Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9935 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9935 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Milano, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia n. 1513/2018 pubblicata il 30.5.2018, notificata il 24.7.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.12.2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto: conto corrente forma del contratto
RAGIONE_SOCIALE, titolare della posizione di conto corrente n. 130534 presso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., ha ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE, con atto del 1.1.2007, la “titolarità della pretesa alla ripetizione di quanto indebitamente versato dalla correntista all’Istituto di Credito”.
RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di cessionaria della predetta ragione creditoria, ha adito il Tribunale di Padova, convenendovi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per ottenere la ripetizione delle somme addebitate a RAGIONE_SOCIALE a titolo di interessi anatocistici, usurari e ultralegali.
Il Tribunale di Padova ha respinto la domanda formulata da RAGIONE_SOCIALE, ritenendone la carenza di legittimazione ad agire, sul rilievo che l’attrice, quale cessionaria del credito, non era legittimata a svolgere l’azione contrattuale di nullità delle pattuizioni negoziali intercorse fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto gravame dinanzi alla Corte di Appello di Venezia che, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello e ha condannato la appellata Banca al pagamento di 52.426,79 oltre interessi e spese legali.
Per quanto qui di interesse la Corte ha statuito che:
RAGIONE_SOCIALE era legittimità ad agire, perché la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e tale interesse esiste in quanto la stessa si era resa cessionaria del diritto di credito relativo alla ripetizione degli indebiti relativi al rapporto di conto corrente intestato alla cedente RAGIONE_SOCIALE;
l a prova dell’inesistenza del contratto si poteva ricavare dalla condotta della banca che non aveva prodotto il documento in giudizio, onde non potevano ritenersi dovuti interessi a un tasso superiore a quello legale;
la mancata allegazione di alcuni estratti era stata considerata, condivisibilmente, dal CTU come ininfluente nella ricostruzione dell’andamento del rapporto;
l’eccezione di prescrizione con decorrenza dalla chiusura del c onto non tiene presente che nel caso era presente una apertura di credito;
l’inesistenza del contratto determinava la non legittimità degli interessi ultralegali, delle CMS, e la non applicabilità dell’art. 117 TUB;
f) la CTU aveva escluso la presenza del superamento del tasso soglia. RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con quattro motivi ed anche memoria.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
Con il primo motivo si denuncia: Violazione e falsa applicazione dell’art . 2697 c.c., in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello addossato alla banca l’onere della prova dell’esistenza del contratto, mentre invece grava sull’attore in accertamento negativo anche la prova del fatto negativo.
1.1 La censura è inammissibile, poiché non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata. La Corte non ha invertito l’onere della proba, bensì ha ritenuto sussistente la prova presuntiva della in esistenza del contratto scritto: «la prova dell’inesistenza del contratto de quo si ricava agevolmente- ad avviso della corte- dalla condotta della Banca, che non ha prodotto quel contratto» (p.4).
Con il secondo motivo si denuncia: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 , comma 2, c.c., in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.La Corte ha fondata la sua decisione su una presunzione in una circostanza per la quale non possono essere ammesse le prove testimoniali, violando, così, i limiti posti dall’art . 2729 c.c.
2.1 Il motivo è infondato. I limiti alla prova, di cui trattasi, valgono con riferimento alla prova del contratto, ossia della sua esistenza e contenuto; qui invece si tratta, al contrario, della prova della inesistenza della scrittura contrattuale, la quale, anzi, come tutte le prove negative, può essere offerta anzitutto mediante presunzioni.
Con il terzo motivo, in subordine, si denuncia: Violazione e falsa applicazione dell’art. 117 TUB , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La C orte non ha ritenuto applicabile l’art. 117 TUB perché
il rapporto era iniziato in data precedente al 31.12.1991. In ogni caso, la norma doveva essere applicata per i rapporti attuati dopo l’introduzione della legge e quindi dovevano essere applicati gli interessi legali dall’apertura del rapporto al 10.3.1992 e successivamente gli interessi ex art. 117 TUB sino alla chiusura del rapporto.
3.1 La censura è infondata. La disposizione di cui all’art. 117, comma 7, t.u.b., che determina il tasso sostitutivo in ipotesi di tassi ultralegali non è retroattiva, onde la disciplina ivi prescritta non si estende ai contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della detta norma (Cass., n. 34600/2022; Cass., n. 34740/2019; Cass., n. 28302/2005).
Con il quarto motivo si denuncia: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte sarebbe incorsa in palese contraddizione perché da un lato ha affermato l’esistenza di una linea di credito e dall’altro ha ritenuto provata l’inesistenza del contratto. Avrebbe dovuto, invece , conseguentemente considerare che per la ripetizione d’indebito , in assenza di contratto, la prescrizione decorre dai singoli addebiti dovendo considerare tutte le rimesse solutorie e non ripristinatorie.
4.1 La censura è inammissibile. La ricorrente, infatti, confonde e sovrappone il contratto di conto corrente e quello di apertura di credito, che, invece, sono due contratti distinti. La Corte d’appello ha soltanto escluso, in realtà, la sussistenza di un contratto scritto di conto corrente, non certo anche la sussistenza di un contratto di fido, sul quale sviluppa la sua motivazione sulla prescrizione; né viene meglio chiarito dalla ricorrente perché la prima statuizione contrasterebbe con la seconda.
Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità a favore della controricorrente, che liquida in € 8.000 per compensi e € 200 per esborsi, oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione