Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12858 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12858 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22804/2019 R.G. proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2420/2019, depositata il 7/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Il Tribunale Napoli ha pronunciato la risoluzione per inadempimento del convenuto, il promittente venditore NOME COGNOME, del contratto preliminare di compravendita di un appartamento sito in Napoli, condannandolo alla restituzione del doppio della caparra pari a euro 80.000, consegnatagli dalla promissaria acquirente NOME COGNOME.
La sentenza è stata impugnata da COGNOME, che ha chiesto di rigettare la domanda di COGNOME di risoluzione del contratto preliminare con suo conseguente diritto a trattenere la caparra versata. All’udienza del 13 luglio 2017 COGNOME ha ricusato l’intero collegio d’appello; dato atto della sospensione del processo conseguente alla proposizione dell’istanza di ricusazione, il collegio ha rimesso il fascicolo d’ufficio al presidente della Corte d’appello di Napoli per provvedimenti di sua competenza; con decreto del 26 settembre 2017 il presidente della Corte ha designato la terza sezione civile per la decisione sull’istanza di ricusazione; con ordinanza del 24 -25 ottobre 2017 il collegio ha dichiarato inammissibile l’istanza; l’ordinanza è stata regolarmente comunicata dalla cancelleria ai difensori delle parti con biglietto trasmesso a mezzo di posta elettronica certificata il 10 novembre 2017. Con ricorso del 25 luglio 2018, depositato il 2 agosto 2018, COGNOME ha chiesto di fissare l’udienza per la prosecuzione del giudizio; all’udienza COGNOME ha chiesto di dichiarare l’estinzione del processo perché riassunto oltre il termine stabilito dalla legge.
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza 7 maggio 2019, n. 2420, ha dichiarato l’estinzione del giudizio d’appello per inattività delle parti.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME, ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
Il ricorso è articolato in quattro motivi, tra loro strettamente connessi e dei quali è pertanto opportuna la trattazione congiunta:
il primo motivo lamenta ‘violazione dell’art. 360 n. 4 per nullità del procedimento, per violazione degli artt. 52 e 54 c.p.c., per l’irritualità della presentazione dell’istanza di ricusazione avvenuta in udienza e non, come previsto, almeno due giorni prima dell’udienza’;
il secondo motivo contesta violazione dell’art. 54 c.p.c. e nullità del procedimento d’appello in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.; l’art. 54 prevede, a pena di declaratoria di inammissibilità, che la forma della ricusazione debba essere quella prevista dall’art. 52 c.p.c.; la ricusazione è infatti dichiarata inammissibile se non è stata proposta nelle forme e dei termini fissati dall’art. 52; l’intero procedimento pertanto è stato viziato e la sentenza è stata inficiata dal grave error in procedendo ;
il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 54 c.p.c. e nullità del procedimento d’appello in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.; è mancata la sommaria delibazione del giudice a quo sui motivi della ricusazione come previsto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo la quale la sola proposizione del ricorso per ricusazione non può determinare ipso iure la sospensione del procedimento e la devoluzione della questione al giudice competente a decidere sulla ricusazione stessa, in quanto spetta pur sempre al giudice a quo una sommaria delibazione della sua ammissibilità, il che non è avvenuto nel caso in esame;
il quarto motivo lamenta violazione dell’art. 54, ultimo comma c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. per grave errore nel procedimento, perché l’articolo prevede che l’ordinanza del collegio contenga l’avvertimento relativo alla riassunzione del giudizio nel termine perentorio dei sei mesi, avvertimento che è stato del tutto omesso nell’ordinanza, che ha così ingenerato grave
incertezza nelle parti del giudizio, con conseguente nullità dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile l’istanza di ricusazione.
I motivi non possono essere accolti.
Quanto all’ultimo motivo, ad avviso del ricorrente l’ordinanza che ha dichiarato inammissibile la ricusazione sarebbe nulla in quanto priva dell’avvertimento relativo alla riassunzione della causa nel termine perentorio di sei mesi. In realtà, l’ultimo comma dell’art. 54 c.p.c. dispone che dell’ordinanza sia data notizia dalla cancelleria alle parti, che ‘debbono provvedere alla riassunzione della causa nel termine perentorio di sei mesi’, così che la disposizione non prevede affatto la necessità che la comunicazione della ordinanza debba prevedere un avviso alle parti relativo alla riassunzione della causa in un termine perentorio.
Quanto al primo e al secondo motivo, che lamentano l’irritualità della presentazione dell’istanza di ricusazione, va precisato che l’istanza di ricusazione è stata proposta dallo stesso ricorrente, così che non è configurabile una sua legittimazione a far valere un vizio dell’istanza da egli proposta, senza contare che il secondo comma dell’art. 52 c.p.c. prevede che il ricorso sia depositato in cancelleria due giorni prima dell’udienza, ma possa anche essere proposto in udienza prima dell’inizio della trattazione o della discussione di questa, ove il ricusante non avesse conosciuto prima i nomi dei giudici chiamati a trattare o decidere la causa.
Anche il vizio prospettato dal terzo motivo relativo alla mancata, immediata declaratoria di inammissibilità dell’istanza di ricusazione collide con la circostanza che l’istanza di ricusazione è stata presentata dallo stesso ricorrente, che non può quindi certo lamentare che la sua istanza non sia stata dichiarata immediatamente inammissibile sulla base di una sommaria delibazione.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in euro 8.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’AVV_NOTAIO che si è dichiarato antistatario.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione