Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9943 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9943 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ragionevolmente certa delle allegazioni in ordine all’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e che anche le missive del AVV_NOTAIO si erano limitate e richiedere il potenziamento del servizio reso dall’RAGIONE_SOCIALE nutrizione, prospettando un’assunzione delle biologhe in pianta organica, eventualmente con contratto a tempo determinato o di collaborazione, senza che però da esse si potesse evincere il carattere subordinato della prestazione lavorativa nel tempo resa; 3.
la sentenza è stata impugnata, ma la Corte d’Appello di Lecce ha disatteso il gravame;
la Corte territoriale ha sottoposto a nuova valutazione i dati istruttori, concludendo che essi non portavano ad esiti diversi da quelli ritenuti dal Tribunale;
3.1
sul piano testimoniale la Corte d’Appello riteneva che le risposte della teste COGNOME, se ricostruivano l’attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE, non apportavano però elementi probatori rispetto al fatto che la ricorrente fosse o meno tenuta a rispettare un orario o godesse di periodi di ferie e, soprattutto, se la stessa fosse assoggettata al potere direttivo e disciplinare della RAGIONE_SOCIALE e per essa dei suoi dirigenti;
la deposizione -affermava la Corte territoriale -a parte la « genericissima affermazione » che la RAGIONE_SOCIALE operava « sotto la direzione » della AVV_NOTAIONOME COGNOME, nulla aveva detto in concreto sulle
« direttive » che venivano impartite alla ricorrente, senza contare («non si dimentichi poi », dice la Corte) che la COGNOME era titolare di uno studio privato con il quale la RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato almeno in un periodo un contratto di collaborazione, rispetto al quale quella ‘direzione’ era del tutto compatibile con un siffatto assetto della relazione professionale tra le due;
3.2
la deposizione del teste NOME, affermava ancora la Corte territoriale, aggiungeva soltanto i tentativi del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO di individuare forme che consentissero di procedere alla successiva assunzione dell’appellante, il che era in sé giustificabile, data l’esistenza di collaborazioni stabili o la necessità di poter contare su ulteriori professionalità, ma non consentiva di qualificare il rapporto già in essere in termini di subordinazione, né era prerogativa del AVV_NOTAIO la qualificazione giuridica del rapporto preesistente;
anche da tale testimonianza, secondo la Corte distrettuale, non emergeva un rapporto gerarchico ed anzi le sottolineature della ricorrente rispetto al carattere anche innovativo della propria collaborazione -come in relazione alla creazione del servizio nutrizionale -avallavano semmai la tesi della natura autonoma delle prestazioni, nella logica di una collaborazione « lato sensu ‘paritaria’ » tale da consentire un’innovazione gestionale, piuttosto che una sottoposizione al potere direttivo e disciplinare;
3.3
infine, anche la deposizione della teste COGNOME non era ritenuta tale da aggiungere alcunché, in quanto il fatto dalla medesima riferito di svolgere « mansioni similari a quelle della RAGIONE_SOCIALE » non era decisivo, perché quelle svolte non erano « prestazioni elementari, ripetitive e predeterminate nelle modalità di esecuzione » che rendessero meno rigorosa la prova del potere gerarchico, da considerare in qualche misura intrinseco in esse,
trattandosi invece di attività caratterizzata da « elevata professionalità ben compatibili con la natura autonoma dei rapporti formalmente instaurati »;
3.4
a tale considerazione la Corte d’Appello aggiungeva il rilievo per cui le stesse allegazioni della ricorrente attestavano una « notevole specificità » delle attività svolte, tale da comportare una « maggiore rilevanza della prova dell’esistenza di un potere direttivo e disciplinare », di cui riteneva onerata la ricorrente, mentre, a parte gli esiti testimoniali, anche la documentazione non lasciava trasparire l’esistenza di « ordini di servizio, neppure con riferimento alla fruizioni dei periodi di ferie, o altri atti », dai quali potesse desumersi « anche in via logica che l’attività resa fosse assoggettata al potere direttivo e disciplinare dell’RAGIONE_SOCIALE »;
sulla base di tutte le considerazioni sopra riepilogate, le domande della COGNOME venivano dunque rigettate;
3.5 4.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, resistiti da controricorso della RAGIONE_SOCIALE;
5.
sul presupposto della complessiva inammissibilità del ricorso, in quanto finalizzato « nella sostanza » a sollecitare una « rivalutazione delle risultanze istruttorie, non consentita nel giudizio di legittimità », veniva proposta dal Consigliere a ciò delegato la definizione accelerata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.;
la proposta evidenziava altresì: l’insussistenza della violazione dell’art. 132 c.p.c., non ricorrendo i presupposti richiesti dalla giurisprudenza della S.C. per il difetto del requisito motivazionale; l’inammissibilità della denuncia ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., non solo per la ricorrenza di una c.d. ‘doppia conforme’, ma anche perché ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. era denunciabile soltanto
l’omesso esame di un fatto decisivo e non l’omesso esame di elementi istruttori, mentre non aveva rilievo, se il fatto era stato considerato, il non essersi dato conto sul piano motivazionale di tutte le risultanze probatorie e neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove (non legali) da parte del giudice di merito dava luogo ad un vizio rilevante nel giudizio di legittimità;
6.
la RAGIONE_SOCIALE, in esito alla comunicazione di tale proposta, formulava istanza, ai sensi dell’art. 380 -bis , co. 2, c.p.c., di decisione dell’impugnazione, che veniva avviata alla trattazione camerale;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. preliminarmente si dà atto che il consigliere ‘delegato’ cui risale la proposta di definizione accelerata è chiamato, sulla base dei calendari di udienza, a far parte del collegio decidente; il Presidente titolare della Sezione, cui quanto sopra è stato appositamente segnalato al fine di stabilire una eventuale diversa formazione del collegio, ha confermato tale composizione, sul presupposto della tipicità delle ipotesi di incompatibilità e dell’assenza di orientamenti giurisprudenziali ostativi; quanto sopra è assorbente e pertanto il collegio deve decidere la controversia nella composizione derivante dal calendario e dal ruolo di udienza;
2.
il primo motivo del ricorso per cassazione è rubricato nei termini di ‘nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 132 n. 4’ c.p.c.;
con esso si assume che le argomentazioni della Corte territoriale sarebbero state svolte « in modo talmente contraddittorio e con passaggi logici talmente incongrui da non permettere di individuarla (la motivazione, n.d.r.) , cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum »;
a tal fine viene dapprima riportata la deposizione della teste COGNOME, per concluderne che « tutta » la testimonianza proverebbe chiaramente la decorrenza dell’attività svolta, il rapporto di subordinazione e la qualifica dirigenziale della ricorrente;
la censura aggiunge poi che la motivazione conterrebbe un passaggio in cui « viene erroneamente dichiarato il falso » ove si fa riferimento ad un contratto di collaborazione intercorso tra la COGNOME e la COGNOME, in realtà mai esistito, in quanto la collaborazione era intercorsa tra l’altr a ricorrente –AVV_NOTAIOssa COGNOME -e la AVV_NOTAIOssa COGNOME;
il motivo riporta quindi la deposizione del teste NOME ed assume che essa proverebbe chiaramente la decorrenza dell’attività lavorativa svolta dalla ricorrente, i giorni e gli orari di lavoro, la dimostrazione che le mansioni svolte fossero le stesse della AVV_NOTAIOssa COGNOME, con gli stessi orari e con lo stesso rapporto di subordinazione, la stabile e continuativa attività professionale svolta all’interno dell’organizzazione datoriale ed il contenuto delle missive con cui il AVV_NOTAIO dot. COGNOME insisteva con la RAGIONE_SOCIALE al fine di chiedere la regolarizzazione e formalizzazione del contratto di lavoro;
il motivo domanda dunque « come si può sostenere » che la testimonianza NOME non aggiungesse nulla alla deposizione COGNOME o che i solleciti del AVV_NOTAIO avessero solo il fine di realizzare future collaborazioni subordinate ed ancora « chi più del suo dirigente » fosse in grado di qualificare il tipo di rapporto di lavoro subordinato esistente con la COGNOME;
tutto ciò individuerebbe, secondo la ricorrente, un gravissimo error in procedendo che investirebbe la RAGIONE_SOCIALE del potere di procedere direttamente all’esame e valutazione degli atti del processo, ricorrendo il vizio di carenza di motivazione tutte le volte in cui la sentenza non consenta la comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, non evidenziando gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione ed impedendo ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la formazione del convincimento del giudice;
il motivo prosegue ancora riportando la deposizione della teste COGNOME e concludendo che da essa si sarebbe desunto il rapporto di subordinazione della COGNOME, a fronte di un differente inquadramento contrattuale, sebbene la teste e la AVV_NOTAIOssa COGNOME svolgessero le stesse mansioni;
la censura rileva quindi come fosse insostenibile a livello logicomotivazionale che tale testimonianza non aggiungesse elementi rilevanti ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato e che la contraddizione esistente era contenuta nelle motivazioni della sentenza e veniva in evidenza con maggior vigore se confrontata con l’intera prova testimoniale;
non era infatti vero che la RAGIONE_SOCIALE non svolgesse prestazioni elementari, ripetitive e predeterminate nella modalità di esecuzione e non si comprendeva su quale base la sentenza giungesse ad affermare ciò -potendosi solo trattare di prestazioni non elementari stante l’identità di prestazioni svolte e la certa ripetitività e predeterminazione di esse;
dunque, se era vero che la prova di un potere gerarchico doveva essere valutata in modo meno stringente rispetto a mansioni elementari, ripetitive e predeterminate, « come mai » – chiede la ricorrente nel motivo -viene negato « il raggiungimento della prova del rapporto di subordinazione nel caso della AVV_NOTAIOoressa COGNOME ? »;
se dalla documentazione allegata e dalle deposizioni testimoniali emergevano « chiari e lapalissiani » elementi di irregolarità contrattuale, non si comprendeva, asserisce ancora il motivo, come avessero potuto i giudici della Corte territoriale pretendere la dimostrazione di ‘ordini di servizio’ e di ‘fruizione di periodi di ferie’;
il motivo si conclude con l’affermazione per cui quello realizzatosi sarebbe un vizio di attività e di erronea applicazione della legge processuale, tale da comportare la nullità della sentenza, sicché, essendo coinvolti fatti processuali, la RAGIONE_SOCIALE sarebbe chiamata ad esaminare e controllare direttamente le circostanze di fatto sulle quali si basava la decisione impugnata;
2.
il motivo va disatteso;
2.1
a fronte della denuncia di un vizio di nullità della sentenza per mancanza dell’elemento motivazionale e quindi per violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., va rammentato ciò che è pacifico nella giurisprudenza di questa S.C. e che deriva dalla stessa tipologia del vizio denunciato;
la mancanza dell’elemento motivazionale di cui consiste per dato testuale la denuncia di violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c non ha nulla a che vedere con il fatto che la sentenza contenga (in ipotesi) una motivazione incoerente con le emergenze istruttorie, o insufficiente rispetto ad esse;
la mancanza di motivazione nei termini di cui all’art. 132 n. 4 c.p.c. consiste nel fatto o che la motivazione non ci sia del tutto sul piano grafico o che essa, considerata come tale, sia intrinsecamente contraddittoria o ‘apparente’;
secondo la massima di Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053 del 07/04/2014, « tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella
“motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione »
2.2
nel caso di specie la motivazione c’è e dunque non ricorre il caso della sua mancanza grafica;
2.3
la motivazione è stata poi riepilogata in dettaglio nello storico di lite (punti 3.1, 3.2, 3.3 e 3.4) ed i diversi passaggi che la compongono sono in sé chiari e consequenziali, nel senso che secondo la Corte territoriale i diversi dati istruttori esaminati non avevano consentito di raggiungere la prova degli indici più tipici della subordinazione, quali l’uso di poteri direttivi, disciplinari, il vincolo ad orari di lavoro e la fruizione di ferie, così peraltro argomentando in relazione a parametri giuridici coerenti con i consolidati principi in materia di questa S.C. (tra le molte, in tema di c.d. indici, pur poi con esiti finali diversi nei vari giudizi, Cass. 16 novembre 2018, n. 29646; Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728; Cass. 21 novembre 2001, n. 14664);
la sentenza impugnata aggiunge altresì considerazioni in ordine al carattere innovativo dell’apporto della ricorrente, quale elemento a favore di una collaborazione ‘lato sensu paritaria’ e valorizza la ‘notevole specificità’ delle attività per ritenere che a fronte di essa -ritenuta evidentemente ragione di autonomia della prestazione la prova di poteri datoriali propri della subordinazione assumesse ancora maggiore rilevanza;
non si può dunque parlare di argomentare perplesso od obiettivamente incomprensibile, avendo la Corte di merito esplicitato in modo articolato le ragioni per le quali essa ha ritenuto mancata una prova sufficiente della subordinazione, di cui ha ritenuto onerato il lavoratore;
neppure si ravvisano argomentazioni tra loro inconciliabili, dovendosi ribadire che il vizio denunciato nulla ha a che vedere con eventuali contraddittorietà rispetto ai dati istruttori, potendo esso essere ravvisato solo se la motivazione -al proprio interno -sia incoerente, mentre nel caso di specie la Corte distrettuale ha esaminato una serie di dati istruttori concludendo rispetto a ciascuno di essi nel senso dell’inidoneità a fornire la prova della subordinazione;
2.5
quanto alla motivazione ‘apparente’, Cass. 80 54/2014 cit., nel richiamare Cass. S.U., 16 maggio 1992, n. 5888, ha ritenuto che essa ricorra allorquando vi siano vizi logici, lacune o aporie « che si assumono inficiarla sino al punto di renderne apparente il supporto argomentativo », trattandosi di difetti che « devono essere desumibili dallo stesso tessuto argomentativo attraverso cui essa si sviluppa, e devono comunque essere attinenti ad una quaestio facti (dato che in ordine alla quaestio juris non è nemmeno configurabile un vizio di motivazione)», sicché « in coerenza con la natura di tale controllo, da svolgere tendenzialmente ab intrinseco », il vizio afferente alla motivazione « deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, sì da comportare la nullità di esso », restando estranea a ciò « una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti, la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere aAVV_NOTAIOate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito »;
nel caso di specie, come si è detto, le motivazioni adAVV_NOTAIOe dalla Corte di merito sono tutte linearmente indirizzate nel senso di escludere che i dati istruttori da essa analizzati siano sufficienti a ritenere in fatto l’esistenza degli elementi sintomatici tipici della subordinazione, con specifico riferimento alla sottoposizione a
poteri direttivi e disciplinari, oltre che per i profili afferenti ad osservanza di orari e fruizione di ferie;
2.6
a proposito di quanto sopra, non vi è intrinseca contraddittorietà o apparenza anche nel passaggio in cui la Corte territoriale prende in considerazione la deposizione della teste COGNOME, lavoratrice subordinata, nella parte in cui la stessa ha affermato di avere svolto mansioni similari a quelle della RAGIONE_SOCIALE;
la Corte di merito « sul punto » ha infatti ritenuto che, essendo quelle svolte mansioni di « notevole specificità », nonostante quel dato testimoniale dovesse esservi prova comunque dell’esercizio in concreto di un potere gerarchico verso la RAGIONE_SOCIALE, per il fatto che vertendosi in tema di « prestazioni caratterizzate da elevata professionalità » esse erano « ben compatibili con la natura autonoma dei rapporti formalmente instaurati »;
in sostanza, la Corte ha ritenuto insufficiente quel dato di raffronto e ciò esprime un convincimento di merito non intrinsecamente illogico, nulla escludendo che mansioni analoghe siano svolte secondo modalità diverse, ovverosia con vincolo di subordinazione o mediante il coordinamento di una prestazione autonoma o di studio con le esigenze dell’ente;
2.7
non illogica è anche la valutazione in ordine al fatto che le richieste del AVV_NOTAIO andassero intese come mirate al rafforzamento a venire della struttura e che comunque non potesse rimettersi a lui il giudizio sulla qualificazione del rapporto;
tale conclusione -peraltro coerente con il principio per cui non spetta certo ad un testimone pur qualificato fornire giudizi di stampo prettamente giuridico -è in sé intrinsecamente non contraddittoria, consistendo in una delle possibili valutazioni di quella risultanza istruttoria;
si dirà autonomamente di seguito dell’asserito falso riferimento della Corte territoriale ad un rapporto di collaborazione della RAGIONE_SOCIALE con lo studio professionale della AVV_NOTAIO ssa COGNOME;
3.
il secondo motivo è rubricato come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c.;
esso argomenta nel senso che la Corte d’Appello avrebbe omesso di esaminare la testimonianza « tutta » della teste COGNOME, avrebbe erroneamente dichiarato il falso con riferimento alla collaborazione tra la AVV_NOTAIOssa COGNOME e la AVV_NOTAIOssa COGNOME, avrebbe omesso di esaminare la testimonianza « tutta » resa dal teste COGNOME e poi anche della teste COGNOME, deposizioni dalla cui analisi si assume che si sarebbe avuto un esito diverso del processo, così come esiti diversi si sarebbero avuti dall’esame della documentazione ed in particolare delle lettere del AVV_NOTAIO COGNOME e delle delibere attributive delle borse di studio;
il motivo sviluppa poi argomenti critici sulla valutazione delle prove con riferimento alle deposizioni predette, con particolare insistenza sul rilievo da attribuire alle lettere del AVV_NOTAIO ed al fatto che egli richiedeva la regolarizzazione della posizione della RAGIONE_SOCIALE allo scopo di consentire la prosecuzione dell’attività intrapresa nell’RAGIONE_SOCIALE di nutrizione « che altrimenti doveva essere interrotto »;
3.1
a parte alcuni ulteriori profili del motivo, su cui si tornerà, va detto che esso, nella sua formulazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. risulta inammissibile per una pluralità di ragioni;
3.2 intanto ricorre un’ipotesi di c.d. doppia conforme che, ai sensi -ter, co. 4 (ora 360, co. 4) c.p.c. non consente la
dell’art. 348 denuncia di omesso esame di un fatto decisivo;
il Tribunale, secondo quanto riportato nello stesso ricorso per cassazione, ha fondato il rigetto della domanda sull’assunto che fosse mancata la prova degli indici tipici della subordinazione (indicati nella sottoposizione a potere direttivo, organizzativo a disciplinare del datore di lavoro, oltre a collaborazione, continuità ed inserimento nell’organizzazione aziendale) e che risultasse il diverso supporto giustificativo della collaborazione in base a studi clinici pagati con il supporto di aziende farmaceutiche;
il Tribunale ha altresì ritenuto che non si potessero trarre elementi decisivi in contrario dalle richieste di assunzione promosse dal COGNOME, in quanto con esse il AVV_NOTAIO si era limitato a « chiedere il potenziamento del servizio reso », prospettando una assunzione in pianta organica eventualmente tramite contratto a tempo determinato o di collaborazione, senza che da tali missive si potesse evincere il carattere subordinato della prestazione lavorativa resa;
3.2.2
la Corte territoriale, come si è detto, ha fondato la propria decisione sull’assenza di prova dell’esercizio di poteri direttivi e disciplinari, come anche del rispetto di orari e dell’esistenza di ferie (v . supra punto 3.4 dello storico di lite) e che analoga carenza derivasse dalla documentazione;
analogamente, la Corte di merito ha desunto dalle lettere del COGNOME un interessamento di quest’ultimo per la stabilizzazione nell’interesse del reparto, senza però che si potessero trarne elementi decisivi rispetto all’attività pregressa;
3.3
è dunque evidente che rispetto a tali circostanze centrali ed assunte come decisive (indici della subordinazione; significato delle lettere del AVV_NOTAIO) le motivazioni di primo e secondo grado sono sostanzialmente coincidenti, sicché, ai sensi dei citati 348ter , co. 4
(ora 360, co. 4) c.p.c., non vi era spazio per una denuncia ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.;
si dirà in prosieguo come risulti ininfluente – a fini di tenuta dell’asse motivazionale valutato intrinsecamente -l’asserito errore rispetto alla collaborazione esterna RAGIONE_SOCIALE, sicché, per quanto verrà così precisato, anch’esso non ha in alcun caso rilievo neanche rispetto alla questione della c.d. doppia conforme;
3.4
va poi detto che il motivo non evidenzi a l’omessa valutazione di specifici fatti, come deve essere nella censura svolta ai sensi dell’art . 360 n. 5 c.p.c., ma assume che l’intero esame delle deposizioni e delle risultanze documentali avrebbe dovuto portare a diverse conclusioni;
tuttavia, è noto che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma (cfr. Cass. S.U. 27 dicembre 2019 n. 34476; Cass. 10 giugno 2016 n. 11892; Cass. 26 settembre 2018, n. 23153 e, in ogni caso anche Cass. S.U., 8053/2014 cit.);
né si può ammettere, per contrasto con i parametri di specificità imposti dall’art. 366 c.p.c. che, rispetto ad una complessiva pretesa di rilettura dell’istruttoria, sia il giudice a poter enucleare lo si dice in via di mera ipotesi e per completezza giuridico-processuale dell’argomentazione singoli fatti il cui omesso esame sia da considerare decisivo rispetto alla decisione finale;
3.5
in realtà, nel caso di specie, i fatti sono stati disaminati e inseriti nella valutazione di insufficienza a fornire prova di quanto giuridicamente rilevante per l’accoglimento della pretesa della ricorrente, il che non intercetta alcun vizio processuale o motivazionale secondo il vigente regime del ricorso per cassazione e il disposto dell’art. 360 n.5 c.p.c. è mal evocato;
un esame a sé va dedicato, con riferimento ad entrambi i motivi di ricorso, alla questione sull’affermazione della Corte d’Appello secondo cui la RAGIONE_SOCIALE avrebbe avuto un contratto di collaborazione con la AVV_NOTAIOsa COGNOME, il che spiegherebbe e sarebbe « del tutto compatibile » -dice la sentenza impugnata -con il riferimento della teste COGNOME all’avere operato la RAGIONE_SOCIALE sotto la direzione della COGNOME;
secondo quanto deAVV_NOTAIOo nei due motivi, quel contratto non sarebbe mai esistito e l’unica ad avere avuto un rapporto di tal fatta con la COGNOME era la AVV_NOTAIOssa COGNOME, ovverosia l’altra nutrizionista della RAGIONE_SOCIALE, operativa presso l’ente in posizione non formalizzata nei termini di subordinazione ed analoga alla RAGIONE_SOCIALE;
un tale asserito errore non individua però né un vizio di inesistenza della motivazione (primo motivo), né un omesso esame di fatto decisivo (secondo motivo);
l’avere in ipotesi affermato un fatto pacificamente inesistente potrebbe giustificare il rimedio revocatorio, ma in realtà, quell’affermazione e conseguentemente quell’asserito errore non sono decisivi rispetto all’impianto argomentativo sviluppato dalla Corte territoriale e dunque non consentono di individuare utilmente un qualche vizio motivazionale destinato ad avere effetti sulla pronuncia;
l’inciso su quella collaborazione segue infatti il passaggio motivazionale in ordine al fatto che « a parte la genericissima affermazione -della teste n.d.r. -che la stessa -ovverosia la RAGIONE_SOCIALE, n.d.r. -operava sotto la Direzione della AVV_NOTAIOAVV_NOTAIO COGNOME, senza una migliore indicazione delle modalità con cui si esplicitasse tale ‘direzione’, nulla si dice in concreto delle direttiv e che venivano in concreto impartite alla COGNOME »;
il riferimento alla presunta collaborazione ‘esterna’ con la COGNOME costituisce dunque un tratto meramente rafforzativo di
un’argomentazione già in sé tale da vanificare la portata probatoria, per i fini di cui alla domanda della ricorrente, di quella deposizione, sicché, tenuto conto degli oneri probatori in materia, anche rimuovendo tale inciso, l’asse decisionale sviluppato dalla sentenza impugnata resta intatto, il che manifesta la non decisività del profilo;
5.
il secondo motivo, in prosieguo, fa un riferimento al tema del ipotizzare il superamento del limite della c.d. doppia conforme;
della questione -peraltro di stampo semmai revocatorio -appello;
travisamento della prova, in sé del tutto generico, al fine di al di là di quest’ultimo aspetto, la deduzione del travisamento, stante la sua genericità e la già menzionata assenza di decisività di cui alla collaborazione con la AVV_NOTAIO, rende anche tale profilo inidoneo a sorreggere una rituale impugnazione della sentenza di
6.
il secondo motivo contiene altresì cenni al tema della inesistenza della motivazione ed alla violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., su cui vale quanto già detto sul primo motivo;
7.
infine, sempre il secondo motivo ripercorre i dati probatori fornendo di essa una lettura secondo cui « dall’istruttoria espletata e dalla copiosa documentazione » si sarebbero dovute trarre conclusioni diverse da quelle assunte dai due giudici del merito;
si tratta di articolate argomentazioni attraverso le quali tuttavia quella che viene espressa è una « difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato … attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi … il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento … tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di
cassazione » (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148; ora anche, fra le molte, Cass. 22 novembre 2023, n. 32505);
8.
in definitiva, il motivo sulla violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. è manifestamente divergente rispetto all’interpretazione consolidata di tale vizio da opera di questa S.RAGIONE_SOCIALE, di modo da rendere la denuncia inammissibile ex art. 360bis c.p.c. (Cass., S.U., 21 marzo 2017, n. 7155) ed analogamente il secondo motivo risulta palesemente inidoneo ad integrare gli estremi della censura (art. 360 n. 5 c.p.c.) attraverso esso prospettata;
a ben vedere ed al di là della disamina di dettaglio sopra comunque svolta, l’intero ricorso per cassazione, come rilevato dal consigliere delegato fin dalla proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c., risulta finalizzato ad ottenere una rivisitazione del giudizio di merito, in contrasto con i consolidati principi sopra citati al punto 7 e con il fatto che il giudizio di cassazione non costituisce un ulteriore grado di valutazione integrale del materiale probatorio alla ricerca di un nuovo libero convincimento, ma giudizio a critica rigorosamente vincolata per specifici profili di legittimità processuale e sostanziale;
9.
rammentato altresì che nel giudizio di legittimità non è consentito, con le memorie di cui all’art. 378 c.p.c. e con quelle omologhe di cui all’art. 380bis c.p.c., specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni e dedurre nuove eccezioni o sollevare questioni nuove (tra le molte, Cass. 22 febbraio 2016, n. 3471), il ricorso va dunque complessivamente dichiarato inammissibile;
10.
ne deriva la condanna alle spese della parte soccombente che, tenuto conto degli importi assai elevati della pretesa, comporta la liquidazione nella misura di cui al dispositivo;
10.1
la definizione del giudizio avviene in sostanziale conformità alla proposta, in quanto non solo ne viene confermata la valutazione di sintesi complessiva ivi formulata (v. supra punto 8), ma lo sono anche i richiami giuridici e giurisprudenziali di fondo sul tema dell’inesistenza della motivazione e del ricorso per cassazione fondato sul richiamo all’art. 360 n. 5 c.p.c;
ciò comporta l’applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. (art. 380bis , co. 3, c.p.c.), secondo cui la decisione può essere corredata di condanna al pagamento della somma da euro 500,00 ad euro 5.000,00 a favore della cassa delle ammende e di una somma « equitativamente determinata » a favore della controparte;
le S.U. di questa S.RAGIONE_SOCIALE. hanno infatti stabilito che « in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente » (Cass., S.U., 13 ottobre 2023, n. 28540; Cass., S.U. 27 settembre 2023, n. 27433);
al di là di tale presunzione, nel caso di specie è indubbio che l’istanza di decisione intercetti una responsabilità aggravata;
essa è stata infatti proposta pur a fronte di principi in ordine ai punti cardine del ricorso per cassazione (motivazione
insussistente/omesso esame di fatti decisivi) del tutto consolidati nelle decisioni, anche delle S.U., citati nella proposta e qui ribaditi ed integrati, principi rispetto ai quali era ab origine evidente, attraverso l’uso di una minima prudenza, che il ricorso risultava dissonante;
oltre a ciò, l’istanza di decisione, pur a fronte dell’evidenza che il fine dei motivi fosse quello di ottenere, attraverso il ricorso, la inammissibile rivisitazione del merito, ha comportato la necessità di una ulteriore disamina in dettaglio dell’impugnativa;
è stato infatti necessario rispondere articolando le valutazioni di sintesi della proposta in un ulteriore richiamo ai principi giurisprudenziali rispetto ai singoli passaggi dell’impugnativa;
si è in tal modo realizzato un indubbio aggravio processuale, sicché la misura della condanna supplementare, date anche le finalità dissuasive che la giustificano (Cass., S.U., 22 settembre 2023, n. 27195; Cass. 4 ottobre 2023, n. 27947), non può essere inferiore ad euro 3.000,00, mentre può essere contenuta nel minimo la ulteriore condanna al versamento alla Cassa delle Ammende;
10.2
sull’immediata applicazione ai giudizi di cassazione già pendenti alla data del 28 febbraio 2023 delle disposizioni di cui all’art. 96 terzo e quarto comma c.p.c., per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis c.p.c. nel testo riformato, si fa rinvio a quanto sul punto già argomentato da Cass., S.U., 27433/2023, cit.;
10.3;
il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sicché ricorrono altresì i presupposti processuali per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte de lla ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in euro 8.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge. Condanna altresì la ricorrente al pagamento ex art. 380bis , co. 3 e 96, co. 3, c.p.c. in favore della controparte della somma di euro 3.000,00. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 500,00 ex art. 380bis , co. 3 e 96, co. 4, c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1bis , se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 11.1.2024.