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Responsabilità socio apparente: fallimento esteso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11342/2024, ha stabilito che un ex socio di una società in accomandita semplice, il cui nome sia rimasto nella ragione sociale dopo la sua uscita, può essere dichiarato fallito in estensione anche oltre un anno dalla cessazione della carica. La Corte ha sottolineato che la permanenza del nome costituisce una forma di ‘responsabilità del socio apparente’, fondata sulla tutela dell’affidamento dei terzi. Di conseguenza, il termine annuale per la dichiarazione di fallimento decorre non dall’uscita del socio, ma dalla cancellazione del suo nome dalla ragione sociale iscritta nel registro delle imprese.

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Responsabilità Socio Apparente: Quando il Nome nella Ragione Sociale Porta al Fallimento Personale

Un socio che cede le proprie quote e lascia formalmente una società può ancora essere considerato responsabile per i debiti di quest’ultima? La risposta, secondo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, è affermativa se il suo nome rimane nella ragione sociale. Questo principio, noto come responsabilità socio apparente, tutela i creditori e può portare all’estensione del fallimento al socio uscente, anche a distanza di anni. L’ordinanza n. 11342/2024 offre un’analisi cruciale su questo tema, con implicazioni significative per chiunque faccia parte di una società di persone.

I Fatti di Causa

La vicenda riguarda una società in accomandita semplice (s.a.s.) dichiarata fallita. Successivamente, il curatore fallimentare ha chiesto e ottenuto dal Tribunale l’estensione del fallimento a uno dei soci accomandatari, nonostante quest’ultimo avesse formalmente cessato la sua carica quasi dieci anni prima della dichiarazione di fallimento della società.

L’ex socio si è opposto, sostenendo che fosse decorso il termine di un anno dalla sua uscita dalla società, previsto dalla legge fallimentare (art. 147, comma 2) per poter essere dichiarato fallito. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le sue difese, evidenziando un fatto decisivo: il suo nome e cognome erano rimasti parte integrante della ragione sociale della società, anche dopo la sua formale uscita.

La Questione Giuridica e la Responsabilità del Socio Apparente

Il cuore della controversia risiede nel conflitto tra la cessazione formale della qualità di socio e la permanenza di un’apparenza giuridica di responsabilità. Secondo la legge, la ragione sociale di una s.a.s. deve contenere il nome di almeno un socio accomandatario, ovvero un socio con responsabilità illimitata.

L’art. 2314 del Codice Civile stabilisce che il socio accomandante (con responsabilità limitata) che acconsente all’inclusione del proprio nome nella ragione sociale risponde illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari. La Corte ha applicato questo principio, in via analogica, al caso del socio accomandatario uscente.

La presenza del suo nome ha creato un’esteriorizzazione del vincolo societario, generando nei terzi (clienti, fornitori, banche) un legittimo affidamento sulla sua personale garanzia patrimoniale per le obbligazioni della società. Questa situazione configura, appunto, la figura del responsabilità socio apparente.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’ex socio, confermando le decisioni dei giudici di merito. Le motivazioni si fondano su punti chiari e rigorosi:

1. Tutela dell’Affidamento dei Terzi: La norma che impone la responsabilità illimitata a chi lascia il proprio nome nella ragione sociale è volta a proteggere chi entra in affari con la società, confidando nella solidità patrimoniale di quel socio. L’apparenza giuridica prevale sulla realtà del rapporto interno tra i soci.

2. Decorrenza del Termine Annuale: La Corte ha chiarito un aspetto fondamentale sull’art. 147 della legge fallimentare. Il termine di un anno per dichiarare fallito l’ex socio non decorre dalla sua uscita di fatto o dalla cessione della quota. Esso decorre solo dal momento in cui viene rimossa la causa della sua responsabilità illimitata verso i terzi e tale fatto viene reso pubblico tramite iscrizione nel registro delle imprese. Nel caso specifico, questo avrebbe significato la modifica della ragione sociale e la sua successiva iscrizione, cosa mai avvenuta.

3. Irrilevanza della Mancata Gestione: È stato ritenuto irrilevante che l’ex socio non partecipasse più alla gestione della società. La sua responsabilità non derivava da atti di gestione, ma dalla mera permanenza del suo nome nella denominazione sociale, un fatto oggettivo che da solo è sufficiente a fondare la responsabilità.

4. Possibilità di Estensione Successiva del Fallimento: La legge consente espressamente che, anche dopo la dichiarazione di fallimento di una società, si possa procedere a dichiarare il fallimento di altri soci a responsabilità illimitata la cui esistenza (o la cui responsabilità) emerga in un secondo momento. Questa norma si applica perfettamente al caso del socio apparente.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione lancia un monito importante: uscire da una società di persone richiede più di una semplice cessione di quote. È fondamentale assicurarsi che ogni legame, anche solo formale come la presenza del proprio nome nella ragione sociale, venga reciso e che tale modifica sia correttamente pubblicizzata nel registro delle imprese. In caso contrario, il rischio di essere coinvolti nel fallimento della società, con tutte le gravi conseguenze personali e patrimoniali che ne derivano, rimane concreto e senza limiti di tempo. La tutela dell’affidamento dei terzi si conferma un principio cardine del diritto commerciale, capace di prevalere sulla situazione giuridica sottostante.

Un ex socio il cui nome rimane nella ragione sociale può essere dichiarato fallito anche dopo un anno dalla sua uscita?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il termine di un anno previsto dalla legge fallimentare decorre non dalla data di cessazione della carica, ma dal momento in cui il suo nome viene cancellato dalla ragione sociale e tale modifica viene iscritta nel registro delle imprese, eliminando così la sua responsabilità apparente verso i terzi.

Perché la presenza del nome nella ragione sociale è così determinante per la responsabilità di un socio?
Perché, ai sensi dell’art. 2314 del Codice Civile e secondo il principio generale di tutela dell’affidamento, la presenza del nome crea nei terzi (creditori, fornitori) la legittima convinzione che quella persona sia un garante illimitato per le obbligazioni della società, indipendentemente dal fatto che partecipi ancora o meno alla vita sociale.

Se il fallimento della società è già stato dichiarato, è possibile estenderlo successivamente a un socio apparente?
Sì. La legge fallimentare (art. 147, comma 4) permette al tribunale di dichiarare il fallimento di altri soci illimitatamente responsabili la cui esistenza o responsabilità emerga anche dopo la sentenza di fallimento della società, a meno che quella stessa sentenza non avesse esplicitamente escluso la loro responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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