Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9194 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9194 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 16340/2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE ).
– Ricorrente –
Contro
MAGAZZÙ NOME.
– Intimato –
Avverso la sentenza della Corte d’appello Reggio Calabria n. 310/2018, depositata il 17/05/2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 4 aprile 2024.
Rilevato che:
con atto notificato il 20/01/2005, NOME COGNOME ha proposto davanti al Tribunale di Palmi actio confessoria servitutis per destinazione del padre di famiglia (art. 1062, cod. civ.) nei confronti
Confessoria servitutis
di NOME COGNOME, assumendo (i) di avere acquistato, nel marzo 1998, da NOME COGNOME – proprietario di un fabbricato (sito in Palmi, INDIRIZZO), costituito da piano terreno primo e secondo piano -un’unità immobiliare (adibita a magazzino) situata al piano terreno del fabbricato (INDIRIZZO), confinante, lungo la stessa via, con altro immobile, posto al INDIRIZZO, di proprietà del convenuto; (ii) che, a favore della propria unità immobiliare, doveva ritenersi esistente, per costituzione del padre di famiglia, una servitù di accesso al vano scale del fabbricato, con ingresso dal portone del INDIRIZZO (portone di cui l’attore aveva le chiavi), nel quale erano collocati i contatori dell’acqua e del gas del magazzino; (iii) che, nel luglio 2004, COGNOME, che si era aggiudicato nell’ambito di una procedura esecutiva la proprietà del primo e del secondo piano dell’immobile posto al INDIRIZZO, aveva impedito all’attore di accedere al vano scale del fabbricato per controllare i contatori.
In subordine rispetto alla confessoria servitutis , l’attore ha chiesto di vedere dichiarato e accertato il suo diritto ad accedere al vano scale del INDIRIZZO, in applicazione dell’art. 1117, cod. civ.
Costituendosi in giudizio, COGNOME ha contestato le domande dell’attore , e, nello specifico, ha sostenuto che il contatore installato nel vano scale del INDIRIZZO (egli era divenuto proprietario del primo e del secondo piano di quello stabile) non alimentava il magazzino dell’attore sicché il possesso delle chiavi del portone da parte del vicino non aveva alcuna giustificazione.
COGNOME, con ricorso in corso di causa depositato il 02/05/2005, ha proposto azione possessoria lamentando che il convenuto aveva chiuso l’afflusso di acqua al suo magazzino.
In relazione al giudizio incidentale, il procuratore di COGNOME (all’udienza del 15/06/2005) ha chiesto dichiararsi cessata la materia
del contendere in quanto il suo assistito, nel frattempo, aveva riattivato l’utenza dell’acqua;
il Tribunale di Palmi, con sentenza n. 136 del 2005, ha dichiarato cessata la materia del contendere con riferimento alla domanda possessoria incidentale, con integrale compensazione delle spese; quanto al giudizio principale, ha accolto la domanda dell’attore che ha riqualificato come azione di reintegrazione del possesso della servitù di passaggio e quindi ha condannato il convenuto a consegnare all’attore copia delle chiavi del portone del INDIRIZZO ; ha respinto ogni altra domanda e ha statuito sulle spese del giudizio, compensandole per 1/3 e condannando il convenuto al pagamento delle spese residue;
sull’impugnazione di COGNOME , la Corte d’appello di Reggio Calabria, nella resistenza di COGNOME, il quale ha proposto appello incidentale, ha respinto sia l’appello principale che quello incidentale e ha compensato, tra le parti, le spese del grado.
Queste, in sintesi, per quanto qui interessa, le ragioni della decisione:
(a) il presupposto della servitù per destinazione del padre di famiglia è l’apparenza, ossia l’esistenza di segni visibili dell’esistenza della servitù. Nella specie, l’originario proprietario dell’intero fabbricato, NOME COGNOME, aveva individuato nella porta d’accesso che dalla porzione di proprietà COGNOME conduceva al ‘vano portone’ lo strumento idoneo a garantire l’accesso ai contatori di quest’ultimo. Il Tribunale ha correttamente evidenziato che solo rispetto a tale porta, successivamente murata, poteva dirsi operante una oggettiva e percepibile destinazione funzionale, tradottasi nell’esercizio del passaggio per accedere al vano scale (‘vano portone’), mentre il fatto che l’attore esercitasse un’ analoga servitù di passaggio attraverso l’androne principale non era sufficiente al fine
di integrare una servitù (apparente) per destinazione del padre di famiglia;
(b) tuttavia, è corretta la decisione del Tribunale di reintegrare l’attore nel possesso de lla servitù di passaggio, con ordine al convenuto di restituirgli le chiavi del portone dello stabile di INDIRIZZO, in relazione alla sola facoltà di visionare e manutenere i contatori collocati nel vano scale;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con sei motivi, illustrati con una memoria.
NOME COGNOME è rimasto intimato;
Considerato che:
il primo motivo di ricorso, ai sen si dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., denuncia la nullità della sentenza ex artt. 158, 161, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 106, secondo comma, Cost., e prospetta questione di legittimità costituzionale degli artt. 62 e seguenti d.l. 69 del 2013, a causa del vizio di costituzione del collegio giudicante della Corte d’appello , composto anche da un giudice ausiliario (NOME COGNOME), relatore e estensore della sentenza, benché i giudici onorari possano svolgere soltanto compiti di supplenza dei magistrati togati e comunque esclusivamente funzioni monocratiche;
1.1. il motivo è infondato;
1.2. la questione sottesa al motivo va risolta con il richiamo della giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 32065 del 05/11/2021, Rv. 662813 – 01) secondo cui, a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 41 del 2021, che ha dichiarato l ‘ illegittimità costituzionale di quelle disposizioni, contenute nel d.l. n. 69 del 2013 (conv. con modif. nella l. n. 98 del 2013), che conferiscono al giudice ausiliario di appello lo ‘ status ‘ di componente dei collegi nelle sezioni delle corti di appello, queste ultime potranno
legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari, fino a quando, entro la data del 31/10/2025, si perverrà ad una riforma complessiva della magistratura onoraria; fino a quel momento, infatti, la temporanea tollerabilità costituzionale dell ‘ attuale assetto è volta ad evitare l ‘ annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le corti di appello dei giudici onorari al fine di ridurre l ‘ arretrato nelle cause civili;
2. il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n n. 3, 4, 5, cod. proc. civ., denuncia la violazione degli artt. 112, 342 cod. proc. civ., la mancanza assoluta di motivazione, l’omessa motivazione ‘su un punto decisivo della controversia’, l’omesso esame de i motivi di appello relativi al vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado e alla statuizione sulle spese del giudizio.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non ha pronunciato sui motivi di appello in punto di vizio di ultrapetizione della decisione di primo grado, di errata qualificazione della domanda, di erronea quantificazione e compensazione integrale delle spese relative al ricorso possessorio proposto in corso di causa.
In dettaglio, la censura concerne il fatto che la sentenza d’appello conferma quella di primo grado che ha accolto la domanda petitoria dell’attore diretta all’accertamento della servitù per destinazione del padre di famiglia (art. 1062, cod. civ.), riqualificandola, in modo inammissibile, quale azione possessoria di spoglio (art. 1168, cod. civ.) finalizzata alla reintegra della servitù di passaggio attraverso il portone principale (INDIRIZZO), domanda, a tutela del possesso, che controparte non ha mai proposto e che è basata su presupposti diversi da quelli di un’azione petitoria;
3. il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma nn. 3 e 4, cod. proc. civ., denuncia la violazione degli artt. 112, cod. proc. civ.,
1168, cod. civ., 703 e 669 bis e seguenti, cod. proc. civ., perché, riportandosi acriticamente alla decisione del primo giudice, la Corte di Reggio Calabria incorre nel medesimo errore del Tribunale di Palmi consistente nel l’avere riqualificato la domanda principale (petitoria) actio confessoria servitutis , ex art. 1062, cod. civ. – in azione (possessoria) di spoglio della servitù di passaggio di cui agli artt. 1168, cod. civ., 703, cod. proc. civ.;
4. il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 1168 e 1169, cod. civ., e l’omesso esame di un fatto decisivo , per il caso in cui la riqualificazione della domanda da petitoria e possessoria dovesse essere ritenuta legittimo.
La parte pone l’accento su l difetto dei presupposti dello spoglio in ragione della circostanza, pacifica, che lo stesso COGNOME, era del tutto estraneo alla vicenda dato che le chiavi del portone erano state consegnate spontaneamente da COGNOME, su mera richiesta, a NOME COGNOME, precedente proprietario del fabbricato, terzo estraneo al giudizio;
5. il quinto motivo , ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., denuncia l’omesso esame del motivo di appello con il quale veniva censurata la sentenza di primo grado che, dopo avere dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione all ‘azione possessoria proposta da controparte nel giudizio petitorio, ha compensato le spese dell’azione possessoria senza indicarne i motivi, in violazione del principio della soccombenza virtuale ex artt. 91, 92, cod. proc. civ.
La critica si estende all’ omessa pronuncia sul motivo di appello concernente l’omessa pronuncia, da parte del primo giudice, sul la richiesta di condanna del l’attore ex art. 96, cod. proc. civ., per avere COGNOME proposto azione possessoria in assenza dei presupposti,
cioè, quattro giorni dopo che la conduttura dell’acqua, accidentalmente chiusa da un operaio, era stata riattivata;
il sesto motivo, ai sensi degli artt. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., denuncia l’omesso esame del motivo di appello con il quale si lamentava la compensazione operata dal Tribunale delle spese di lite per 1/3 e la liquidazione della residua quota di 2/3 con incremento del 30%, benché tale aumento non potesse essere concesso in mancanza di altre parti in causa (art. 5, d.m. 127/2004) e, sotto altro profilo, la determinazione del compenso secondo lo scaglione minimo (valore della causa indeterminato non rilevante) previsto per l’azione petitoria anziché secondo quello previsto per l’azione possessoria come riqualificata (valore da euro 25.900 a euro 51.700);
il secondo, il terzo motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono fondati, il che comporta l’assorbimento degli altri motivi;
8. sulla premessa che l’omessa pronuncia su un motivo di appello integra la violazione dell ‘ art. 112, cod. proc. civ., in quanto il motivo di gravame costituisce una specifica domanda sottesa alla proposizione dell ‘ appello, rileva la Corte che, nell ‘atto di appello , che il Collegio, che è giudice del fatto processuale, ha la facoltà di consultare, NOME COGNOME, come specifico motivo di impugnazione (pagg. 29-42), ha lamentato il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado che ha accolto la domanda dell’attore di accertamento della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia, riqualificandola come azione di reintegrazione della servitù di passaggio per il portone del fabbricato del convenuto (INDIRIZZO).
Ebbene, la Corte di Reggio Calabria non ha esaminato questo motivo di appello: la sentenza (pagg. 6 e 7) individua quattro motivi di appello -inesistenza del diritto di servitù di passaggio; inesistenza
della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia; inesistenza di qualsiasi servitù di passaggio e inapplicabilità della normativa sul condominio -che tali non sono perché, in verità, rappresentano i titoli dei paragrafi dell’atto di gravame di COGNOME (pagg. da 8 a 15) che ricapitolano, nei tratti essenziali, la vicenda processuale.
I motivi di gravame (compresa la censura di ultrapetizione ascritta al primo giudice) -che la Corte di Reggio Calabria ha completamente obliterato e che conseguentemente non ha deciso sono sviluppati nelle pagine successive – da pag. 28 a pag. 47 -dell ‘ampio atto di impugnazione di COGNOME;
in definitiva, rigettato il primo motivo, accolti il secondo e il terzo, assorbiti i restanti, la sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al giudice a quo , anche per le spese del giudizio di cassazione;
P.Q.M.
accoglie il secondo e il terzo motivo, assorbiti il quarto, il quinto e il sesto motivo, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 4 aprile 2024.