Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9922 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9922 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
Oggetto: certificati di deposito
ORDINANZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO , in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
NOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 488/2019, del 23.1.2019, pubblicata il 31.1.2019, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30.11.2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, con citazione notificata del 7.4.2006, ha convenuto COGNOME NOME innanzi il Tribunale di Torre Annunziata -Sezione Distaccata di Sorrento, chiedendo, previa acquisizione agli atti del processo dell’originale del documento indicato come NUMERO_DOCUMENTO di Deposito al Portatore NUMERO_DOCUMENTO dell’importo di € 50.000,00, della RAGIONE_SOCIALEAgata RAGIONE_SOCIALE, con data di emissione 2 settembre 2004 e scadenza 2 marzo 2006, di accertare che lo stesso è privo del requisito della sottoscrizione e per l’effetto dichiarare la illegittimità di ogni pretesa di pagamento del NOME NOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, come avanzata con la raccomandata del 3 marzo 2006.
Il sig. COGNOME si è costituito e ha contestato la richiesta attorea e in via riconvenzionale ha chiesto di condannare la RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 50.000 corrispondente all’importo indicato dal titolo, oltre € 1.308,11 quali interessi lordi maturati e convenzionalmente pattuiti al tasso dell’1,750%, nonché al pagamento degli interessi legali o accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale o/e extracontrattuale della RAGIONE_SOCIALE e di conseguenza accertare tutti i danni (danno emergente e lucro cessante) sia patrimoniali che morali da lui subiti. Il Tribunale ha accolto la domanda riconvenzionale.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto gravame dinanzi alla Corte di Appello di Napoli che, con la sentenza qui impugnata, ha accolto il primo motivo dedotto e ha dichiarato la nullità del certificato, ma ha condannato la Banca al risarcimento dei danni ex artt. 2043 e 2049 c.c. nella somma di € 50.000 oltre interessi.
Per quanto qui di interesse la Corte ha statuito che:
Il certificato di deposito quale titolo di credito consente al debitore di opporre le eccezioni reali tra cui la falsità di firma, il difetto di capacità o rappresentanza. Principio che non può essere superato con l’applicazione del diverso criterio dell’apparenza o del
ragionevole affidamento proprio per il generale principio dell’astrattezza e letteralità dei titoli di credito. Tali regole a maggior ragione devono valere per l’assenza della sottoscrizione.
la domanda subordinata, già proposta in I grado dall’appellato COGNOME, sulla responsabilità extracontrattuale della Banca non richiedeva la proposizione di appello incidentale poiché la domanda in I grado non era stata esaminata;
risultava dagli esiti probatori che:
-la Banca aveva omesso ogni controllo sull’emissione e annullamento del titolo;
il certificato era stato emesso in prossimità del momento della consegna all’attuale controricorrente;
-che quest’ultimo non aveva specifiche competenze tecniche sulla operazione effettuata;
vi erano adeguati elementi di prova sulla corresponsione della somma occorrente per l’acquisto del certificato;
non era emerso alcun elemento di prova su un preteso accordo fraudolento tra il dipendente e il NOME.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi ed anche memoria.
NOME NOME ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
Con il primo motivo: Falsa applicazione degli artt. 329 e 333 c.p.c. ed art. 2909 c.c. Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte la domanda relativa all’accertamento della responsabilità contrattuale o extracontrattuale della Banca era stata esaminata dal Tribunale e non accolta perché la parte non aveva «fornito la prova dei dedotti dann i». Nelle conclusioni dell’atto di appello del controricorrente non è riportata la richiesta di risarcimento del danno accolta dalla Corte senza che questa abbia ritualmente posto la questione con appello incidentale.
1.1 La censura è inammissibile. In tema di ricorso per cassazione, l’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., novellato dal d.lgs. n. 40/2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dalla stessa ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 c.p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (Cass., S.U., n. 7161/2010 e successive conformi).
Il motivo di ricorso si basa, in particolare, su due documenti: la sentenza di primo grado e la comparsa di costituzione del convenuto nel relativo giudizio. Né l’uno né l’altro documento risultano allegati in copia al ricorso per cassazione, né la ricorrente precisa in quale fascicolo, di parte o eventualmente di ufficio, essi si trovino.
Il motivo è inoltre inammissibile anche per difetto di autosufficienza La Corte d’appello , infatti, afferma che la domanda risarcitoria era stata avanzata dal convenuto ‘in via subordinata’ rispetto a quella basata sulla validità del certificato di deposito (v. sentenza impugnata, pag. 13); con la conseguenza che era allora sufficiente la sua mera riproposizione -puntualmente avvenuta, secondo la Corte -ai sensi dell’art. 346 c .p.c., avendola evidentemente il Tribunale ritenuta assorbita (pag. 14 della sentenza impugnata). La ricorrente, nel contestare questo passaggio della motivazione della sentenza impugnata, si limita a riprodurre brevissimi stralci della sentenza di primo grado e della comparsa di costituzione del convenuto, del tutto inidonei a consentire a questa Corte di comprendere se sia esatto o meno che la domanda risarcitoria era stata avanzata in via subordinata dal convenuto, quale fosse esattamente il contenuto di tale domanda, come questo sia stato inteso dal tribunale e, a tal fine, per quale esatta ragione il medesimo l’avrebbe rigettata.
Con il secondo motivo: In via gradata, f alsa applicazione degli artt. 342,163,342 e 132, comma 2, n.4 c.p.c. Ad avviso della ricorrente, q uand’anche si ritenesse non necessario l’appello incidentale e si ritenesse sufficiente la riproposizione della domanda risarcitoria da parte dell’appellato, ai sensi dell’art. 346 c .p.c., la riproposizione era stata formulata con riguardo alla responsabilità ex art. 2043 c.c., e non anche ex art. 2049 c.c.
2.1 La censura è infondata. La Corte d’appello afferma che la domanda di responsabilità della banca, riproposta in appello dal convenuto, era basata sull’illecito comportamento del cassiere COGNOME, il quale aveva ricevuto dal NOME € 50.000 consegnando, in cambio, il certificato di deposito privo di validità. Questi essendo i fatti dedotti, rientrava certamente nel potere del giudice di merito attribuire agli stessi la qualificazione giuridica ritenuta corretta, quale che fosse la qualificazione datane dalla parte ( iura novit curia ).
Essendosi la Corte basata su tali fatti e avendo motivato su di essi, non è certamente incorsa nel vizio di ultrapetizione, né in quello di difetto di motivazione.
Con il terzo motivo si deduce: Falsa applicazione dell’art. 2043 e 2049 c.c. e 116 c.p.c. La Corte, secondo la ricorrente, ha omesso di considerare alcuni elementi istruttori, oggetto di discussione tra le parti e che se correttamente valutati avrebbero imposto una diversa decisione, e, in ogni caso, non ha considerato che il pagamento se fosse anche stato effettuato, sarebbe avvenuto in violazione della normativa antiriciclaggio. Ulteriori elementi istruttori hanno fatto emergere connotati di anomalia del rapporto intercorso tra il preposto e il cliente che ha interrotto il nesso di c.d. occasionalità necessaria tra il comportamento del dipendente ed il danno preteso dal cliente.
3.1 Il motivo è inammissibile perché la Corte d ‘appello ha preso in esame le circostanze indicate dalla ricorrente, la quale pretende in questa sede che esse siano valutate in maniera diversa da come sono state valutate dal giudice a quo e dunque articola una sostanziale censura di merito.
Per quanto esposto, il ricorso va rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 6.000 per compensi e € 200 per esborsi , oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione