Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12832 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 12832 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data RAGIONE_SOCIALEzione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20512/2018 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE ‘ AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 231/2017 de lla Corte d’Appello di Perugia, depositata il 9.1.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’ attuale controricorrente , all’epoca dipendente del RAGIONE_SOCIALE, ricevette nell’agosto del 2009 dal datore di lavoro un incarico dirigenziale a termine RAGIONE_SOCIALEa durata di cinque anni, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001. Tale incarico venne però poi risolto anticipatamente, allorché la dipendente maturò l’anzianità contributiva massima di 40 anni, essendosi avvalso il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa facoltà prevista dall’art. 7 2, comma 11, del decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, in legge n. 133 del 2008.
La lavoratrice si rivolse allora al Tribunale di Perugia, anche in via cautelare, per chiedere l ‘accertamento del proprio diritto alla conservazione RAGIONE_SOCIALE‘incarico per l’intera sua durata e , in subordine, la condanna del RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni.
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale accolse solo parzialmente le domande, negando il diritto RAGIONE_SOCIALEa dipendente alla conservazione RAGIONE_SOCIALE‘incarico e condannando il RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno, liquidato in € 16.000, in linea capitale.
La sentenza di primo grado venne impugnata da entrambe le parti, per contrapposti motivi, ma la Corte d’Appello di Perugia confermò sostanzialmente la decisione del Tribunale, salvo aumentare la condanna con il pagamento RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo capitale di € 1.540 , a titolo di rimborso di spese mediche documentate.
Contro la sentenza d’appello il solo RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
La lavoratrice si è difesa con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria depositata nel termine di legge anteriore alla data fissata per la camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il RAGIONE_SOCIALE denuncia, quale vizio ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la «violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE ‘art. 72 del d.l. n. 112/2008».
La Corte territoriale ha ritenuto inapplicabile la disciplina RAGIONE_SOCIALE‘art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112 del 2008 -e, quindi, la facoltà di recesso anticipato ivi concessa alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -agli incarichi dirigenziali conferiti a tempo determinato a soggetti che sono già, ad altro titolo, pubblici impiegati e che possono ricevere tali incarichi ai sensi e con i presupposti di cui all’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Il RAGIONE_SOCIALE contesta tale interpretazione e sostiene che, se così fosse, si determinerebbe una disparità di trattamento «alla rovescia» tra pubblici impiegati a tempo indeterminato con incarico dirigenziale a termine e dirigenti di ruolo, assunti come tali a tempo indeterminato, ai quali ultimi l’art. 72, comma 11, è sicuramente applicabile, in particolare, dopo l ‘esplicitazione in tal senso introdotta dall’art. 17, comma 35 -nonies , del decreto legge n. 78 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102 del 2009.
2. Il motivo è infondato.
L’art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112 del 2008, nel testo all’epoca vigente, dopo la citata integrazione del 2009, recitava testualmente: «Per gli anni 2009, 2010 e 2011, le
pubbliche amministrazioni di cui all ‘ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono, a decorrere dal compimento RAGIONE_SOCIALE ‘ anzianità massima contributiva di quaranta anni del personale dipendente, nell ‘ esercizio dei poteri di cui all ‘ articolo 5 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici. Con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa presente disposizione, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la RAGIONE_SOCIALE e l ‘ innovazione, di concerto con i Ministri RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALEa difesa e degli affari esteri, sono definiti gli specifici criteri e le modalità applicative dei principi RAGIONE_SOCIALEa disposizione di cui al presente comma relativamente al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, tenendo conto RAGIONE_SOCIALE rispettive peculiarità ordinamentali. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche nei confronti dei soggetti che abbiano beneficiato RAGIONE_SOCIALE ‘ articolo 3, comma 57, RAGIONE_SOCIALEa legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano ai magistrati, ai professori universitari e ai dirigenti medici responsabili di struttura complessa».
L’incarico dirigenziale all’attuale controricorrente era stato conferito ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, in forza del quale (testo vigente all’epoca) : «Gli incarichi
di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna RAGIONE_SOCIALE, entro il limite del 10 per cento RAGIONE_SOCIALEa dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all ‘ articolo 23 e RAGIONE_SOCIALE ‘ 8 per cento RAGIONE_SOCIALEa dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da RAGIONE_SOCIALEzioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l ‘ accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori RAGIONE_SOCIALEa ricerca, RAGIONE_SOCIALEa docenza universitaria, RAGIONE_SOCIALE magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori RAGIONE_SOCIALEo Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto RAGIONE_SOCIALEa temporaneità del rapporto e RAGIONE_SOCIALE condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata RAGIONE_SOCIALE ‘ incarico, i dipendenti RAGIONE_SOCIALE pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento RAGIONE_SOCIALE ‘ anzianità di servizio».
2.1. L’art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112 del 2008 -che include anche i dirigenti tra i pubblici impiegati nei confronti de i quali l’RAGIONE_SOCIALE può avvalersi RAGIONE_SOCIALEa facoltà di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro al raggiungimento RAGIONE_SOCIALEa massima anzianità contributiva -non distingue tra dirigenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e impiegati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che si accordano per un incarico dirigenziale a termine conferito da altra RAGIONE_SOCIALE -o, come nel caso di specie, dalla stessa RAGIONE_SOCIALE datrice di lavoro -e vengono nel frattempo posti in aspettativa senza assegni dal rapporto a tempo indeterminato.
Sicuramente l’art. 72, comma 11, citato non trova applicazione nei confronti dei soggetti esterni (non pubblici impiegati) che abbiano ricevuto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE un incarico dirigenziale temporaneo ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Secondo la Corte d’Appello di Torino, la disciplina RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 è incompatibile e prevalente rispetto a quella dettata dall’art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112 del 2008 e si applica indifferentemente agli incaricati esterni o interni alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Secondo il RAGIONE_SOCIALE ricorrente è invece la disciplina RAGIONE_SOCIALE‘art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112 del 2008 che deve prevalere ed essere applicata indifferentemente a tutto il personale RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, tanto ai dirigenti di ruolo, quanto agli impiegati non dirigenti cui sia stato conferito un incarico dirigenziale solo temporaneo. In caso contrario, argomenta il RAGIONE_SOCIALE, si determinerebbe una
irrazionale «discriminazione alla rovescia», con un trattamento più favorevole riservato al dipendente con incarico dirigenziale temporaneo (al quale verrebbe garantita l’intera durata RAGIONE_SOCIALE‘incarico, nonostante il raggiungimento medio tempore RAGIONE_SOCIALEa massima anzianità contributiva) in confronto al dirigente a tempo indeterminato (per il quale il raggiungimento RAGIONE_SOCIALEa massima anzianità contributiva legittima, invece, la risoluzione del rapporto per volontà unilaterale RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE).
2.2. L’opinione posta a base RAGIONE_SOCIALEa sentenza qui impugna risulta la più corretta, se si considera che l’incarico conferito ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 presuppone che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE abbia fatto una valutazione discrezionale e in concreto sulla «particolare e comprovata qualificazione professionale» o sulla «particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica» RAGIONE_SOCIALE persone prescelte, nonché sulla prevedibile durata RAGIONE_SOCIALEa necessità di avvalersi dei loro servizi, durata di cui la legge fissa i limiti massimi (tre o cinque anni a seconda del tipo di incarico), ma non quelli minimi.
Sarebbe davvero incoerente che il contratto concluso in esito a tali ponderate e precise valutazioni sulle qualità personali RAGIONE_SOCIALE‘incaricato e sulla più opportuna durata RAGIONE_SOCIALE‘incarico potesse poi essere rimesso in discussione in base al fatto esterno, e facilmente prevedibile, RAGIONE_SOCIALEa maturazione RAGIONE_SOCIALEa massima anzianità contributiva in capo alla persona prescelta prima RAGIONE_SOCIALEa scadenza fissata per l’incarico.
La stessa funzione di contenimento RAGIONE_SOCIALEa spesa RAGIONE_SOCIALE, che va sicuramente riconosciuta alla disposizione contenuta
nell’art. 72, comma 11, del decreto legge n. 78 del 2008, meglio si associa all’abbinamento del potere di recesso ai soli contratti a tempo indeterminato (che nel tempo possono essere divenuti non più necessari o meno utili per la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), piuttosto che ad incarichi conferiti in tempi recenti e con la possibilità di calibrarne la durata in conformità alle concrete esigenze di servizio.
Ciò vale altresì, e forse a più forte ragione, se a quella disposizione si vuole attribuire -come pare corretto -anche lo scopo di favorire il ricambio generazionale nei ranghi del pubblico impiego, perché sono i rapporti a tempo indeterminato quelli su cui meglio si misura il tasso di rinnovamento e ringiovanimento del personale RAGIONE_SOCIALE strutture organizzative e aziendali.
2.3. Né si ravvisa, sulla scorta RAGIONE_SOCIALEa soluzione preferita dalla Corte d’Appello, la paventata discriminazione a danno dei dirigenti di ruolo messi a confronto con i pubblici impiegati con incarico dirigenziale a termine.
Infatti, le due situazioni non sono comparabili, perché il rapporto del dirigente di ruolo non ha un termine concordato tra le parti, ma è, appunto, a tempo indeterminato, assoggettato ai limiti massimi di durata previsti dalla legge in rapporto all’età del lavoratore. Ed è fisiologico che, in pendenza del rapporto, la legge possa intervenire a regolare diversamente tali limiti di durata, per esempio -come avvenuto con citato art. 72, comma 11 -stabilendo una facoltà di recesso RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al raggiungimento, da parte del lavoratore, di determinati requisiti richiesti per il trattamento previdenziale di quiescenza. Nel lavoro a termine, invece, la durata del rapporto
è fissata dalla volontà dei contraenti e non è affatto fisiologico che il legislatore intervenga per modificare a posteriori la forza di legge che il contratto ha tra le parti (art. 1372 c.c.). In mancanza di una chiara volontà legislativa in tal senso, si deve favorire, nell’interpretazione del testi normativi, la soluzione che consente di conservare gli effetti RAGIONE_SOCIALEa volontà negoziale validamente espressa dai contraenti.
Del resto, al raggiungimento RAGIONE_SOCIALEa massima anzianità contributiva, anche il pubblico impiegato temporaneamente incaricato di funzioni dirigenziali potrà ricevere la dichiarazione di risoluzione anticipata dal datore di lavoro del rapporto a tempo indeterminato (che potrà essere, come nel caso di specie, ma non è necessariamente, la stessa RAGIONE_SOCIALE che ha conferito l’incarico dirigenziale a termine) , ferma restando la durata contrattualmente prevista per il solo incarico temporaneo. In questo senso, il dirigente di ruolo e il pubblico impiegato con incarico dirigenziale temporaneo sono trattati allo stesso modo, ove considerati come lavoratori a tempo indeterminato: ad entrambi si applica l’art. 72, comma 11 , più volte citato. Ma non possono essere trattati allo stesso modo con riferimento ad un aspetto (la risoluzione anticipata) che attiene a una caratteristica del rapporto (la durata) rispetto alla quale i loro contratti di lavoro dirigenziale sono strutturalmente diversi.
2.4. Esclusa la disparità di trattamento ingiustificata tra pubblico impiegato con incarico dirigenziale a termine e pubblico impiegato dirigente a tempo indeterminato, si deve altresì osservare che la presente decisione non si pone in contrasto con precedenti statuizioni di questa Corte in materia di dirigenza medica.
Infatti, in un caso venne affermata l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112 del 2008 (e dunque la legittimità RAGIONE_SOCIALEa risoluzione del rapporto ad iniziativa unilaterale RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) al rapporto di lavoro di un dirigente medico dipendente, come tale, a tempo indeterminato (Cass. n. 23153/2020); il che è perfettamente coerente con quanto sopra motivato.
In un ‘ altra occasione (Cass. n. 11008/2020), si trattava sì di un incarico dirigenziale a termine (conferito, in quel caso, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 15 -septies , comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992), ma venne affermato il principio che il rapporto si deve comunque risolvere al «raggiungimento RAGIONE_SOCIALE ‘ età massima di cui all ‘ art. 15 -novies del medesimo che non può essere derogato dalla volontà RAGIONE_SOCIALE parti». E ciò sullo specifico e corretto rilievo che «Una prosecuzione del rapporto oltre il limite di età normativamente previsto e per il solo effetto di una convenzione tra le parti si tradurrebbe nella violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori».
Ben diversa è, dunque, la presente fattispecie, nella quale la risoluzione del rapporto venne dichiarata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (non al raggiungimento del limite massimo d’età del dipendente, ma) al raggiungimento RAGIONE_SOCIALEa massima anzianità contributiva, con riferimento alla quale nessuna norma imperativa imponeva l’estinzione del rapporto di lavoro e anche il citato art. 15 -novies del d.lgs. n. 502 del 1992 prevede il collocamento a riposo solo «su istanza RAGIONE_SOCIALE‘interessato».
L’art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112 del 2008, in quanto facoltizza la risoluzione unilaterale del rapporto «a
decorrere dal compimento RAGIONE_SOCIALE‘anzianità massima contributiva di quaranta anni del personale dipendente», senza fare riferimento al limite massimo d’età del lavoratore, non presidia l’effettività di una norma imperativa di carattere generale, bensì pone una eccezione alla regola per cui il collocamento a riposo presuppone un’istanza in tal senso del lavoratore. Non vi è pertanto alcuna valida ragione per interpretare la disposizione nel senso di porre un limite all’efficacia del consenso RAGIONE_SOCIALE parti sulla du rata RAGIONE_SOCIALE‘incarico dirigenziale a termine.
2.5. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto sulla scorta RAGIONE_SOCIALE‘affermazione del seguente principio di diritto: « l’art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, nel testo applicabile ratione temporis (come modificato dall’art. 17, comma 35nonies , del decreto legge n. 78 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102 del 2009), si interpreta nel senso che il potere ivi attribuito alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi, a decorrere dal compimento RAGIONE_SOCIALE‘anzianità massima contributiva, non si applica agli incarichi dirigenziali a termine conferiti -ai sens i RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 -ai dipendenti RAGIONE_SOCIALE pubbliche amministrazioni che vengono nel frattempo collocati in aspettativa senza assegni ».
Respinto il ricorso, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che , nonostante l’esito del ricorso, non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del
2002 , perché ricorrente è un’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo Stato , che non paga contributo.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore solidale dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in € 3.500, oltre a spese generali al 15%, € 200 per esborsi e accessori di legge .
Così deciso in Roma, il 20.2.2024.