Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9297 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9297 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9819/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avv . COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2875/2021 depositata il 6 ottobre 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE conveniva davanti al Tribunale di Milano RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, adducendo che la convenuta, per crediti asseritamente derivati da un rapporto di fornitura di materiale informatico conclusosi nel 2000, aveva instaurato tre processi (rispettivamente nel 2007, nel 2009 e nel 2011) e inoltre presentato due ulteriori richieste di pagamento (nel 2012 e nel 2014), così compi endo un abusivo frazionamento del credito. L’attrice chiedeva pertanto di inibirle di chiedere altro derivante da tale rapporto e di condannarla al risarcimento dei danni, cioè dei corrispettivi che l’attrice avrebbe dovuto ai propri dipendenti addetti alla gestione delle vertenze – euro 69.906 – e delle parcelle corrisposte ai propri legali per difendersene – euro 57.822 -.
La convenuta si costituiva, resistendo.
Il Tribunale, con sentenza n. 6473/2019, rigettava.
NOME proponeva appello, cui controparte resisteva.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 2875/2021, respingeva il gravame.
NOME ha proposto ricorso, articolato in cinque motivi, illustrati da memoria, da cui si è difesa RAGIONE_SOCIALE con controricorso, includente pure ricorso incidentale basato su unico motivo.
In data 21 novembre 2023 è stata emessa proposta di definizione ex articolo 380 bis , primo comma, c.p.c. nel senso che il ricorso principale andrebbe disatteso. Avverso di essa NOME ha presentato istanza come previsto dall’articolo 380 bis, terzo comma, c.p.c. La causa è stata quindi chiamata nell’adunanza camerale del 2 aprile 2024.
L’atto depositato dalla controricorrente e denominato ‘sintetica memoria scritta per l’udienza del 2.4.2024’ non ha i requisiti di legge della memoria.
Considerato che:
Va pregiudizialmente posto in rilievo che la proposta di definizione concerne esclusivamente il ricorso principale, per cui corretta è stata la condotta di CRAGIONE_SOCIALE non presentando alcuna istanza, giacché, anche qualora la ricorrente principale non avesse chiesto la decisione ai sensi dell’articolo 380 bis, terzo comma, c.p.c., la procedura ex articolo 380 bis c.p.c. non avrebbe comunque investito il ricorso incidentale, la cui trattazione sarebbe rientrata nel paradigma dell’articolo 380 bis.1 c.p.c., trattandosi di ricorso incidentale né tardivo né condizionato.
Prendendo le mosse dal ricorso principale, va osservato che con il primo motivo COGNOME lamenta, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1174, 1375 c.c., 101 c.p.c., 2 e 111 Cost., nonché, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., v iolazione dell’obbligo motivazionale ex articolo 132, secondo comma, n.4 c.p.c.
2.1 Si duole che il giudice d’appello ha negato che controparte abbia tenuto condotta integrante un abusivo frazionamento del credito in base a S.U. 2090/2017 che a suo dire legittimerebbe invece il frazionamento del credito da parte del creditore, così travisando tale pronuncia nomofilattica mediante l’adesione soltanto alla sua prima parte.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno nella suindicata pronuncia infatti affermato il principio di diritto per cui le domande con oggetti diversi e distinti diritti di credito, pur relative allo stesso rapporto di durata, sono proponibili in separati processi, aggiungendo però: ‘Se tuttavia i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque <> sul medesimo fatto costitutivo – sì da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale -, le relative domande possono essere proposte
in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata’ ; e così la successiva giurisprudenza sarebbe rimasta costante.
Le domande proposte da controparte, sia in sede giudiziale sia stragiudiziale, riguarderebbero tutte il medesimo rapporto di somministrazione tra loro intercorso tra il 1995 e il 2000. L’attuale ricorrente l’avrebbe allegato e documentato nel primo grado, e la sentenza del T ribunale l’avrebbe confermato affermando che ‘la circostanza che il credito trovi genesi nel contesto del medesimo rapporto non è di per sé sufficiente ad imporre la concentrazione delle domande’ , e non sarebbe insorta alcuna impugnazione di controparte, formandosi quindi il giudicato.
Non emergendo poi dalla sentenza d’appello ‘qualsivoglia valutazione in merito al riscontro di un (ipotetico) apprezzabile interesse oggettivo’ di controparte a frazionare nel tempo più domande di pagamento relative allo stesso rapporto, si dovrebbe reputare che la corte territoriale non ha seguito le sezioni unite e per di più ha violato l’obbligo di condotta conforme a buona fede, oltre ai principi costituzionali di giusto processo e dovere di solidarietà.
2.2 Inoltre la motivazione della sentenza d’appello sarebbe perplessa e apparente, laddove esclude che Cass. 14143/2021 – arresto richiamato dall’attuale ricorrente nella comparsa conclusionale porti ad una diversa conclusione, avendo detta pronuncia affermato che la violazione del divieto processuale di ‘concentrazione’ non sussiste ‘quando l’attore abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad azionare in giudizio solo uno, o solo alcuni, dei crediti sorti nell’ambito della … relazione unitaria … ferm a restando la possibilità di riproporre in giudizio la domanda medesima, in cumulo oggettivo, ai sensi dell’art. 104 c.p.c.’. Sostiene la ricorrente che il giudice d’appello ‘sembra quindi riconosce re la necessità di riscontrare un interesse oggettivo’ dell’attore ad azionare le proprie pretese in giudizi separati, senza trarne però alcuna conclusione e senza far comprendere quali sarebbero ‘ l e ragioni della decisione se riferite al caso concreto’. D’altronde, se si dovesse ritenere che il giudice d’appello abbia ‘di fatto
analizzato il profilo dell’interesse oggettivo’ dell’attore e riscontrato in lui l’interesse, sarebbe comunque incorso nella violazione dell’articolo 101 c.p.c., non avendo consentito l’esercizio del contraddittorio sul punto.
2.3 Ancora, il giudice d’appello ha ritenuto inammissibili le domande dell’attuale ricorrente perché spetterebbe soltanto al giudice adito valutare, caso per caso, se si è dinanzi ad una domanda abusiva.
In realtà, l’attuale ricorrente nel presente giudizio avrebbe chiesto ‘l’accertamento della condotta abusiva di CGA per ottenere il risarcimento del danno patito a causa della condotta stessa, non per ottenere il rigetto delle pretese creditorie avversarie tout court ‘, e il giudice d’appello offrirebbe una motivazione non pertinente ed altresì apparente.
Per di più non sussisterebbero alcuna norma né alcuna giurisprudenza per cui sarebbe esclusivo rimedio del debitore, a fronte di ripetute azioni che costituiscano abusivo frazionamento del credito, ‘un’eccezione di improcedibilità delle domande del creditore’ presentabile soltanto ‘nel giudizio in cui si contesta l’esistenza del credito stesso’, considerato altresì che ‘è solamente con la reiterazione di molteplici azioni giudiziali distinte … che si consolida l’illecito’.
2.4 D’altronde, il diritto al risarcimento del danno per condotta illecita e il diritto a ottenere il rigetto delle domande avversarie perché abusive sarebbero ‘su due piani autonomi’, per cui il non avere l’attuale ricorrente chiesto, nei giudizi intrapresi d a controparte, l’accertamento della condotta abusiva attorea non inciderebbe sul suo diritto a chiedere ‘l’accertamento della condotta illecita avversaria e il risarcimento del danno’.
Con il secondo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 100 c.p.c. e 24 Cost.
3.1 Si critica la sentenza d’appello laddove ha ritenuto che ‘la domanda di inibitoria … fosse generica e priva di interesse ad agire’.
L’asserita genericità contrasterebbe con i principi fondamentali dell’ordinamento, avendo l’attuale ricorrente ‘individuato lo specifico rapporto di fornitura … e
l’arco temporale in cui lo stesso si è sviluppato ‘(1995 -2000) per cui appunto avrebbe ‘chiaramente individuate’ le richieste di pagamento da inibire.
3.2 Sarebbe stato violato pure l’articolo 100 c.p.c. in quanto ‘l’interesse ad agire ricorre allorché dal provvedimento giudiziale la parte tragga … una concreta utilità giuridica’; e l’attuale ricorrente, al momento dell’avvio del presente giudizio in primo grado, avrebbe subito da controparte ‘tre procedimenti giudiziari’ per recuperare i crediti dello stesso rapporto giuridico e ‘ricevuto molteplici diffide extragiudiziali anticipatrici di ulteriori cause’. Evidente sarebbe quindi stato l’interesse; e la sua concretezza sarebbe resa pure evidente dalle ‘continue e abusive azioni’ con cui controparte avrebbe danneggiata l’attuale ricorrente.
3.3 Non sarebbe condivisibile, inoltre, l’affermazione del giudice per cui l’inibitoria avrebbe limitato a CGA il diritto ex articolo 24 Cost.: non si sarebbe trattato di un diritto, bensì di ‘una pretesa … azionata da CGA in fondamentale ed insanabile contrasto con l’obbligo di condotta conforme a buona fede’, non essendovi infatti alcun diritto a frazionare il credito ‘se non in presenza di un interesse oggettivamente valutabile in tal se nso’; e CGA avrebbe potuto ‘azionare in un’unica sede tutte le proprie pretese nei confronti di COGNOMECOGNOME senza per ciò venire l eso nel suo diritto costituzionalmente tutelato all’azione’.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza per omessa pronuncia ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c.
4.1 Lamenta di avere n ell’atto d’appello domandato di accertare che ‘le reiterate richieste di pagamento avanzate da RAGIONE_SOCIALE integrano un abuso del diritto’, ma la corte territoriale avrebbe ‘omesso completamente di esaminare e risolvere il relativo motivo di appello’, mentre se l’avesse esaminato l’avrebbe accolto ‘per le ragioni ampiamente esposte nel giudizio di secondo grado (cfr. Allegato 13, p. 2526).’
4.2 Sussisterebbe altresì omessa pronuncia riguardo al sesto motivo d’appello, con cui COGNOME avrebbe chiesto alla corte territoriale, se non avesse ritenuto di ‘accogliere prima facie la domanda di accertamento dell’abusivo frazionamento’,
di rimettere la causa in istruttoria affinché RAGIONE_SOCIALE, mediante il deposito di una memoria allo scopo autorizzata, chiarisse ‘ le ragioni della sua condotta e l’interesse’ al frazionamento.
Con il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 24 e 111 Cost., 115, 116, 187, 188, 189 e 244 c.p.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c., ‘violazione dell’obbligo di motivazione’ ex articolo 132, secondo comma, n.4 c.p.c.
Si riporta lo stralcio motivazionale con cui il giudice d’appello ha respinto le istanze istruttorie, per sostenere la sua inadeguatezza.
Con il quinto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1223 e 2697 c.c.
Tali norme sarebbero state violate, congiuntamente ai principi dell’ordinamento relativi al risarcimento del danno, laddove il giudice d’appello ‘ha ritenuto non provata la sussistenza e l’entità dei danni’ subiti dall’attuale ricorrente; si riportano due passi (peraltro incompleti) della sentenza al riguardo, per poi argomentare sulla sussistenza dei danni.
Il ricorso è inammissibile in riferimento all’articolo 366, primo comma n. 3, c.p.c. nel testo ratione temporis applicabile.
7.1 Invero, la ricorrente ha esposto, e in modo ampio, la pretesa vicenda fattuale che sarebbe intercorsa prima dell’avvio del presente processo tra le parti, pervenendo persino all’assemblaggio (inammissibile) di fotocopie di tre documenti (ricorso, pagine 2-11); e si potrebbe ritenere che l’esposizione di tale vicenda costituisse la maggior parte del contenuto dell’atto di citazione in primo grado, di per sé riassunto in misura assai concisa (ricorso, pagine 11-12). Tuttavia nulla viene poi illustrato delle difese di controparte, dandosi atto soltanto della sua costituzione in primo grado con richiesta di rigetto e condanna ex articolo 96 c.p.c. La ricostruzione della vicenda prosegue dimostrandosi proprio del tutto insufficiente: della sentenza di primo grado si trascrive soltanto il dispositivo, senza indicare in sintesi alcuna delle ragioni che vi avevano
portato; e dell’atto d’appello si apprende solo che era ‘con sei motivi di gravame’, senza riassumere alcunché del loro contenuto, ma segnalando soltanto che controparte si era difesa ‘sulla base di argomentazioni pretestuose e infondate’.
Dalla illustrazione successiva dei motivi di ricorso, pur essendovi naturalmente alcuni riferimenti, non è possibile ricostruire, neanche appunto in modo sintetico, il contenuto di tutti i sei motivi del gravame. Né, naturalmente, la sentenza può sostituire, con il suo contenuto, un requisito che il legislatore impone inequivocamente al ricorso.
7.2 Consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte ravvisa nel requisito de quo l’obbligo del ricorrente di fornire una, per quanto concisa, comprensibile rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria, indicando pure le reciproche pretese manifestate dalle parti nel dispiegarsi del contraddittorio processuale con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto, e riportando anche gli argomenti adottati dai giudici dei singoli gradi (cfr., p. es., Cass. sez. 6-3, ord. 28 maggio 2018 n. 13312, Cass. sez. 1, ord. 3 novembre 2020 n. 24432 e Cass. sez. 5, 30 aprile 2020 n. 8425).
La sopravvenienza, di recente, della nota sentenza COGNOME non ha inciso su siffatta interpretazione, che in realtà non si è mai posta in contrasto con la normativa sovranazionale, bensì ha correttamente enucleato la responsabilità della parte che propone il ricorso per cassazione, in quanto tenuta, logicamente ancor prima che giuridicamente, a manifestare al giudice di legittimità tutti gli elementi che potrebbero essere necessari per la sua decisione. Tra le recenti massimate pronunce offre un insegnamento pienamente condivisibile, quindi, Cass. sez. 3, 14 marzo 2022 n. 8117, impostato su un piano ancor più generale ma sine dubio includente la fattispecie dell’articolo 366 n.3 c.p.c.: ‘ Il principio di specificità del ricorso per cassazione, secondo cui il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia ed il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa, deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati
dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza. ‘ E sulla medesima linea -ineludibile, non potendo certo essere il giudic ante l’integratore della forma -contenuto dell’atto di parte – si è collocata la recentissima Cass. sez. 3, ord. 12 gennaio 2024 n.1352: ‘ Il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. – secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla RAGIONE_SOCIALE di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata. ‘ (così è la sua massima).
L’inammissibilità del ricorso assorbe ogni altro profilo.
8.1 Il ricorso incidentale è fondato su un unico motivo, con il quale la ricorrente denuncia ex articolo 360, primo comma n. 4, c.p.c., violazione dell’obbligo di motivazione ex articolo 132, secondo comma, n.4 c.p.c. ‘nella parte in cui la sentenza d’appello ha respinto la domanda di condanna di RAGIONE_SOCIALE, ex art. 96 c.p.c., al risarcimento del danno procurato a RAGIONE_SOCIALE per una lite assolutamente temeraria’. In sostanza, dopo avere riassunto argomenti con cui la ricorrente si sarebbe difesa e attribuito appunto a controparte ‘un evidente e gravissimo abuso del processo nonché una palese violazione dei principi di correttezza e
buona fede che integrano … una lite temeraria davvero macroscopica, suscettibile perciò di condanna ex art. 96 III comma c.p.c.’, si sostiene che la relativa domanda sia stata respinta dal giudice d’appello ‘con una motivazione di fatto inesistente’, limitandosi ad affermare : ‘non ricorrendone i relativi presupposti’ , e ‘condensando in queste sole cinque parole l’intera motivazione posta alla base del rigetto’.
8.2 Il motivo è infondato.
È più che logico, prima ancora che giuridicamente corretto, che ogni motivazione deve essere valutata nella sua globalità, e non certo estraendo ed isolando gli elementi ivi contenuti.
L’esame operato dal giudice della domanda ex articolo 96 c.p.c. inserita dalla parte appellata è stato naturalmente compiuto, per la sua accessorietà alla posizione di CGA di resistenza rispetto alla domanda principale di controparte, soltanto quando si è completato l’esame della domanda avversa con esito a questa sfavorevole: è ovvio, perciò, che alla motivazione del rigetto della domanda di COGNOME -cioè, in sostanza, a tutto quanto fino ad allora osservato si è implicitamente riferita la corte territoriale quando, vagliando la domanda ex articolo 96 c.p.c., dichiara che ‘deve essere respinta, non ricorrendo i relativi presupposti’.
Il giudice d’appello, quindi, ha evidentemente ritenuto che gli argomenti addotti da COGNOME a sostegno dell’appello principale non fossero di tale inconsistenza da giustificare (costituendo ‘i relativi presupposti’) l’erogazione del danno punitivo di cui a ll’articolo 96, terzo comma, c.p.c.; non è dunque sostenibile che la motivazione manchi, essendo invece implicitamente intrinseca in tutte le argomentazioni precedenti.
Il ricorso incidentale va pertanto rigettato.
La reciproca soccombenza legittima la compensazione tra le ricorrenti, principale e incidentale, delle spese del giudizio di cassazione.
La ricorrente principale, per combinato disposto degli articoli 380 bis, comma 3, e 96, comma 4, c.p.c., va condannata a versare alla Cassa delle ammende la somma di euro 1.000,00.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; rigetta quello incidentale. Compensa tra le ricorrenti, principale e incidentale, le spese del giudizio di cassazione. Condanna la ricorrente principale a versare la somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ciascuno dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 2 aprile 2024