‘ articolo 2784 CC» -che era stata inserita nelle singole appendici delle polizze; col secondo motivo la «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1367 c.c. ‘ conservazione del contratto ‘ », per avere letto la predetta frase come mezzo scelto dalle parti per identificare il credito dato in garanzia, attività inutile allo scopo in ragione degli altri elementi risultanti dalla
polizza; col terzo motivo la «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1363 c.c. ‘ interpretazione complessiva delle clausole ‘ », per avere omesso di rilevare che le condizioni generali di pegno regolano un aspetto diverso da quello del limite temporale del vincolo reale, sicché da quelle non possono trarsi elementi per interpretare l ‘ appendice di polizza e il termine in essa previsto; col quarto motivo la «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1366 c.c. ‘ interpretazione di buona fede ‘ », per avere impiegato il criterio non per colmare lacune, ma per contrastare una specifica previsione contrattuale; col quinto motivo la «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1367 c.c. ‘ conservazione del contratto … l’ interpretazione della Corte di Appello mira a far produrre alla clausola de qua un effetto giuridico, che già opera per legge , cosicché la clausola sarebbe priva di effetto»; col sesto motivo «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1370 c.c. ‘ interpretazione contro l ‘ autore della clausola ‘ … l ‘ interpretazione di questa fonte deve essere a favore del privato e contraria agli interessi dei predisponenti (RAGIONE_SOCIALE o RAGIONE_SOCIALE, che sia)»; col settimo motivo «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1369 c.c. ‘ espressione con più sensi ‘ », per avere riferito l ‘ inciso «in conformità alle condizioni contrattuali» a quelle dell ‘ atto costitutivo di pegno predisposte da RAGIONE_SOCIALE, anziché a quelle predisposte dalle RAGIONE_SOCIALE per la polizza vita; con l ‘ ottavo motivo la «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1363 c.c. ‘ interpretazione complessiva delle clausole ‘ », perché una loro lettura sistematica e complessiva conduce a riferire l ‘ inciso «in conformità alle condizioni contrattuali» a quelle della polizza vita e non a quelle dell ‘ atto costitutivo di pegno; col nono motivo la «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1371 c.c. ‘ regole finali ‘ », perché la prestazione di
garanzia, atto unilaterale, è stata interpretata nel senso più oneroso per i garanti;
-le predette censure, tra loro intimamente connesse, possono essere esaminate congiuntamente;
-la Corte d ‘ appello ha basato l ‘ interpretazione del contratto, in primis , sull ‘ assenza di un termine esplicito al contratto di pegno, circostanza che i ricorrenti, invocando il criterio ermeneutico letterale nel primo motivo, contestano;
-secondo un consolidato orientamento di legittimità, il criterio ex art. 1362 cod. civ. è fondamentale, sicché, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, non è ammissibile una diversa interpretazione, fondata sull ‘ indagine ricostruttiva della «comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole» ( ex multis , Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10967 del 26/04/2023, Rv. 667678-01);
-tuttavia, nella fattispecie in esame, il predetto criterio non è stato affatto violato, perché, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, nel contratto difetta, in effetti, una scadenza espressa per la garanzia, che i garanti desumono -attraverso un ‘ interpretazione che travalica il senso letterale -dalla frase «a seguito della richiesta del Contraente si dà atto che la scadenza del contratto sarà differita fino alla data del 26.10.2010 in conformità alle condizioni contrattuali e, sulla polizza in oggetto, di cui la presente appendice forma parte integrante, a decorrere dal 26.04.2004 viene costituito un vero e proprio pegno legale a favore di RAGIONE_SOCIALE per le prestazioni e fino alla data del 26 10 2010, in conformità alle condizioni contrattuali», invero contenuta nell ‘ appendice di polizza;
-la Corte d ‘ appello non ha affatto trascurato di esaminare la frase ora riportata, che è stata esplicitamente considerata, ma non l ‘ ha
ritenuta indicativa di una scadenza del pegno, sia per la sua collocazione in un documento contrattuale che non regola il pegno stesso, sia perché il reiterato richiamo «in conformità alle condizioni contrattuali» non è stato riferito alle sole condizioni della polizza assicurativa, ma anche alla regolamentazione pattizia della garanzia reale;
-come rilevato dal giudice d ‘ appello, la disciplina negoziale del pegno prevede il divieto, per il costituente il pegno, di vendere o trasferire o scambiare il credito costituito in garanzia sino alla soddisfazione del credito garantito e proprio nelle condizioni dell ‘ appendice di polizza è previsto il divieto di liquidare la polizza senza consenso o intervento del creditore pignoratizio: si tratta di elementi dai quali è possibile evincere che le parti hanno avuto presente la scadenza del termine della polizza e hanno disciplinato il tempo successivo alla conclusione del rapporto con l ‘ assicuratrice;
-tale interpretazione del giudice di merito -che afferma la prosecuzione degli effetti della garanzia (e, pertanto, sostanzialmente la sua protrazione) oltre la conclusione del rapporto con l ‘ assicurazione -è ulteriormente suffragata da un ‘ altra clausola contrattuale (invero, non richiamata dalla Corte d ‘ appello, ma riportata nel ricorso) secondo cui «La RAGIONE_SOCIALE ha diritto di riscuotere a scadenza le somme relative al credito costituito in pegno, accreditandole in un apposito conto soggetto a vincolo di pegno a proprio favore ai sensi e per gli effetti di cui all ‘ art. 1851 c.c. In caso di inadempimento delle obbligazioni garantite, la RAGIONE_SOCIALE, in qualsiasi momento e senza necessità di preavviso o altra formalità, ha diritto di utilizzare il saldo di tale conto, per capitale e interessi, ad estinzione o decurtazione di quanto ad essa dovuto»; la regola pattizia delinea, evidentemente, la sopravvivenza della garanzia alla scadenza della polizza assicurativa:
tanto, del resto, rispondendo alla finalità di ristoro del creditore garantito dalle conseguenze dell’inadempimento della sua controparte ;
-anche la buona fede (oggettiva) è richiamata dal giudice di merito per attribuire alla garanzia un significato tale da renderla effettiva e, dunque, conforme allo scopo della complessa operazione negoziale (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 8940 del 04/04/2024);
-in altre parole, la Corte d ‘ appello ha correttamente fornito una interpretazione del contratto di pegno tutt ‘ altro che implausibile: in mancanza di un univoco dato letterale -in tal senso avendo motivato a causa della non cristallina formulazione del testo, della collocazione topografica del riferimento temporale e della duplicazione del riferimento alle condizioni generali di contratto -si è escluso che le parti abbiano espressamente voluto stabilire una scadenza della garanzia reale svincolata da quella del credito garantito e il giudice di secondo grado ha allora, doverosamente, compiuto una lettura non atomistica delle clausole contrattuali e individuato quelle che meglio corrispondevano alla volontà delle parti, alla natura del negozio e alla disciplina positiva del pegno;
-è irrilevante che l ‘ interpretazione del contratto non sia l ‘ unica astrattamente possibile, ma solo una delle sue molteplici letture, non essendo consentito, alla parte che aveva proposto l ‘ interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità della preferenza per l ‘ opposta soluzione (tra le altre, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 11254 del 10/05/2018, Rv. 648602-01): sicché l’assenza di una violazione del criterio ermeneutico letterale e la non implausibile applicazione degli altri previsti dalla normativa codicistica rendono qui incensurabile l’esito dell’attività di interpretazione e la sentenza gravata risulta immune da mende;
-col decimo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., i ricorrenti deducono la «violazione e/o falsa
applicazione dell ‘ art. 115 c.p.c. e/o 116 c.p.c.», per l ‘ errata individuazione delle condizioni contrattuali (e dunque pure del loro autore), a cui si riferiscono le appendici delle polizze assicurative;
-la censura è inammissibile;
-infatti, «per dedurre la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall ‘ art. 116 c.p.c.» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037-01) e «la doglianza circa la violazione dell ‘ art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo ‘ prudente apprezzamento ‘ , pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037-02);
-il ricorso, in conclusione, va rigettato e alla decisione consegue la condanna dei ricorrenti, soccombenti (e tra loro in solido per l’evidente identità della posizione processuale), alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell ‘ art. 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti, tra loro in solido, a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.700,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese forfettarie e accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione