Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18533 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18533 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9607-2018 proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO N. 828/2018 del TRIBUNALE DI BARI del 9/2/2018;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 4/6/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME, già ammesso allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE per la somma di €. 173.616,75 in collocazione privilegiata ai sensi dell ‘ art. 2751 bis n. 2 c.c. e per la somma di €. 47.839,38 in collocazione chirografaria, ha
proposto opposizione ai sensi degli artt. 98-99 l.fall. chiedendo l ‘ ammissione per l ‘ intero credito vantato nei confronti della società fallita in ragione delle prestazioni professionali dallo stesso rese in favore di favore di quest ‘ ultima e pari alla somma complessiva di €. 318.000,00, di cui €. 302.000,00 in prededuzione a norma dell ‘ art. 111 l.fall. ed €. 16.000,00 in collocazione chirografaria, oltre accessori di legge.
1.2. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato l ‘ opposizione.
1.3. Il tribunale, in particolare, dopo aver affermato che il curatore, ai fini della delibazione della domanda di ammissione al passivo proposta dal creditore, dev ‘ essere considerato come un terzo rispetto agli atti compiuti dal fallito e che, in sede di ammissione dei crediti, la prova degli accordi negoziali e la certezza della data delle scritture private sono disciplinate dalla norma prevista dall ‘ art. 2704, comma 1°, c.c., ha ritenuto che, nel caso in esame, l ‘ opponente non aveva fornito in giudizio ‘ alcuna prova documentale certa in merito alla sussistenza di accordi negoziali sui compensi opponibili alla procedura fallimentare e non produceva alcuna concreta prova in ordina alla complessità delle prestazioni professionali di assistenza e consulenza tributaria ‘ e che, per converso, il curatore aveva dimostrato ‘ un ‘ oggettiva proporzione ed adeguatezza dei compensi riconosciuti in sede di verifica dello stato passivo ‘, avendo ‘ correttamente’ quantificato ‘il credito dell’ opponente in euro 173.616,75 in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 2) c.c. e in via chirografaria in misura pari a euro 47.839,38 ‘.
1.4. Il tribunale, inoltre, ha ritenuto che fosse infondata la richiesta di riconoscimento della prededuzione ‘ in assenza di elementi oggettivi in ordine alla sussistenza dei presupposti all ‘ uopo previsti dalla legge, non risultando in alcun modo che le
attività professionali in oggetto siano state svolte in occasione o in funzione della procedura concordataria attivata dalla società ‘ poi fallita.
1.5. Il tribunale, quindi, ha rigettato l ‘ opposizione proposta ed ha, per l ‘ effetto, condannato l ‘ opponente, in ragione della soccombenza dello stesso, al pagamento delle spese processuali, che ha liquidato nella somma complessiva di €. 13.430,00 per compensi professionali, oltre accessori.
1.6. NOME COGNOME, con ricorso notificato lunedì 12/3/2019, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione del decreto.
1.7. Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 2704 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l ‘ opponente non aveva fornito in giudizio alcuna prova documentale certa in merito alla sussistenza di accordi negoziali sui compensi opponibili alla procedura fallimentare, senza, tuttavia, considerare che: – l ‘ istante, al fine di provare l ‘ accordo sui compensi raggiunto con la società poi fallita in occasione degli accertamenti subiti da quest ‘ ultima, aveva esibito gli estratti delle scritture contabili della società in cui tale compenso è stato annoverato e la copia della fattura di pagamento in acconto, in aggiunta alle parcelle relative a ciascuna delle attività svolte; – tali documenti, al pari dei verbali redatti di concerto con l ‘ RAGIONE_SOCIALE delle entrate, dimostrano l ‘esistenza di ‘ un accordo in ordine alla misura delle competenze del professionista incaricato ed il tempo a cui ricondurlo ‘ nonché l ‘ attività svolta dal professionista e l ‘ ammontare complessivo del compenso maturato così come determinato secondo i parametri
legislativi che la società ha condiviso, vale a dire, trattandosi di assistenza e consulenza tributaria, gli artt. 48 e 49 del d.P.R. n. 100/1997.
2.2. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente, in effetti, non si confronta con il decreto che ha impugnato: il quale, infatti, ha ritenuto non già che l ‘ istante avesse omesso di dimostrare l ‘ effettiva esecuzione di prestazioni professionali in ragione del mandato ricevuto dalla società poi fallita, tant ‘ è che lo stesso è stato ammesso al passivo per il credito al compenso conseguentemente maturato, ma piuttosto che l ‘ opponente non aveva provato in giudizio, con scrittura avente data certa anteriore al fallimento e opponibile al curatore, l ‘ accordo asseritamente intercorso con la committente poi fallita in ordine alla misura di tale compenso.
2.3. Ora, non v ‘ è dubbio che: – il mandato professionale per l ‘ espletamento di attività di consulenza e, comunque, di attività stragiudiziale non deve essere provato necessariamente con la forma scritta, ad substantiam ovvero ad probationem , poiché può essere conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti; – il giudice (anche se si tratta del tribunale in sede di accertamento del relativo credito nel passivo fallimentare), tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza, può, dunque, ammettere l ‘ interessato a provare, anche a mezzo di testimoni o per presunzioni, l ‘ intervenuta stipulazione del contratto e il conferimento dell ‘ incarico; – l ‘ inopponibilità, per difetto di data certa ex art. 2704 c.c., non riguarda, pertanto, il contratto di prestazione d ‘ opera professionale ma la data della scrittura prodotta per cui la stipulazione del contratto in data anteriore al fallimento può essere oggetto di prova, prescindendo dal documento, con tutti gli altri mezzi consentiti dall ‘ ordinamento,
salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall ‘ oggetto del negozio stesso (cfr., sui punti trattati, Cass. n. 1792 del 2017; Cass. n. 2319 del 2016; Cass. n. 4705 del 2011).
2.4. Quando, però, il professionista che abbia chiesto l ‘ ammissione al passivo del credito al compenso maturato intenda , come l’opponente, dimostrare in giudizio non l ‘ intervenuta stipulazione del contratto di prestazione d ‘ opera professionale con la società poi fallita in data anteriore alla dichiarazione di fallimento di quest ‘ ultima e l ‘ esecuzione delle prestazioni che ne sono state l ‘ oggetto ma il contenuto specificamente assunto dallo stesso (come la pattuizione che abbia convenzionalmente determinato la misura del compenso spettante al prestatore d ‘ opera) attraverso una scrittura privata che lo contenga, ha l ‘ onere di fornire, nelle forme inderogabilmente stabilite dall ‘ art. 2704 c.c., la prova della certa anteriorità della data di tale scrittura rispetto alla dichiarazione di fallimento.
2.5. Questa Corte, invero, ha da tempo affermato che: in tema di data della scrittura privata, ove manchino (come, evidentemente, nel caso di specie) le situazioni tipiche di certezza contemplate dall ‘ art. 2704, comma 1°, c.c., l ‘ opponibilità della data nei confronti dei terzi presuppone che sia dedotto e dimostrato un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l ‘ anteriorità della formazione del documento; – tale dimostrazione può anche essere fornita a mezzo di testimoni o con presunzioni ma solo a condizione che le stesse evidenzino l ‘ esistenza di un fatto munito dell ‘ indicata attitudine e non anche quando, come pretende il ricorrente, tali prove siano rivolte, in via indiziaria e induttiva, a provocare (in ragione, in particolare, delle annotazioni eseguite sulle scritture contabili della fallita, peraltro neppure riprodotte in ricorso) un
giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul documento (cfr. Cass. n. 13943 del 2012; Cass. n. 21446 del 2023).
2.6. Il ricorrente, per contro, pur avendo censurato la statuizione con la quale il tribunale ha ritenuto che lo stesso non aveva fornito in giudizio ‘ alcuna prova documentale certa in merito alla sussistenza di accordi negoziali sui compensi opponibili alla procedura fallimentare’, non ha dedotto di aver fornito in giudizio prove (né ha riprodotto in ricorso l’emergenza delle stesse dagli atti del giudizio) che, alla luce degli indicati criteri, fossero idonee a dimostrare che la scrittura asseritamente intercorsa con la società poi fallita in ordine alla determinazione del compenso maturato fosse dotata di data certa ed anteriore alla dichiarazione di fallimento di quest’ultima.
2.7. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 111, comma 2°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che non sussistessero elementi oggettivi tali da poter affermare che le prestazioni professionali erano state dall ‘ opponente in occasione o in funzione della procedura concordataria attivata dalla società poi fallita, senza, tuttavia, considerare che l ‘ attività prestata dall ‘ istante aveva consentito la conservazione del patrimonio della società nell ‘ interesse di tutti i creditori posto che, in mancanza delle adesioni convenute con l ‘ RAGIONE_SOCIALE delle entrate, quest ‘ ultima avrebbe iscritto ipoteca sul patrimonio immobiliare della società, che è stato poi oggetto del concordato liquidatorio proposto dalla stessa.
2.8. Il motivo è inammissibile. Ritiene, invero, la Corte che, in materia di fallimento, il credito del professionista che in sede stragiudiziale abbia assistito la società debitrice prima della
sentenza dichiarativa, gode della prededuzione cd. ‘ funzionale ‘ prevista dall ‘ art. 111, comma 2°, l.fall. esclusivamente nel caso in cui le relative prestazioni siano teleologicamente coerenti con l ‘ interesse della massa dei creditori alla pronta instaurazione del regime concorsuale appropriato alla reale consistenza dell ‘ impresa e alle effettive possibilità di gestione dell ‘ insolvenza e siano, come tali, in forza di un giudizio ex ante (e cioè a prescindere dal risultato effettivamente conseguito), direttamente funzionali alla presentazione della relativa istanza e alla predisposizione della documentazione a tal fine necessaria ovvero alla conservazione dell ‘ integrità del valore del patrimonio aziendale o della relativa impresa, sempre che la procedura concorsuale invocata sia stata poi effettivamente aperta (cfr. Cass. SU n. 42093 del 2021).
2.9. Le prestazioni professionali stragiudiziali che l ‘ opponente ha svolto, essendosi dichiaratamente tradotte in attività di consulenza ed assistenza tributaria per conto della società poi fallita, pur se, in ipotesi, proficuamente svolte, e cioè tali da soddisfare in tutto o in parte l’interesse della stessa alla riduzione o alla rimozione del debito fiscale, non risultano, al contrario, funzionalmente e specificamente volte ad assicurare la conservazione dell ‘ integrità del patrimonio della società committente al precipuo fine della sua più rapida e satisfattiva liquidazione da parte degli organi del concordato preventivo liquidatorio dalla stessa proposto né, del resto, la società committente risulta essere stata ammessa a tale procedura concorsuale.
2.10. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando l ‘ omessa motivazione circa un fatto decisivo che è stato oggetto di trattazione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale non
si è pronunciato in ordine alla richiesta di correzione dell ‘ errore materiale costituito dal mancato inserimento del credito già ammesso nello stato passivo del fallimento.
2.11. Il motivo è inammissibile. La correzione dell ‘ errore materiale asseritamente contenuto nello stato passivo non può essere oggetto del giudizio di opposizione allo stato passivo e della relativa pronuncia ma solo del procedimento speciale a tal fine previsto dall ‘ art. 98, ult.comma, l.fall..
2.12. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale l ‘ ha condannato al pagamento delle spese processuali, senza, tuttavia, considerare che l ‘ opponente aveva proposto in giudizio difese che il tribunale non ha compiutamente considerato o ha del tutto trascurato di esaminare e che, pertanto, il rigetto della domanda potesse piuttosto integrare l ‘ ipotesi di una parziale soccombenza reciproca, che giustifica, in ragione dell ‘ esito complessivo della lite, la compensazione totale o parziale della spese di lite, e senza esplicitare alcuna ragione che potesse giustificare la loro liquidazione secondo la misura dei valori medi della tariffa.
2.13. Il motivo è infondato. Il rigetto integrale dell ‘ opposizione allo stato passivo, infatti, impone al tribunale, in ragione del principio della soccombenza (art. 91, comma 1°, c.p.c.), di condannare l ‘ opponente al rimborso delle spese di lite sostenute dal curatore opposto, a meno che non ritenga che vi fossero gli elementi (nel caso in esame, neppure specificamente prospettati: esclusa, evidentemente, a fronte dell ‘ integrale rigetto dell ‘ opposizione, la reciproca soccombenza) per procedere all ‘ integrale o parziale compensazione delle stesse (art. 92, comma 2°, c.p.c.).
2.14. Quanto al resto, non può che ribadirsi che: – la determinazione degli onorari di avvocato costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, se contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità, se non quando l ‘ interessato specifichi le singole voci della tariffa che assume essere state violate (Cass. n. 7527 del 2002); – in tema di liquidazione delle spese processuali che la parte soccombente deve rimborsare a quella vittoriosa, la determinazione degli onorari di avvocato costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto (come, nel caso in esame, è rimasto incontestato) tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità (Cass. n. 20289 del 2015).
Il ricorso , per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev ‘ essere, quindi, dichiarato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 7.200,00 , di cui €. 200,00 per esborsi,
oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima