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Riduzione trattamento accessorio: no al taglio forfettario

Una dirigente medico ha contestato la riduzione del 30% del suo trattamento accessorio imposta dall’Azienda Sanitaria Locale per contenere la spesa. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità di questo taglio forfettario, stabilendo che la riduzione delle risorse deve seguire i criteri di legge (cristallizzazione dei fondi e riduzione proporzionale al calo del personale), senza applicare una percentuale fissa e uguale per tutti. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un corretto ricalcolo delle somme eventualmente dovute.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Riduzione Trattamento Accessorio: La Cassazione Sancisce l’Illegittimità del Taglio Forfettario

La riduzione trattamento accessorio nel pubblico impiego è un tema delicato, che bilancia le esigenze di contenimento della spesa pubblica con la tutela dei diritti dei lavoratori. Con l’ordinanza n. 9106/2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso emblematico, chiarendo i limiti del potere del datore di lavoro pubblico nel modificare la retribuzione dei propri dipendenti. La pronuncia ha stabilito che un taglio forfettario e generalizzato sulla parte variabile dello stipendio è illegittimo, anche se motivato da piani di rientro sanitario.

I Fatti del Caso: Una Decurtazione del 30% sullo Stipendio

Una dirigente medico di un’Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) si è vista applicare una decurtazione del 30% sulla remunerazione variabile aziendale per gli anni 2011, 2012 e 2013. La misura era stata adottata dall’ente in attuazione di un piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, che imponeva misure di contenimento della spesa per il personale.

La lavoratrice ha impugnato il provvedimento, sostenendo che il taglio fosse arbitrario e contrario sia alle norme di legge (in particolare il d.l. n. 78/2010) sia ai contratti collettivi di categoria. Secondo la sua difesa, la normativa permetteva una riduzione dell’ammontare complessivo dei fondi destinati al trattamento accessorio, ma non autorizzava l’amministrazione a operare un taglio percentuale identico e indiscriminato sugli stipendi dei singoli dirigenti.

Il Percorso Giudiziario e la decisione sulla riduzione trattamento accessorio

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda della lavoratrice. La Corte d’Appello, invece, ha riformato la decisione, dichiarando illegittima la decurtazione e condannando l’A.S.L. alla restituzione delle somme trattenute. I giudici di secondo grado hanno evidenziato che la legge imponeva di fissare un tetto massimo alle risorse per il trattamento accessorio (pari a quelle del 2010) e di ridurle in proporzione al calo del personale, ma non di applicare un taglio lineare a tutti i dipendenti.

L’A.S.L. ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di aver agito correttamente nell’ambito dei poteri conferiti dal Commissario ad acta per il piano di rientro e nel rispetto delle normative sul contenimento della spesa pubblica.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, pur accogliendo parzialmente il ricorso dell’A.S.L., ha confermato il principio fondamentale espresso dalla Corte d’Appello: il taglio forfettario del 30% è illegittimo. Gli Ermellini hanno chiarito in modo definitivo la corretta interpretazione dell’art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78/2010.

La norma prevede due meccanismi per il contenimento della spesa:
1. Cristallizzazione: L’ammontare complessivo delle risorse per il trattamento accessorio non può superare quello dell’anno 2010.
2. Riduzione proporzionale: Tale importo deve essere ulteriormente ridotto in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio.

La Cassazione ha spiegato che applicare un taglio percentuale fisso a tutti i dipendenti contrasta con la lettera della norma. La procedura corretta impone all’amministrazione di eseguire un’operazione ex post, ovvero:

1. Ricalcolare i Fondi: Determinare per ciascun anno l’esatto ammontare dei fondi per il trattamento accessorio, depurandoli delle quote relative al personale cessato.
2. Calcolare lo Spettante: Ripartire il fondo così ricalcolato tra i dipendenti in servizio, secondo le regole contrattuali e i criteri di graduazione delle funzioni.
3. Determinare il Dare/Avere: Confrontare quanto effettivamente percepito da ogni dipendente con quanto gli sarebbe spettato sulla base del fondo correttamente ricalcolato, individuando così gli importi da restituire.

In sostanza, la Corte ha stabilito che la riduzione trattamento accessorio deve avvenire a monte, sul fondo complessivo, e non a valle, sul singolo stipendio con una percentuale arbitraria. Il diritto del lavoratore non è quello di essere esente da ogni riduzione, ma quello di subire una decurtazione che sia conseguenza di un processo legittimo e trasparente di rideterminazione delle risorse disponibili.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante punto fermo per la gestione del pubblico impiego. Ribadisce che le esigenze di bilancio e di contenimento della spesa non possono giustificare l’adozione di misure arbitrarie che violano le norme di legge e contrattuali. Le Pubbliche Amministrazioni sono tenute a seguire procedure rigorose e corrette nel rideterminare le componenti accessorie della retribuzione, garantendo che ogni eventuale riduzione sia frutto di un calcolo trasparente e conforme ai principi normativi.

Per i dipendenti pubblici, la sentenza chiarisce che, sebbene il loro trattamento accessorio possa essere ridotto in periodi di spending review, tale riduzione non può essere operata tramite ‘scorciatoie’ come i tagli lineari. La decisione della Cassazione impone un rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà ora eseguire le necessarie verifiche contabili per stabilire l’esatto ammontare del dare-avere tra le parti, applicando i principi di diritto enunciati.

È legittimo per una Pubblica Amministrazione ridurre lo stipendio accessorio di un dipendente con un taglio percentuale fisso per contenere la spesa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un taglio forfettario e generalizzato (come il 30% nel caso di specie) è illegittimo. La riduzione della spesa per il trattamento accessorio deve seguire le specifiche procedure previste dalla legge, come la ‘cristallizzazione’ dei fondi al livello di un anno di riferimento (2010) e la loro successiva riduzione proporzionale alla diminuzione del personale in servizio.

Qual è il metodo corretto che l’ente avrebbe dovuto seguire per ridurre il trattamento accessorio?
L’ente avrebbe dovuto prima ricalcolare l’ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio, ‘cristallizzandolo’ all’importo del 2010 e depurandolo delle quote relative al personale cessato dal servizio. Successivamente, avrebbe dovuto ripartire questo fondo ridotto tra i dipendenti in servizio secondo le regole contrattuali e la graduazione delle funzioni, senza operare un taglio percentuale identico per tutti.

Se un dipendente ha subito un taglio illegittimo, ha diritto alla restituzione integrale delle somme trattenute?
Non necessariamente. La Corte ha chiarito che, sebbene il taglio forfettario sia illegittimo, ciò non comporta automaticamente il diritto alla restituzione completa. È necessario effettuare un ricalcolo contabile per determinare la differenza tra quanto il dipendente ha percepito e quanto avrebbe avuto diritto a percepire sulla base dei fondi correttamente rideterminati secondo legge. Il diritto alla restituzione riguarda solo l’eventuale eccedenza indebitamente trattenuta dopo questo corretto ricalcolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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