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Rimessione in termini: il principio di immediatezza

Una società ha perso il diritto di appellare una sentenza di fallimento a causa di un ritardo nella richiesta di rimessione in termini. A seguito di un errore nel deposito telematico del reclamo, la società ha atteso oltre due mesi prima di presentare l’istanza. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, sottolineando che la richiesta di rimessione in termini deve essere immediata e non è sufficiente presentarla prima dell’udienza di discussione.

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Rimessione in Termini e Processo Telematico: Il Dovere di Agire Subito

L’istituto della rimessione in termini rappresenta un’ancora di salvezza per la parte processuale che, per una causa non imputabile, non è riuscita a rispettare una scadenza perentoria. Tuttavia, come chiarisce una recente ordinanza della Corte di Cassazione, questo strumento richiede una condizione fondamentale: l’immediatezza della reazione. Un’attesa ingiustificata può trasformare un semplice errore tecnico in un ostacolo insormontabile, precludendo definitivamente il diritto di difesa. Analizziamo il caso per comprendere le importanti implicazioni pratiche per professionisti e aziende.

I Fatti di Causa: Un Errore Telematico e un’Attesa Fatale

Una società, dichiarata fallita dal Tribunale, decideva di presentare reclamo avverso tale decisione. Il difensore procedeva al deposito telematico dell’atto il 23 dicembre 2019. Tuttavia, a causa di un “errore imprevisto” del sistema telematico del Ministero della Giustizia, il deposito non andava a buon fine, come comunicato da una PEC di esito negativo ricevuta lo stesso giorno.

Nonostante la consapevolezza del problema, il difensore effettuava un nuovo deposito, questa volta con successo, solo il 7 febbraio 2020. L’istanza formale per essere rimesso in termini, però, veniva depositata ancora più tardi, il 10 marzo 2020. La società sosteneva che il ritardo fosse dovuto all’inerzia degli uffici ministeriali nel fornire chiarimenti sull’anomalia.

La Decisione della Corte d’Appello: Inerzia Inescusabile

La Corte d’Appello di Napoli respingeva la richiesta, dichiarando il reclamo inammissibile perché tardivo. Secondo i giudici di merito, la società aveva violato il principio di immediatezza. Essendo a conoscenza del fallimento del deposito sin dal 23 dicembre, avrebbe dovuto attivarsi subito per sanare la situazione e chiedere la rimessione in termini. Attendere fino a marzo rappresentava un’inerzia inescusabile che rendeva l’istanza intempestiva.

Il Principio di Immediatezza nella Rimessione in Termini

Il fulcro della questione, affrontato dalla Corte di Cassazione, è il concetto di “tempestività” dell’istanza di rimessione. La ricorrente sosteneva che, avendo presentato la richiesta prima dell’udienza di discussione, essa dovesse considerarsi tempestiva. La Suprema Corte ha rigettato categoricamente questa interpretazione.

La tempestività, secondo la giurisprudenza consolidata, non va misurata rispetto a un futuro momento processuale, come l’udienza, ma va intesa come immediatezza della reazione della parte nel momento in cui si palesa la necessità di compiere un’attività ormai preclusa. In altre parole, non appena ci si accorge di essere incorsi in una decadenza, bisogna agire senza indugio per chiedere di essere riammessi nei termini. Questo principio bilancia la tutela del diritto di difesa con l’esigenza di certezza e ragionevole durata del processo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendo il secondo motivo di ricorso, relativo alla violazione dell’art. 153 c.p.c., infondato. I giudici hanno stabilito che la dilatazione temporale tra la presa di coscienza dell’errore (23 dicembre 2019) e la reazione della parte (istanza del 10 marzo 2020) è in palese contrasto con la logica stessa dell’istituto della rimessione in termini.

Anche tenendo conto del periodo natalizio e della necessità di deliberare sul da farsi, l’inerzia mantenuta fino a marzo è stata giudicata “ben plausibile e totalmente condivisibile” come inescusabile. La Corte ha sottolineato che chi chiede di essere rimesso in termini per una causa non imputabile deve dimostrare di essersi attivato immediatamente per superare l’ostacolo. Il ritardo ha quindi reso irrilevante l’esame del primo motivo di ricorso, relativo alla prova della non imputabilità dell’errore, che è stato di conseguenza assorbito.

Conclusioni

Questa pronuncia offre una lezione cruciale per tutti gli operatori del diritto nell’era del processo telematico. Di fronte a un errore del sistema che impedisce un deposito, non è sufficiente limitarsi a ritentare l’invio. È imperativo agire su due fronti e con la massima celerità:

1. Ripetere il deposito non appena possibile.
2. Depositare contestualmente o immediatamente dopo l’istanza di rimessione in termini, spiegando le ragioni dell’impedimento e documentandole.

L’attesa è un rischio che può costare la perdita del diritto di azione o di difesa. Il principio di immediatezza non è un mero formalismo, ma un requisito sostanziale che dimostra la diligenza della parte e la sua volontà di rimediare tempestivamente a un impedimento oggettivo, nel rispetto dei principi del giusto processo.

Quando va presentata l’istanza di rimessione in termini?
La richiesta deve essere presentata con “immediatezza”, cioè non appena la parte si rende conto di essere incorsa in una decadenza per una causa che non le è imputabile. Non è sufficiente presentarla in un momento qualsiasi prima dell’udienza.

Un errore del sistema di deposito telematico giustifica sempre la rimessione in termini?
No, non automaticamente. La parte deve non solo provare che la causa della decadenza non le è imputabile, ma soprattutto deve attivarsi immediatamente per chiedere di essere rimessa in termini. Un ritardo ingiustificato nella richiesta può renderla inammissibile.

Presentare l’istanza di rimessione prima dell’udienza è sufficiente a garantirne la tempestività?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la tempestività non si valuta rispetto alla data dell’udienza, ma come “immediatezza della reazione” della parte al momento in cui si palesa la necessità di compiere l’atto ormai precluso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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