Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11881 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11881 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16378 R.G. anno 2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO – DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
ricorrente
contro
INTESA SANPAOLO RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
contro
ricorrente nonché contro
MEDIOCREDITO ITALIANO ;
intimata
avverso la sentenza SENTENZA n. 723/2022 emessa da CORTE D’APPELLO FIRENZE.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
il Tribunale di Firenze, con sentenza dell’8 ottobre 2018, ha accolto la domanda, proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la condanna di RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE, ora incorporata per fusione in RAGIONE_SOCIALE) al compimento delle attività necessarie ad eliminare una segnalazione dal sistema di informazioni creditizie gestito da RAGIONE_SOCIALE (gestore privato dell’archivio dei debitori insolventi): segnalazione che era stata operata in relazione a un contratto di leasing stipulato tra le parti; lo stesso Tribunale ha inoltre condannato la predetta RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno non patrimoniale per l’illecita segnalazione nella misura di euro 5.000,00 all’anno, pari ad euro 40.000,00 sino alla decisione, oltre che al ristoro dei danno riferito al periodo successivo.
– La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 14 aprile 2022, in accoglimento dell’impugnazione proposta dalla società erogatrice del finanziamento, ha respinto le domande attrici: la Corte del merito ha reputato non provata l’estinzione del credito vantato dalla società finanziatrice, in relazione ad uno dei quattro contratti di leasing stipulati con la società; ha escluso che la transazione concernesse la segnalazione presso il RAGIONE_SOCIALE, oltre che quella presso la Centrale dei rischi della Banca d’Italia; evidenziata la differenza tra segnalazione a sofferenza e segnalazione ad incaglio, ha ritenuto legittima la segnalazione ad incaglio presso il RAGIONE_SOCIALE, in quanto relativa al persistente
inadempimento della società; ha, conseguentemente, reputato non configurabile un danno risarcibile, non essendo ravvisabile un fatto illecito.
– A vverso questa sentenza ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE, sulla base di un motivo, mentre resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a..
E’ stata formulata, da parte del Presidente della sezione, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c.. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La proposta ha il tenore che segue:
« l’unico motivo deduce la ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto’ riportando nel ricorso la ricostruzione dei fatti e lo svolgimento dei gradi di giudizio precedenti;
«l motivo è inammissibile, sotto plurimi profili;
« la prima ragione di inammissibilità discende dalla formulazione irrispettosa del dettato normativo, di cui agli artt. 360 c.p.c. e 366, comma 1, n. 4, c.p.c.: invero esso, senza enunciare nessuna specifica norma di legge, pretesamente violata o male applicata, trascura del tutto di illustrare un tale vizio, seguendo un generico e confuso argomentare, in cui il ricorrente si duole che la sentenza impugnata non abbia adeguatamente deciso; al contrario, secondo i principî consolidati enunciati da questa Corte, il ricorso per cassazione deve contenere motivi separati e specifici, che rientrino in una delle figure dell’art. 360 c.p.c., cui ciascuna doglianza deve poter essere agevolmente ricondotta; il vizio di violazione di legge deve essere dedotto, pertanto, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni, intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo date affermazioni in diritto, contenute nella sentenza impugnata, debbano
ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. un., n. 25392/2019); il vizio va dedotto mediante valutazione comparativa fra opposte soluzioni, evidenziandosi le ragioni per cui non si condividono quelle esposte nel provvedimento impugnato (Cass. n. 287/2016; Cass. n. 16760/2015; Cass. n. 16038/2013; Cass. n. 3010/2010);
« la seconda ragione di inammissibilità consiste nel non cogliere e non censurare le rationes decidendi della sentenza impugnata, con la quale esso non si confronta, onde la mancata considerazione delle motivazioni di essa comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, che, nel giudizio di cassazione, risolvendosi in un ‘non motivo’, è sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (cfr. Cass., sez. un., n. 20501/2019; Cass. n. 454/2019; Cass. n. 447/2019; Cass. n. 22478/2018; Cass. n. 20910/2017; Cass. n. 17330/2015; Cass. n. 187/2014; Cass. n. 11984/2011);
« la terza ragione di inammissibilità consiste nell’intento di sottoporre alla S.C. nuovamente un giudizio sul fatto, in quanto il ricorso, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, o di mancanza di motivazione, palesemente mira ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Sez. U, n. 34476 del 27.12.2019), mentre costituisce principio consolidato che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla sua formazione, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga, in maniera concisa ma logicamente adeguata, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli
argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Sez. 5, n. 29730 del 29.12.2020, Sez. 5, n. 3104 del 9.2.2021)».
Poco è da aggiungere in questa sede, reputando il Collegio che tutte le censure svolte dalla ricorrente si rivelino effettivamente inammissibili.
Infatti, la società istante pone anzitutto in discussione l’interpretazione del contratto transattivo operata dalla Corte di appello, ma omette di considerare che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c.. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 9 aprile 2021, n. 9461; Cass. 16 gennaio 2019, n. 873; Cass. 15 novembre 2017, n. 27136; Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168; Cass. 31 maggio 2010, n. 13242; Cass. 9 agosto 2004, n. 15381).
La stessa ricorrent e contesta, poi, l’affermazione della Corte di appello secondo cui che la segnalazione di incaglio prescindeva da una globale valutazione circa le capacità economiche e finanziarie dell’impresa: ma non si mostra in grado di correlare la propria doglianza a una precisa norma di legge, che difatti non individua, nonostante
abbia denunciato per cassazione proprio il vizio di cui all’art. 360, n. 3. c.p.c..
Ancora: COGNOME RAGIONE_SOCIALE assume che l’intercorsa pattuizione non possa essere limitata «ad una RAGIONE_SOCIALE o all’altra », perché in tal modo si lascerebbe «nelle mani della società di leasing di turno uno strumento di enorme pressione se non di vero e proprio ricatto sui propri clienti in situazioni come quelle in esame», con ciò riproponendo una questione su ll’interpretazione dell’accordo contrattuale declinata in modo radicalmente inammissibile nella sede di legittimità.
Al rilievo della ricorrente per cui per cui la fondatezza della pretesa risarcitoria dipende dall’accertamento dell’ illegittima segnalazione può infine replicarsi che, avendo la Corte di merito appurato che la segnalazione era conforme al diritto, la proposta domanda non poteva effettivamente essere accolta.
3 . -Il ricorso è in conclusione inammissibile
─ Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c.. Le dette disposizioni, cui fa rinvio l’art. 380bis c.p.c., sono difatti immediatamente applicabili giusta il comma 1 dell’art. 35 del d,lgs. n. 149/2022 ai giudizi ─ come quello in esame ─ introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio (Cass. Sez. U. 27 settembre 2023, n. 27433, in motivazione).
Vale, poi, rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi
normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 6.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di € 6.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione