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Proroga contratto a termine: quando è acausale?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20505/2024, ha stabilito che il periodo di lavoro svolto in somministrazione non si cumula con il successivo contratto a tempo determinato ai fini del calcolo del limite di 12 mesi, superato il quale la proroga del contratto a termine necessita di una causale. Il cumulo è previsto solo per il tetto massimo di durata di 24 mesi. Di conseguenza, una proroga è legittima e acausale se il contratto a termine, inclusa la proroga stessa, non supera i 12 mesi, indipendentemente da un precedente rapporto di somministrazione.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Proroga Contratto a Termine e Somministrazione: La Cassazione Fa Chiarezza

La gestione dei contratti di lavoro flessibile è un tema centrale nel diritto del lavoro. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale riguardante la proroga contratto a termine nel caso in cui il lavoratore abbia precedentemente prestato servizio per la stessa azienda tramite un contratto di somministrazione. La decisione chiarisce i limiti e le condizioni per una proroga acausale, offrendo importanti indicazioni per datori di lavoro e dipendenti.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un lavoratore che, dopo aver lavorato per circa nove mesi per un’azienda come lavoratore somministrato, è stato assunto direttamente dalla stessa azienda con un contratto a tempo determinato. Questo contratto è stato successivamente oggetto di una proroga. Il lavoratore ha impugnato la legittimità di tale proroga, sostenendo che, sommando il periodo di somministrazione a quello del contratto a termine, la durata complessiva del rapporto superava i 12 mesi. Secondo la sua tesi, ciò avrebbe reso necessaria l’indicazione di una causale specifica, come previsto dal cosiddetto “Decreto Dignità” (d.l. n. 87/2018).

La Questione sulla Proroga Contratto a Termine Acausale

Il nucleo della controversia era stabilire se, ai fini del calcolo del limite di 12 mesi oltre il quale scatta l’obbligo di motivazione per la proroga, si dovesse tener conto anche del precedente periodo di lavoro svolto in somministrazione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la tesi del lavoratore, ritenendo che i due periodi non potessero essere cumulati per questo specifico fine. Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso del lavoratore. Gli Ermellini hanno chiarito che la normativa di riferimento, in particolare l’art. 19 del d.lgs. n. 81/2015, opera una distinzione netta tra due limiti temporali:

1. Il limite di 12 mesi: Riguarda la durata del singolo contratto a tempo determinato (o la somma di più contratti in caso di rinnovo). Entro questo limite, il contratto e le sue eventuali proroghe possono essere “acausali”, cioè non necessitano di una specifica motivazione.
2. Il limite di 24 mesi: Rappresenta la durata massima complessiva dei rapporti di lavoro a termine tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore. Solo per il calcolo di questo tetto massimo, la legge prevede esplicitamente di sommare anche i periodi di missione svolti in somministrazione.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la norma che impone il cumulo dei periodi di somministrazione (art. 19, comma 2, d.lgs. 81/2015) costituisce una “regola speciale” applicabile unicamente al calcolo del limite invalicabile dei 24 mesi. Non è possibile estendere tale regola, in via interpretativa, al diverso limite dei 12 mesi previsto per le proroghe acausali. L’art. 21, comma 1, del medesimo decreto, infatti, stabilisce chiaramente che “il contratto può essere prorogato liberamente nei primi dodici mesi”. Questa disposizione non fa alcun riferimento ai precedenti periodi di somministrazione, trattando il contratto a termine come un rapporto giuridico distinto. Pertanto, finché la durata complessiva del contratto a tempo determinato, incluse le sue proroghe, non supera i 12 mesi, l’estensione del rapporto non richiede alcuna causale, anche se il lavoratore aveva in precedenza lavorato per la medesima azienda utilizzatrice tramite un’agenzia di somministrazione.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza stabilisce un principio chiaro: il periodo di lavoro in somministrazione non rileva per determinare se la proroga di un successivo contratto a termine debba essere motivata. La legittimità di una proroga contratto a termine acausale dipende esclusivamente dalla durata del rapporto di lavoro a termine diretto. Questa interpretazione fornisce certezza giuridica alle aziende, che possono prorogare liberamente un contratto a termine nei primi 12 mesi, anche se hanno già utilizzato il lavoratore tramite agenzia. Per i lavoratori, significa che la tutela della causale scatta solo quando il rapporto diretto a tempo determinato si avvicina o supera i 12 mesi di durata.

È possibile prorogare un contratto a termine senza indicare una causale specifica?
Sì, la legge consente di prorogare liberamente un contratto a tempo determinato, senza necessità di una causale, a condizione che la durata complessiva del rapporto, incluse le proroghe, non superi i 12 mesi.

Il periodo di lavoro svolto in somministrazione si somma a quello del contratto a termine per il calcolo del limite dei 12 mesi?
No. La sentenza chiarisce che il periodo di missione in somministrazione non deve essere sommato al successivo contratto a termine per determinare il superamento del limite di 12 mesi, oltre il quale la proroga necessita di una causale.

Quando si deve tener conto del periodo di lavoro in somministrazione?
Il periodo di lavoro svolto in somministrazione si cumula con quello dei contratti a termine successivi solo ai fini del calcolo della durata massima complessiva dei rapporti di lavoro precari, fissata dalla legge in 24 mesi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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